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La cucina salentina che non ti aspetti: “Puteca de’ mieru”

In provincia di Lecce c'è un ristorante dall'ambiente magico, dove è difficile individuare un solo protagonista per la pluralità di elementi di forte personalità: vini e ingredienti selezionati accuratamente, il savoir faire di Antonio Amato, i piatti preparati con passione e cura, e tanta convivialità.

In provincia di Lecce c’è un ristorante dall’ambiente magico, dove è difficile individuare un solo protagonista per la pluralità di elementi di forte personalità: vini e ingredienti selezionati accuratamente, il savoir faire di Antonio Amato, i piatti preparati con passione e cura, e tanta convivialità.

Puteca de’ mieru a Minervino di Lecce, cucina salentina e non solo
Puteca de’ mieru a Minervino di Lecce (Foto da pagina Facebook).

Sembra quasi un miraggio in un entroterra salentino che, al di là delle bellezze paesaggistiche e naturali di questo lembo di terra, pecca di ritrovi per amanti del buon bere e del buon mangiare; quei luoghi figli di una tradizione fatta di discorsi attorno ad un calice di vino e un piatto. Quei luoghi semplici, di una semplicità che – quando non scade in banalità – si trasformano in icone dell’enogastronomia tipica. E così, “Puteca de’ mieru” (Minervino di Lecce) si presenta in tutta la sua essenza, “pura” come la qualità delle materie prime impiegate, “schietta” con la sua esaltazione dei sapori di un tempo, “riflessiva” con il suo saper ispirare confronti e racconti di ogni sorta, conviviale con il suo essere una versione ancora incontaminata della tavola.

Puteca de’ mieru a Minervino di Lecce, cucina salentina e non solo

Pochi coperti, piatti realizzati con ingredienti di piccoli artigiani, quintessenza di quel filone della cucina salentina che vede protagonista la terracotta. Spazio allora alle cosiddette “cotture al coccio”, con un menù articolato attorno a due antipasti, pochi primi e una manciata di secondi, con qualche fuori carta del giorno, tra cui gli immancabili pezzetti di cavallo di eccelsa fattura.

Se d’inverno la fantasia di Antonio Amato (proprietario e cuoco) si esprime con zuppe e legumi, d’estate si esprime attraverso preparazioni più fresche e dal forte imprinting territoriale. A colpire, però, non è semplicemente l’interpretazione corretta e assai rara della gastronomia locale, ma quel clima “magico”, quel “sentirsi a casa”, figlio dell’ospitalità di Antonio che, con il suo savoir-faire, riesce tanto a far innamorare l’avventore alla ricca cultura salentina, tanto a soddisfare le esigenze degli affezionati clienti, i quali escono dall’uscio sempre con un sorriso sincero e contenti di aver trascorso la serata in compagnia del Patron.

Puteca de’ mieru a Minervino di Lecce, cucina salentina e non solo
Gli interni e qualche piatto della Puteca de’ mieru (Foto da pagina Facebook).

Infatti, è il clima di familiarità – unito a costante ricerca – a costituire l’anima del Ristorante Puteca de’ mieru, un locale “semplice”, ma complesso, di un luogo in cui si incontrano l’essenza della cucina tipica, il desiderio di ricerca di piccoli artigiani, il gusto dei racconti del proprietario e la sua l’indole “trasparente”.

Un vero oste custode che ha saputo proiettare verso il futuro una mentalità altrimenti statica, chiusa com’è nella mera esaltazione del prodotto tipico fine a se stessa. A “Puteca de mieru”, invece, diventa il teatro di incontri di artisti e vino ogni lunedì sera; incontri pensati per risvegliare le coscienze degli abitanti e per suscitare interesse.

Intervista ad Antonio Amato

Puteca de’ mieru, Ristorante a Minervino di Lecce
Antonio Amato, proprietario della Puteca de’ mieru (Foto da pagina Facebook).

Antonio, come nasce il locale?
Direi per caso, quando quasi 13 anni fa, si aprì per me e per il mio socio l’opportunità di prendere questi spazi.

Di cosa ti occupavi?
Di pubblicità, anche se avevo avuto precedenti esperienze nel campo della ristorazione.

Cosa ti ha fatto avvicinare al mondo della ristorazione?
Ho trascorso la mia infanzia con mia madre e mia zia che mi hanno educato al gusto; cucinare significa per me tornare indietro nel tempo; mi sento un po’ il bambino che ingenuamente scopre il gusto pian piano. Da bambino, già mi divertivo ai fornelli e a 5 anni ero capace di preparare la crema pasticcera.

Hai seguito corsi specifici?
No, mi sono formato sul campo rubando il mestiere con lo sguardo. Ho avuto modo di lavorare accanto a barman famosi e ho lavorato per 26 anni in una birreria di Torino, dove ho appreso molto di questo mondo.

Quando sei arrivato qui in Salento, com’è cresciuta l’idea della puteca?
Quando venni qui, avevo una rappresentanza di orologi e dal 2000 al 2005, invece, mi occupai di pubblicità, aprendo un mio studio. Nel frattempo, maturavo l’idea di creare un locale di intrattenimento per la sera che mancava; lo aprì e riscossi un’iniziale fiducia che mi diede il coraggio di continuare.

Cosa vorresti che il cliente percepisse?
Vorrei capisse si tratti di una vera osteria, un luogo cioè dove ci si reca non solo per mangiare ma per socializzare; un luogo semplice, dove la formalità viene meno e dove la calma favorisce il dialogo anche tra gli ospiti stessi.

Cosa è per te lo spirito di un’osteria?
Una magia e, in quanto tale, non è semplice da spiegare; io mi definisco un semplice strumento per creare tale atmosfera.

Qual è stata la riposta iniziale del pubblico?
Positiva, perché apprezza la riscoperta di una cucina “In pignata”, stufo ormai della nouvelle cuisine.

Come mai l’idea del “coccio”?
In parte è stata una necessità, non avendo possibilità di costruire un camino; il camino è il fulcro della cucina tradizionale e la terracotta (con le lente cotture) ne era parte integrante. Ho così affinato i miei studi e ho riproposto i sapori locali usando la terracotta. Ho scoperto che ormai in casa, non si ha più tempo per cotture lunghe come i legumi, i pezzetti di cavallo…

I tuoi pezzetti sono davvero irresistibili…
Ho provato tantissime ricette, salvando alcune parti di talune e scartandone di altre. Spero di essere arrivato ad un risultato piacevole. Le carni sono di un allevatore locale.

Come hai scovato piccoli agricoltori del Salento?
Girando tra campagne, studiando, visitandoli…Il periodo torinese mi ha invece permesso di conoscere più da vicino produttori autentici di salumi e formaggi che oggi compongono il mio antipasto…nel Salento non ci sono prodotti all’altezza.

Infatti, vedo che hai anche la mocetta…e il pubblico come risponde a questi salumi o formaggi pochi noti?
Bene, incuriositi, si lasciano guidare nella scelta; li apprezzano e mi rivolgono domande sulla provenienza e/o processo di affinamento.

Come nasce l’idea degli incontri del lunedì?
Grazie al confronto con due artisti che frequentavano il mio locale. Ricordavo l’esistenza, tempo addietro, di un’osteria ormai chiusa di Sternatia dove si riunivano storici conoscitori della pizzica. Così, ci venne l’idea di creare occasioni di incontro tra le arti in generale e il vino che resta, tuttavia, protagonista. Fa da supporto una cena rigorosamente tradizionale. Vengono persone da tutta la provincia.

Un ambiente magico, laddove è difficile individuare un solo protagonista, per la pluralità di elementi di forte personalità che, con stupore, creano un tutto integrato: vini e ingredienti selezionati accuratamente, il savoir faire di Antonio, i piatti preparati con passione e cura, e tanta convivialità. E, di fronte a ricette “storiche” dal gusto pieno e autentico, neppure il turista può non sentirsi parte integrante di una famiglia allargata…Come, una volta, l’osteria rappresentava il punto di ritrovo di viandanti e gente del paese…quel clima ormai raro che il patron è riuscito abilmente a ricreare.

PUTECA DE’ MIERU
Via Vittorio Emanuele II, 47 – Minervino di Lecce (LE)
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Manuela Mancino

Il segugio scopritore. Quasi vent’anni di passione trascorsi tra territori e ricerca. Curiosità e desiderio di conoscenza mi hanno portato ad approfondire il mondo del food con corsi di sommelier, degustazione e tecnico di olio e olive da mensa, birra, salumi, formaggi e acqua. Lasciarsi guidare da profumi e sapori e ricercando l’anima più profonda di ogni “frutto” degustato. Questa la mia filosofia!

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