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Le parole del vino: tra significati nascosti e incomprensioni

Le parole del vino: ecco 4 miti da sfatare

Sono sempre di più i claim presenti sulle bottiglie di vino, e ancora di più le parole “nuove” usate nel mondo dei wine lover, molte delle quali spesso non chiare o fraintese

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una rivoluzione nel modo di parlare di enologia e di vino: da argomento elitario di pochi professionisti, per fortuna, oggi si assiste ad una progressiva diffusione della cultura del bere.

Le parole del vino: ecco quelle da conoscere assolutamente

Il mondo del vino si è aperto e ha saputo raccontarsi maggiormente, dando la possibilità ai consumatori di essere più formati e consapevoli. Non sempre, però, le parole del vino e le informazioni diffuse sono chiare, e purtroppo in alcuni casi sono anche scorrette. Vediamo insieme alcune dei clam sul vino da conoscere e anche 4 miti da sfatare.

Senza solfiti aggiunti: cosa significa?

In tutte le etichette è riportata la famigerata espressione “contiene solfiti”. Si tratta di un obbligo di legge in quanto i solfiti costituiscono un allergene, alla pari di altri alimenti che conosciamo di più come le uova, i crostacei o la frutta secca.

In particolare, i solfiti sono composti chimici composti da zolfo e ossigeno, utilizzati come conservanti e presenti naturalmente in moltissimi alimenti. Proprio sulla loro presenza naturale si gioca spesso l’incomprensione su questa espressione: perché, infatti, non si trova soltanto l’indicazione “senza solfiti” ma è necessario specificare “aggiunti”?

Ebbene nella fermentazione si formano sempre solfiti, in quantità variabile che possono risultare molto modeste ma mai del tutto assenti. I vini che riportano questa dicitura, pertanto, non indicano una totale assenza di solfiti, che come abbiamo visto è impossibile, bensì specificano che nel corso della lavorazione in cantina non ne sono stati aggiunti. Non aggiungere solfiti è una garanzia di un vino buono e più salutare?

Anche qui l’equivoco è facile: molto spesso si confonde questa menzione come un bollino di qualità del vino, quando in realtà non lo è. L’aggiunta o meno di solfiti, e soprattutto le quantità, possono essere determinate da molti fattori diversi, alcuni che non dipendono dal vignaiolo. Possono capitare infatti annate difficili in cui la salubrità delle uve non è ottimale o i valori relativi all’acidità non garantiscono la sicurezza di una buona conservazione del vino.

In sostanza la vera maestria è fare il possibile per avere un vino pulito e senza difetti, riducendo allo stretto necessario l’aggiunta di questo additivo, senza però demonizzarne l’uso.

Le parole del vino: ecco 4 miti da sfatare

Mi dia un “Prosecchino”

Molte volte il termine “prosecco” viene utilizzato come sinonimo di vino spumante, merito del grandissimo successo e della diffusione di questo prodotto. Tuttvia è sicuramente un errore che fa storcere il naso ai produttori di altre tipologie di bollicine.

Il Prosecco è infatti un vino spumante tutelato da una specifica denominazione di origine (Conegliano Valdobbiadene DOCG) e pertanto può essere chiamato in questo modo solo quel vino che ne rispetta il disciplinare di produzione.

Spumante o il più colloquiale “bollicina” sono i termini generici corretti per riferirsi ad un vino che ha fatto la cosiddetta presa di spuma, ovvero la seconda fermentazione. Sarà poi il produttore, il gestore di un locale oppure il sommelier a consigliare o spiegare il vino in questione, che potrà essere effettivamente un Prosecco o qualcos’altro. 

Fermentazioni e lieviti: un mondo complicato

Nel mare magnum delle “nuove” parole del vino troviamo tutte quelle espressioni che si riferiscono alla fermentazione, alle sue modalità e soprattutto ai lieviti che la mettono in atto.

Prima di sviscerare i più comuni è giusto ricordare che la fermentazione alcolica è, semplificando molto, quel processo per cui gli zuccheri sono trasformati in alcool, producendo come scarto anidride carbonica.

Questo processo avviene a opera di microrganismi appartenenti al regno dei funghi, noti come lieviti. La specie più comune, diffusa ed efficiente in questa operazione è Saccharomyces Cerevisiae. La stessa specie con cui abbiamo fatto almeno una volta il pane, la stessa usata nell’industria della birra  anche in quella enologica.

Nel corso della storia millenaria della nostra specie abbiamo imparato ad usare la fermentazione in diversi modi e inevitabilmente, in maniera spesso inconsapevole, abbiamo selezionato ceppi di lieviti più efficienti a fermentare acqua e farina per esempio.

Immaginiamo di provare a fare il pane con due diversi tipi di pasta madre, che altro non è che un concentrato di lievito, e di scoprire che con una la pagnotta risulta meglio lievitata e dal sapore più gradevole. Penso che sia facile intuire che manterremo nel tempo quella pasta madre lì, scartando l’altra: ecco che abbiamo selezionato un lievito.

La stessa operazione viene fatta per le diverse industrie alimentari, compresa quella del vino, nella quale sono nati i seguenti termini per specificare come avvenga la fermentazione e a carico di quali lieviti.

La fermentazione alcolica è il processo per cui gli zuccheri sono trasformati in alcool, producendo come scarto anidride carbonica.

Fermentazione spontanea o senza lieviti selezionati

In questo caso significa che la fermentazione è partita in maniera spontanea, senza aggiungere lieviti selezionati ma solo grazie a quelli presenti naturalmente sulle uve e nell’ambiente della cantina. Le pareti delle cantine vengono infatti colonizzate da lieviti e batteri nel corso degli anni, che evolvono e cambiano, costituendo una flora di microrganismi spesso unica nel suo genere.

L’uso dei lieviti selezionati, ovvero di ceppi specifici in grado di dare un certo tipo di risultato o di adattarsi a un certo tipo di mosto, è stata una rivoluzione tecnologica molto importante nel mondo dell’enologia. Ad oggi esistono in commercio lieviti per le esigenze più disparate, in grado di esaltare particolari aromi o di resistere, per esempio, a condizioni particolari dell’ambiente di fermentazione, come può essere quella di un mosto molto ricco di zuccheri, una condizione che in realtà stressa moltissimo i lieviti, fino a causarne potenzialmente la morte.

Anche in questo caso, “spontaneo” non è garanzia di qualità o meno del vino, ma è piuttosto una scelta del produttore che riflette il suo modo di intendere il lavoro in vigna e in cantina.

Senza lieviti OGM 

Attualmente nel mondo del vino non sono utilizzati lieviti OGM, semplicemente perchè non ne esistono in commercio. Tutti i ceppi che le aziende mettono a disposizione dell’industria enologica sono infatti selezionati con tecniche diverse dalla modificazione genetica. 

Nonostante la ricerca in questo senso esista e stia andando avanti, l’opinione pubblica e le leggi di molti Paesi non consentono ancora l’uso di questa tipologia di lieviti. Prertanto, i claim a questo riguardo sono pertanto superflui e spesso orientati a cavalcare la paura e la mancata conoscenza del consumatore.

Conoscere le parole vecchie e nuove del vino è un modo per essere sempre di più consumatori attenti, in grado di godersi un ottimo bicchiere di vino in modo sempre più consapevole.

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Nicole Bernardi

Torinese DOC ma con un pezzetto di Veneto nel cuore dove ho completato gli studi in Enologia, specializzandomi in marketing e comunicazione. Conservo, però, la mia indole sabauda e la passione per la cosiddetta “merenda sinoira”, un'elegante scusa per mangiare e bere fuori pasto senza sensi di colpa. Amo scoprire angoli nascosti del territorio, conoscerne i prodotti e le tradizioni. Raccontare tutto questo è la mia passione.

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