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Mangiatori di parole: quando la critica gastronomica diventa junk food

Ruolo della critica gastronomica: un'arte o un pretesto?
Anton Ego, il critico gastronomico del film Ratatouille diretto da Brad Bird.

Nell’era dell’autopromozione spudorata e del click veloce, come si è svuotato il sapore della critica gastronomica? E perché è ora di tornare a una dieta di onestà e competenza?

Critica gastronomica, un’arte o un pretesto?

Per alcuni, un’orchestrazione di sapori e parole; per altri, un palcoscenico per l’autocompiacimento. Nel corso del tempo, la critica ha assunto dimensioni industriali, plasmando profondamente le scelte dei consumatori e la fortuna dei ristoranti. Ma qual è il suo vero fulcro?

Ci poniamo questa domanda mentre navighiamo nell’oceano digitale, inondato da un torrente di recensioni, blog e influencer. La critica gastronomica sta ancora offrendo un servizio di guida, o è diventato un veicolo per l’edificazione del brand personale?

Narrativa del Sapore

Fino a non molti anni addietro, il recensore era un affinato narratore di sensazioni e sapori, una sorta di guida che conduceva i lettori lungo le sinuose strade del piacere culinario. Ma poi, l’era digitale ha fatto il suo ingresso trionfale. Ora, sembrerebbe che i ristoranti siano superati dal numero di recensori e un mestiere, un tempo riservato agli intenditori, si è trasformato in un’abile strategia di auto-promozione.

Funzione del critico: professionista o star dei social?

Il critico gastronomico ha un ruolo imprescindibile: è l’anello di congiunzione tra ristorante e consumatore, un consigliere che può indirizzare la scelta del cliente. Idealmente, dovrebbe essere un professionista con una profonda conoscenza di cucina, tecniche e ingredienti, capace di comunicare queste informazioni in modo accattivante e comprensibile.

Tuttavia, quando chiunque può indossare l’etichetta di esperto, l’autorevolezza del professionista è messa in dubbio. Molti autoproclamati critici non sono altro che influencer in cerca di visibilità, più impegnati a promuovere se stessi che a fornire recensioni obiettive e utili.

Promuovere se stessi o fornire recensioni obiettive e utili? È uno dei quesiti della moderna critica gastronomica.

Il lessico della recensione: fiumi di retorica o descrizioni sincere?

Nel mondo delle recensioni, le parole dettano legge. Possono dipingere un vivido ritratto del piatto, descrivere l’atmosfera del locale o addirittura stimolare l’appetito. Quando però queste parole diventano artifici retorici, utilizzati solo per fare spettacolo, tutto diventa insipido.

La recensione gastronomica dovrebbe essere un racconto onesto e diretto. Invece di adottare termini esotici o iperboli, i critici dovrebbero cercare di narrare nel modo più autentico e preciso possibile, aiutando i lettori a capire realmente cosa aspettarsi.

Il futuro del giudizio culinario: trend e aspettative

Sebbene ci aspettiamo che la critica continui ad evolversi con l’emergere di nuove tecnologie, speriamo anche che mantenga la sua essenza: essere un riferimento onesto e utile per il lettore.

Allo stesso tempo, chi scrive deve essere consapevole del suo ruolo e delle sue responsabilità. Le parole possono avere un forte impatto sulla fortuna di un ristorante e sulle scelte dei consumatori.

La critica che desideriamo pone il lettore al centro. Vogliamo professionisti competenti, che ci guidino attraverso le loro recensioni, che ci aiutino a scoprire nuovi ristoranti e a fare scelte informate. Vogliamo critici che siano onesti, chiari e che evitino l’auto-celebrazione.

Il futuro del settore è nelle mani dei lettori. Solo loro hanno il potere di decidere quale tipo di critica vogliono sostenere: “continueremo a farci scegliere o, finalmente, sceglieremo”?

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Gabriele Pasca

Gastroturista per passione, cuoco per necessità, giornalista per pigrizia, scrittore per errore. Nato nel poco lontano 1992, in un paese «a sud del sud dei santi». Recensisco, viaggio e sperimento: sempre meglio che lavorare.

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