Viaggio tra le eccellenze d’Italia: il formaggio di Fossa di Sogliano DOP

Forte, aromatico e intenso, sinonimo di autenticità e tradizione contadina che nasce tra le Marche e l’Emilia-Romagna: ecco il racconto di un tesoro nascosto dal sapore unico e inconfondibile

Gusto e artigianalità sono gli ingredienti che da sempre caratterizzano il vasto panorama caseario, un settore in cui l’Italia primeggia a livello mondiale per tradizione e cultura. Una culla in cui si annoverano oltre 450 tipi di formaggio, piccoli scrigni di sapore che prendono vita dalle infinite vie del latte e si snodano in un “gustoso” percorso da nord al sud, isole comprese.

L’arte casearia è da sempre un pezzo importante della nostra economia, una vera e propria identità culturale dove sostenibilità e tradizione sono le parole chiave di una ricchezza dal valore inestimabile ma spesso sottovalutata. Un comparto la cui storia si perde nella notte dei tempi, come nel caso di un’eccellenza “nascosta” e rara da trovarsi altrove, perla di gourmet e intenditori, il Formaggio di Fossa di Sogliano DOP.

Formaggio di Fossa di Sogliano DOP

La DOP deve il suo nome all’antichissima usanza di stagionare in grotta di tufo il formaggio prodotto nelle aree comprese tra la provincia di Bologna a quella di Ascoli Piceno, più in particolare nelle terre al confine tra Romagna e Marche, di malatestiana memoria.

Ancora oggi, a Sogliano al Rubicone, considerata la capitale del formaggio di fossa, si svolge la rinomata fiera dedicata alla cerimonia della sfossatura ma è in tutto l’Appennino marchigiano-romagnolo, da Talamello a Sant’Agata Feltria che si continua la tradizione secolare dell’infossamento: una tecnica che nasce per necessità sin dai tempi del Medioevo, quando razzie e saccheggi imponevano di nascondere granaglie e “caci” al riparo delle scorribande nemiche.

Infossamento, stagionatura e sfossatura

La terra come madre di stagionatura e fermentazione. Tutto inizia dal sottosuolo con un vero e proprio rito: la “fossa” a forma di fiasco rovesciato viene scavata manualmente nel tufo a una profondità che va dai 3 ai 5 metri e sanificata con piccoli fuochi.

Le pareti vengono rivestite di canne e paglia mentre, sul fondo della buca, troveranno posto delle piccole travi di legno a copertura del pozzetto creato per la raccolta dei liquidi di fermentazione. La fossa viene quindi riempita accatastando le forme di formaggio preventivamente disposte in sacchi di cotone naturale e già maturate per un periodo minimo di 60 giorni.

Inizia così la stagionatura vera e propria che durerà dagli 80 ai 100 giorni, nelle fosse chiuse da un coperchio di legno e sigillate con gesso, malta di arenaria e sassi. Ma è il rito della sfossatura il momento più atteso, come spiega Paolo Cesaretti, brand manager della Cooperlat Tre Valli, la famosa realtà marchigiana che ha saputo valorizzare e aggregare cooperative e produttori locali e nazionali, operanti nel settore latto-caseario:

«La sfossatura è ammessa anche in primavera ma la tradizione vuole che sia a novembre, nel giorno di Santa Caterina, il momento in cui le tavole di legno a copertura delle fosse saranno divelte con scalpello e mazzetta. Una vera e propria festa celebrata nelle ultime due domeniche di novembre e nella prima di dicembre, con la caratteristica Fiera del Formaggio di Fossa, che attira ogni anno migliaia di visitatori»

Caratteristiche e varietà del Formaggio di Fossa di Sogliano

Ricco di aromi e sapori, il Formaggio di Fossa di Sogliano DOP presenterà caratteristiche diverse a seconda della sua composizione e derivazione del latte.

«Un carattere spiccatamente aromatico, intenso e leggermente piccante se ottenuto da latte di pecora – racconta Paolo Cesarettila versione vaccina è più fine e delicata, leggermente acidula, mentre il formaggio da latte misto offre un sapore gradevole ed equilibrato».

In particolare, nel Pecorino di Fossa DOP Santa Caterina, prodotto dalla Cooperlat Tre Valli, il gusto si presenta aromatico e fragrante, con sentori di sottobosco, muschio e tartufo. Dalla tipica forma irregolare e realizzato con latte ovino italiano, sale, caglio e fermenti lattici selezionati, è ottimo servito con mieli delicati come l’acacia o il millefiori, ma anche con confetture e mostarde; classico è il suo accompagnamento all’aceto balsamico di Modena o con il cosiddetto “savor”, una sorta di confettura ottenuta dalla saba o mosto d’uva.  

Quali vini abbinare?

Abbinato a rossi strutturati e di gran corpo, il formaggio di fossa è sovente impiegato anche come ripieno di ravioli e gnocchi o affettato a scaglie su carni cotte e carpacci crudi.

«Il nostro pecorino Santa Caterina è prodotto anche nella versione vaccina – prosegue Paolo Cesarettie all’inizio veniva prodotto solo su richiesta. Siamo stati tra i primi promotori del riconoscimento di una DOP a cui teniamo molto e che vorremmo fosse maggiormente valorizzata: i numeri di produzione si sono drasticamente ridotti in seguito alla crisi ma è ancora molto apprezzato da un pubblico di intenditori vista la sua stagionalità».

Un formaggio dalla lunga storia, quindi, che ad ogni fetta mostra i veri sapori del latte e che incontra il favore di coloro che credono ancora nei prodotti autentici e artigianali. Una perla marchigiano-romagnola dall’aroma straordinario e inconfondibile, parte preziosa di un territorio e di quell’Italia di qualità rimasta immutata nel tempo.