Ilaria e Serena Ferrucci: due donne al comando dell’azienda vinicola romagnola

Le sorelle Ferrucci hanno preso il testimone dell’Azienda Agricola Ferrucci di Castel Bolognese (RA), fondata dal padre Stefano, confermando una filosofia basata su qualità e legame con il territorio

L’Azienda Agricola Ferrucci di Castel Bolognese (RA) è un’importante realtà della viticoltura di qualità in Romagna, frutto di una lunga storia fatta di coraggio e lungimiranza, di cui è stato artefice soprattutto Stefano Ferrucci. Oggi l’azienda ha una guida tutta al femminile che si riflette anche nello stile dei vini, sempre con una spiccata personalità e legati al territorio ma anche ingentiliti dall’eleganza e dallo stile.

Le due giovani sorelle Ilaria e Serena Ferrucci hanno assunto le redini nel 2006, dopo la scomparsa prematura del padre Stefano, dal quale hanno ereditato il carattere volitivo, capacità imprenditoriali ma anche la propensione alla sperimentazione.

Da sempre, i vini Ferrucci, sono prodotti esclusivamente con uve coltivate sui terreni di proprietà della famiglia; l’attenzione alla qualità è rigorosa e si concretizza, tra le altre cose, nella potatura regolare per evitare grandi produzioni, nel diradamento dei grappoli durante la vendemmia e in altre attività di ricerca e sperimentazione per raffinare la qualità delle uve.

Alla vigilia del Vinitaly 2017 ho avuto il piacere di incontrare Ilaria Ferrucci, la sorella maggiore, con la quale ho cercato di capire come due ragazze così giovani siano riuscite a confermare il successo, apportando anche l’impronta della loro personalità.


Intervista a Ilaria Ferrucci


L’Azienda Ferrucci ha attraversato tre generazioni, quali sono i passaggi salienti di questa lunga storia?
Le origini dell’azienda risalgono al 1932 grazie agli zii di mio nonno, nato in una famiglia con quattro figli maschi, rimasti orfani di mamma. Non riuscendo a gestirli tutti, il padre decide di affidare lui ed un altro fratello, agli zii che nel 1932 acquistano il podere “Caia”, costituito da una casa molto grande, dove attualmente ha sede la cantina, circondata da quattro ettari di terreno. Nell’immediato dopoguerra, mio nonno avvia un’attività zootecnica di allevamento e commercio di bestiame, diventando un importante imprenditore della zona. Investe parte dei ricavi nell’acquisto di 16 ettari di terreno in zona Serra, lungo la via Casolana che da Castel Bolognese va verso Riolo Terme, un’area medio collinare a 200/250 metri slm sulla quale pianta vigne e alberi da frutto. Alla metà degli anni ’60, suo figlio Stefano che studia Ingegneria, fa il servizio militare in Friuli e lì scopre il mondo del vino, molto diverso da quello romagnolo che, in quegli anni, era attento solo alla quantità. Al suo rientro a casa, mio padre accetta di entrare nell’azienda di famiglia a patto di non occuparsi di bestiame ma di dedicarsi alla viticoltura di qualità, esattamente come aveva visto fare in Friuli.

E quali scelte vengono compiute?
Iniziano piccoli-grandi cambiamenti, a partire dalla vigna, che mirano a migliorare il prodotto. Nello stesso tempo, queste innovazioni venivano giudicate con diffidenza a livello locale; si parlava di diradamenti, di selezione e di altri procedimenti che, per gente appena uscita dalle difficoltà e dalla fame della guerra, erano assurdità. In questo modo, però, si compiono i primi passi di un grandissimo cambiamento che ha portato ad una produzione enologica e di viticoltura di qualità in Romagna, di cui il mio papà è stato uno dei primi fautori e protagonisti.

Quando siete entrate in azienda voi figlie?
Nel 2006, il mio papà viene a mancare e quindi ho preso le redini dell’azienda. Mia sorella Serena, che ha 6 anni di meno, si è inserita nel 2009 dopo la laurea.

Che studi avete fatto?
Entrambe studi umanistici perché eravamo le classiche figlie che sostenevano, con convinzione, che non avrebbero mai fatto il lavoro del padre.

Il vino vi piaceva oppure l’avete scoperto grazie al lavoro?
Ci piaceva ma non ci eravamo mai accostate a questo mondo in maniera seria se non in età più matura quando abbiamo iniziato ad accompagnare nostro padre in alcune cose, a vedere da vicino quello che faceva e, soprattutto, a guardare i suoi occhi pieni di passione, di spinta e di entusiasmo che ci ha contagiato.

Siete due donne alla guida di un’azienda vinicola. Ritiene che rappresenti un vantaggio in questo ambiente, rispetto agli uomini?
Non so se si possa fare una classificazione di genere; sicuramente ci sono tante differenze, a partire dal fatto che le donne hanno più impegni, professionali e familiari. Io e mia sorella, ad esempio, siamo entrambe mogli e mamme e quindi abbiamo dovuto sviluppare capacità multitasking, con equilibrismi non da poco, anche se siamo supportate dai nostri mariti.

A livello pratico, questo cosa comporta?
Ritengo che le donne abbiamo la capacità di lavorare contemporaneamente su più cose e con la stessa concentrazione. Inoltre hanno anche una determinata sensibilità nei rapporti con le persone, sia che si tratti di una comunicazione commerciale che di dipendenti, e riescono a creare climi e ambienti familiari a vantaggio della produzione aziendale.

Come descriverebbe i vostri vini?
Intanto c’è da dire che tutti i nostri vini provengono da vigneti che insistono su terreni calcarei o argillosi, vitigni autoctoni e quindi con ampio spazio al Sangiovese e all’Albana. L’argilla consente una buona stabilità a livello idrico e questi terreni non soffrono la sete anche in annate secche; il calcare, invece, conferisce una bella nota minerale e una sapidità che sono un po’ il fil rouge di nostri vini.

Come sono cambiati i vostri vini, negli ultimi anni?
Lo stile, negli ultimi dieci anni, è cambiato perché sono mutati sia il panorama che il gusto del mercato. Inoltre sono cambiate le persone al timone dell’azienda e, anche se io e mia sorella proseguiamo il percorso della qualità e facciamo tesoro delle cose imparate, abbiamo dato una nostra impronta. Credo che questo sia fondamentale. Con mio padre, il gusto era tipicamente maschile, con vini molto forti e muscolosi perché lui proveniva dagli anni ‘90 quando andava quella tipologia di prodotto. Inizialmente, per noi non è stato facile prendere in mano un’azienda tanto radicata nel territorio e che non si poteva stravolgere. Nello stesso tempo, però, non era quello che noi sentivamo pienamente.

Come siete riuscite ad individuare la “vostra” strada?
Era il 2006 e ricordo che circolava la pubblicità di una casa automobilistica in cui si vedeva un toro che scalpitava dietro il quale c’era una ballerina classica. Lo spot diceva “Abbiamo unito l’eleganza con la potenza”. Io lo trovai molto adatto alla mia idea perché non volevo perdere la potenza dei nostri vini, la loro personalità e il forte legame con il territorio però li volevo ingentilire e dare loro quella nota più femminile ed elegante. Questo obiettivo è quello che abbiamo concretizzato negli anni. In tutti i nostri vini, dal Trebbiano fino al vino di punta che è la Riserva, abbiamo ottenuto un’eleganza abbinata ad una nota nitida e netta, sia al naso che al palato.

In quali mercati siete presenti con i vostri vini?
La fetta di mercato più grossa è quella italiana e, indubbiamente, regionale. Per quanto riguarda l’estero esportiamo per un 15-20% in Svizzera, Belgio, Giappone e siamo presenti anche in Germania.

Cosa ti auguri per il settore del vino emiliano-romagnolo?
Facciamo tante cose buonissime ma non sempre abbiamo la capacità di fare gruppo e di comunicare nel migliore dei modi ciò che facciamo. Dovremmo migliorare in questo.

FERRUCCI STEFANO SOCIETA’ AGRICOLA S.S.
Via Casolana, 3045/2 – Castel Bolognese (RA)
www.stefanoferrucci.it