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Ad Altamura per gustare “il miglior pane del mondo”

Antichi racconti, artigianalità e sapori intramontabili che nascono da uno degli alimenti più semplici e che trasmette il senso di casa. Siamo ad Altamura, in Puglia, per conoscere meglio il tipico pane di semola che è diventato celebre sulla tavole di tutto il mondo

Pane di Altamura DOP: caratteristiche, storia e ricette
Del Pane di Altamura si parla già nel I sec. a.C. nelle Satire di Quinto Orazio Flacco.

C’era un tempo in cui molte donne si svegliavano verso le tre di notte, una o più volte la settimana, per compiere uno dei gesti di primaria importanza per la famiglia: impastare il pane.

Siamo in Puglia e, per quanto il pane s’impasti in tutto il mondo, il ricordo si riferisce a un pane di semola, nello specifico al “Pane di Altamura DOP”, citato già nel I sec. a. C.  dal poeta latino Quinto Orazio Flacco che, nelle Satire lo definisce “il miglior pane del mondo”, ottimo come provvista per lunghi viaggi.

La lunga storia del Pane di Altamura DOP

Un’importante testimonianza dell’attività di panificazione ad Altamura si trova anche negli Statuti Municipali della Città emanati nel 1527. Nel Bollettino dell’Archivio-Biblioteca-Museo Civico dell’anno 1954 si possono leggere alcuni articoli relativi al dazio del forno, trascritti da Gennaro De Gemmis, ingegnere, agronomo e bibliografo. La quantità di pane solitamente doveva bastare al fabbisogno della famiglia almeno per una settimana, in molti casi si aggiungeva quello che gli uomini portavano in campagna e nei pascoli.

La particolarità del Pane di Altamura è la materia prima costituita da semola, un prodotto derivante dalla macinazione di grano duro. Le varie farine erano una vera ricchezza e le donne di casa le trasformavano con grande cura e attenzione. Nulla andava sprecato. Semola, lievito madre, acqua e sale, erano gli unici ma fondamentali elementi dell’impasto lavorato all’epoca, con un poderoso lavoro di braccia.

Com’è nato il lievito madre

Lievito madre in vasetti da curare con costanza.

Antichi racconti riferiscono che il lievito madre, pasta acida o lievito naturale, fu una “scoperta” conseguente alla disattenzione di una donna egiziana, – siamo nel  2000 a.C. all’incirca -, che lasciò al sole un pezzo di pane azzimo; il pane fermentato, lievitato e poi gonfiatosi, dopo la cottura risultò  morbido e fragrante. Il procedimento fu ripetuto e il lievito madre, attraverso varie fasi di mantenimento, è divenuto fondamentale per un pane di alta digeribilità. Chi faceva il pane in casa custodiva la porzione di pasta leggermente acida, alla stregua di un tesoro, in una coppa di creta, coperta e in un luogo buio.

Semola, lievito, acqua e sale venivano impastati (trumbuèt). La massa ottenuta si faceva lievitare (‘ndrevè), con alterne lavorazioni che servivano e servono a preparare la forma. Per agevolare la lievitazione l’impasto, inciso da un segno di croce fatto con una piccola spatola (rasaul), era avvolto in panni e coperte calde, poi posto sul letto. Le pagnotte erano del peso  minimo  di un chilo.

Poiché vigeva il divieto di infornare pane e focacce nelle case – pena il pagamento di salate ammende – ci si rivolgeva ai forni pubblici che dunque avevano anche una funzione sociale.

L’attività molitoria ad Altamura

L’attività molitoria ad Altamura è sempre stata fiorente e nel 1600 c’erano 26 impianti di trasformazione.

L’attività molitoria doveva essere molto fiorente ad Altamura giacchè ai primi del 1600 si contavano 26 impianti di trasformazione funzionanti.

Il garzone del forno all’alba passava dalle case per prendere le prenotazioni naturalmente a voce e dalla strada, poi tornava a ritirare il pane da cuocere che veniva sistemato su un’asse di legno portata a spalla con grandi acrobazie giacché il mezzo di trasporto era la bicicletta.

Il fornaio aveva il timbro di ogni famiglia con cui marchiava le pagnotte che, poi, venivano modellate per dar loro la caratteristica forma di pane accavallato (u sckuanète) o a cappello di prete, e infornate. C’erano anche altre forme quali il pane a tuppo e il pane col buco (u peccelatìdde) che si trovano ormai raramente.

Oltre al contrasto tra la morbidezza e fragranza della mollica e la croccantezza della corteccia, la peculiarità del pane di semola di Altamura è la durevolezza nel tempo.

Era quasi obbligatorio lasciare per ogni pezzo di pane, un po’ d’impasto al fornaio affinché potesse ricavare altre pagnotte che sarebbero rimaste a lui.

Il pane consegnato caldissimo, dopo essere stato spazzolato da eventuali residui di semola, si lasciava ben raffreddare per poi essere riposto in credenza, conservato in candidi canovacci di cotone.

Disciplinare di produzione

Questo è il passato da cui è poi nata una solida tradizione di panificazione, a vari livelli, divenuta un simbolo per la città di Altamura. Nel corso degli anni, il riconoscimento della bontà del pane di semola di Altamura ha causato una sorta di deviazione dal percorso tradizionale, con interferenze di grandi produzioni a imitazione della vera pagnotta artigianale.

Si è dunque reso indispensabile creare un fronte comune per tutelarne l’originalità. Lungo e complesso è stato il percorso che ha portato alcuni panificatori a unirsi tra loro per difendere valorizzare e promuovere il pane di Altamura.

A tale scopo nel 2003 nacque il Consorzio per la Valorizzazione e la Tutela del Pane di Altamura. Furono avviate tutte le richieste per ottenere la certificazione di Denominazione Origine Protetta che finalmente giunse da parte del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali con timbro datato 17-12-2004.

Il disciplinare non lascia margini a errori di comprensione.

Il Pane di Altamura” è un prodotto di panetteria ottenuto dal rimacinato di semola di grano duro. La semola rimacinata si ottiene dalla macinatura di semola avente una calibratura superiore ai 300 micron circa che è sottoposta a ulteriore riduzione “rimacina”, con laminatoi a rulli dedicati, al fine di ridurla a un prodotto simile alla farina. Indicativamente la calibratura è compresa tra 0-320 micron (ndr).

Ricette con Pane di Altamura Dop (Foto © Consorzio Pane di Altamura DOP).

Varietà di grano e zone di produzione

Le varietà di grano duro da cui ottenere la semola rimacinata sono: appulo, arcangelo, duilio e simeto, coltivati in territori che conservano caratteri strutturali, fisiografici e ambientali prossimi a quelli originari, che diano ai grani una qualità unica derivante da specifici requisiti intrinseci (proteine, glutine, ceneri…), ottenuti in un ambiente con propri fattori geografici-ambientali. Questa zona comprende i territori di Altamura, Gravina di Puglia, Poggiorsini, Spinazzola e Minervino Murge, ricadenti nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Per la macinazione del grano intervengono molini operanti nella stessa zona che seguono parametri definiti.

Fasi di lavorazione

Altrettanto importanti sono le fasi di lavorazione del pane, con sequenza ben precisa.

Alla semola rimacinata prodotta dai grani citati, che deve essere utilizzata in un quantitativo pari almeno all’80% (il resto potrebbe essere integrato da altre varietà sempre prodotte in loco), si aggiunge acqua potabile della zona, certificata dall’Ente che gestisce l’acquedotto, sale marino e lievito madre che deve essere stato rinnovato almeno tre volte.

Naturalmente c’è una percentuale per ogni ingrediente con cui si lavorerà l’impasto, non a mano ma con impastatrici a bracci tuffanti.

A quest’operazione seguono altre fasi:

  • lievitazione e prima fase di riposo,
  • modellatura e seconda fase di riposo,
  • rimodellatura e terza fase di riposo. 

Prima di essere infornata la pagnotta viene capovolta con una leggera pressione della mano e accompagnata nel forno auspicabilmente alimentato a legna o comunque a gas, se a riscaldamento indiretto. I forni a riscaldamento diretto devono essere alimentati con legna di quercia. Anche la cottura del pane richiede un controllo di tempi e temperature fino ad arrivare alla sfornatura.

Peso e qualità della pagnotta

Le pagnotte non possono essere inferiori al peso di 0,5 kg nella forma accavallata (skuanète), con baciature ai fianchi, o bassa, senza baciature (a cappíd d prevt, a cappello di prete).

Ci sono parametri ben precisi relativi allo spessore della crosta, al profumo, al colore della mollica e all’umidità.

Il prodotto finito per la vendita diretta è contrassegnato da un bollino in materiale biologico con la dicitura “Pane di Altamura,” mentre per la spedizione  si confeziona in termodetriaibile microforato, con etichetta riportante logo, ingredienti, data di produzione e scadenza.

È importante precisare che solo il pane con il bollino è Dop, gli altri tipi sono definiti semplicemente “pane di semola”.

Caratteristiche e ricette con pane di Altamura DOP

Il pane Dop di Altamura, per le sue caratteristiche organolettiche, oltre a essere gustato tal quale o per fare la “scarpetta” raccogliendo il sugo rimasto nel piatto (facendo un’eccezione alle regole del Galateo), è squisito per accompagnare salumi, spalmato con confetture e creme di cioccolato. 

Inoltre si presta alla preparazione di numerose ricette di recupero quali la ciallèdda fredda, preparata con pane raffermo rinvenuto in acqua e condito con pomodori, cipolla rossa, origano, fette di limone anche se vige la regola della ricetta di famiglia. La ciallède calda, invece è un piatto invernale a base di pane raffermo tagliato a fette sottili su cui si spremono pomodorini, di quelli conservati appesi – la’nzerta– condite con olio evo, brodo vegetale e come rinforzo, a piacere, anche con un uovo sodo. Ci sono anche le varianti con patate, cime di rapa, olive nere…

Ottimo anche il pancotto preparato con pane raffermo tagliato a pezzi, un po’ d’acqua, olio evo, uno spicchio di aglio, pomodorini, una foglia di alloro e formaggio. Anche in questo caso c’è la variante con le cime di rapa.

Appena tostato, il pane di Altamura Dop è ottimo per fare crostini con cui accompagnare minestre o il tipico piatto pugliese di fave e cicoria. La bruschetta rimane un classico ma anche la fetta di pane fresco con pomodorini, olio evo, un po’ di origano o basilico, può fungere da merenda e da cena se accompagnata anche da latticini e formaggi di qualunque luogo in cui il pane venga consumato.

Chi ha qualche anno in più ricorda la colazione con una grande fetta di pane e zucchero e, per chi osava, pane, zucchero e una spruzzata di vino, naturalmente rosso.

L’attività del Consorzio del Pane di Altamura

Nel Consorzio, tra soci e aziende certificate non socie, sono diciotto i panificatori impegnati in una costante attività di diffusione del pane la cui produzione recente è giunta a ben kg 625.153,00 annui. Nella filiera sono naturalmente presenti anche aziende molitorie (tre) e produttori di materia prima.

Notevoli sono le attività svolte dal Consorzio attraverso la partecipazione a importanti fiere, trasmissioni televisive ed eventi di portata nazionale, insieme ad accordi di partenariato.

Nell’ultimo anno sono stati realizzati spot e comunicazioni su vari media, in attesa di poter riprendere visite attraverso la “strada del Pane Dop”, un itinerario attraverso il quale si scopre anche il ricco patrimonio culturale della federiciana città di Altamura, oltre a visite ai vari forni con degustazione di pane e altri prodotti tipici.

Altamura: non solo città del pane

La città di Altamura, oltre a grandi prodotti gastronomici è la città dell’Uomo di Altamura – resti, appartenuti a Homo Neanderthalensis vissuto tra i 180.000 e i 130.000 anni fa, ritrovati poco lontano dalla città, in una cavità carsica della Grotta di Lamalunga-, della Cattedrale voluta da Federico II di Svevia,  che oggi custodisce il  Museo Diocesano Matronei Altamura, del Museo Archeologico, della Cava dei Dinosauri e di tante altre importanti, testimonianze storiche.

Le tradizioni culinarie sono un potente veicolo culturale ma il pane è segno di comunione, è l’unione tra la terra e i suoi abitanti, è il simbolo dell’essenza della vita; non per niente, sin da piccoli ci hanno insegnato che il pane non si butta e se per caso cade sul pavimento, dopo averlo raccolto, si soffia per togliere eventuali tracce di sporco, si bacia e si mangia, sempre e comunque.

Informazioni: www.panealtamuradop.it

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Giuditta Dina Lagonigro

Ho iniziato da adolescente a collaborare con Radio Altamura1, una delle prime radio libere italiane, e poi con altre testate giornalistiche. Il trasferimento in Friuli Venezia Giulia mi ha cambiato la vita. Ho frequentato i corsi AIS e ho lavorato come sommelier; dal 2003 percorro le strade del vino e del cibo raccontando i miei viaggi sensoriali anche sul mio blog.

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