Dal campo al tagliere: la filiera chiusa nella produzione di salumi

Dalla coltivazione dei cereali all’allevamento, ogni passaggio della filiera è fondamentale per garantire prodotti alimentari di alta qualità e per soddisfare una clientela sempre più esigente.

Addentando il panino del pranzo, tagliando la fetta di salame per lo spuntino, facendo soffriggere la salsiccia per il risotto, vi siete mai chiesti quale percorso abbia seguito la carne? Andando a ritroso, trovereste un reparto di confezionamento semi automatizzato, una cella refrigerata o una di stagionatura, degli operai che insaccano l’impasto nei budelli e dei pasciuti maialini che razzolano nel fango o tra la paglia di un capannone.

Un passaggio che molti dimenticano è che quei maialini si devono nutrire di foraggio e che, solo in questo modo, la filiera diventa veramente completa. Affinché la carne sia di ottima qualità, i cereali e gli scarti vegetali con cui si nutre l’animale, devono avere una provenienza controllata e garantita, come sottolineato da Moreno del Salumificio Pedrazzoli di San Giovanni del Dosso (Mantova).

«I terreni attorno all’allevamento – afferma – sono di proprietà del salumificio e vengono gestiti a rotazione dagli agricoltori della zona. Solo così riusciamo ad essere certi che tutto avvenga nel rispetto dei nostri valori ».

Salumificio Pedrazzoli, il valore della filiera chiusa

Campo coltivato, allevamento, macellazione, produzione dei salumi e vendita: ogni fase della filiera viene sottoposta a controlli specifici e accurati, perché i moderni consumatori sono sempre più esigenti ed informati. Per rispondere alla sempre maggiore richiesta di qualità e genuinità del mercato, le aziende puntano sul valore aggiunto del ciclo chiuso cosi come, una volta, si affidavano ad un packaging accattivante o ad un prezzo basso.

La qualità di un salume stagionato e confezionato a pochi chilometri dall’allevamento si tocca con mano e si sente nel profumo, e di ciò si stanno rendendo conto non solo i consumatori italiani ma anche quelli esteri, dove viene venduta gran parte del prodotto a filiera chiusa soprattutto nel settore biologico.

«In media il 70% del nostro prodotto biologico viene venduta su mercati esteri – conferma Sara, responsabile settore biologico di Pedrazzoli – perché nelle nostre zone, soprattutto Lombardia ed Emilia Romagna dove abbiamo la nostra sede, è ancora fortemente radicata l’idea dell’auto-produzione».

Per le aree ad alta vocazione rurale quindi la filiera chiusa non dovrebbe essere certo una novità ma si sa che a volte, per fretta o per distrazione, si preferisce cercare altrove quando la risposta al bisogno di sapori genuini potrebbe essere proprio sotto al nostro naso. Anzi, in questo caso, nel campo dietro casa.