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Spaghetti alla bolognese: la verità storica di cui non si parla

Da anni sotto le Due Torri non si placa una tenzone culinaria su uno dei piatti italiani più famosi nel mondo e sicuramente quello che, insieme a tagliatelle, tortellini e lasagne, identifica la gastronomia di Bologna.

Spaghetti alla bolognese: qual è la verità
Un piatto di Spaghetti alla bolognese.

Se il capoluogo dell’Emilia Romagna e l’intera regione sono noti per la capacità di fare squadra e promuovere le proprie eccellenze a livello internazionale, anche quelle meno importanti, sulla controversia scoppiata sugli “Spaghetti alla bolognese” la città si è divisa. I tradizionalisti affermano che, da intere generazioni, gli spaghetti non siano mai apparsi sulle tavole petroniane e che, invece, il ragù alla bolognese abbia condito da sempre solo le tagliatelle, regine dei vari formati di pasta lunga.

In verità non è proprio così e probabilmente quelli che si ritengono esperti di storia della cucina, non hanno approfondito alcuni documenti storici i quali dimostrano che gli spaghetti vengono consumati a Bologna fin dalla metà del 500 ed erano un bene di largo consumo delle famiglie meno abbienti. Dal canto loro, le tagliatelle e la pasta fresca, erano il piatto delle feste perchè richiedevano un tempo di lavorazione più lungo e un costo superiore.

Il Sindaco Virginio Merola: «Gli spaghetti alla bolognese alla sono una fake news»

Qualche giorno fa, ad arricchire il fronte dei “No agli spaghetti alla bolognese“, è arrivato addirittura il sindaco di Bologna Virginio Merola che, attraverso un post sul suo profilo Twitter ha definito gli “Spaghetti alla bolognese” una “fake news” in quanto esisterebbero dovunque ma non a Bologna.

Il primo cittadino, dopo aver pubblicato la fotografia di una lavagnetta esposta in un ristorante di Londra, che offriva “Spaghetti Bolognese” a 6,95 sterline, ha sarcasticamente cinguettato:

«Cari cittadini, sto collezionando foto di #spaghetti alla bolognese in giro per il #mondo, a proposito di fake news. Questa arriva da #Londra. Se potete inviatemi le vostre. Grazie!»

L’intervento non è passato inosservato e ne ha parlato anche il quotidiano britannico The Thelegraph, per il quale evidentemente la notizia che un sindaco sconfessasse un piatto che nel mondo è collegato alla sua città ha molto meravigliato.

Spaghetti alla bolognese sul Telegraph
La pagina del Telegraph in cui si parla del Sindaco di Bologna.

In un successivo intervento su Radio1, Merola ha spiegato:

«Non è un’idea sovranista, voglio solo comunicare a tutti che gli spaghetti alla bolognese non esistono! Ci fa piacere che si parli di Bologna, ma ci sono tante cose molto più buone nella nostra città»

Se alcuni hanno preso le difese del Sindaco, altri hanno polemizzato evidenziando come un’Autorità politica dovrebbe occuparsi di tematiche socialmente più urgenti. Inoltre hanno segnalato che sono proprio certi ristoranti in città e provincia che propongono questo piatto sul loro menù, se non altro per accontentare i turisti che lo richiedono. Quindi, in ogni caso, sarebbero da considerare una risorsa che alimenta entrate a beneficio dell’intera comunità.

Un brand di grande valore e ottenuto a costo zero

Gli spaghetti alla bolognese, in effetti, sono un brand internazionale di valore inestimabile, praticamente ottenuto a costo zero, che costituisce un traino efficace per attirare buongustai e turisti internazionali che poi hanno l’opportunità di degustare anche tutte le altre specialità felsinee ed emiliano-romagnole. Già questo renderebbe superflua una disfida “in casa”.

Detto questo, non è esatto affermare che gli spaghetti e Bologna non hanno punti in comune perchè sono molte le fonti documentarie e bibliografiche che li avvicinano. Quindi chi ha ragione, in realtà? La ricetta degli spaghetti alla bolognese ha un fondamento storico oppure è davvero una “balla” ben costruita?

La verità storica sugli Spaghetti alla bolognese

Giancarlo Roversi su Spaghetti alla Bolognese
Giancarlo Roversi (Facebook).

A proporre un excursus chiaro ed esauriente su questo argomento è Giancarlo Roversi, giornalista e storico dell’alimentazione, autore di diversi libri sulla cultura del cibo a Bologna.

Roversi dimostra, con un’attenta e fondata ricostruzione storica, che gli spaghetti si producono e consumano a Bologna fin dal 500 nonostante, nei ricettari petroniani o in quelli italiani, venissero chiamati vermicelli (in dialetto, “varmizi” o “marmizi”), conditi in vario modo, compreso il ragù. Si ricorda che è solo dal 1819 che, in un trattato di cucina napoletana, si inizia ad utilizzare il termine “spaghetti” per indicare i vermicelli.

Lo storico avverte anche che è sbagliato pensare che a Bologna, nel corso dei secoli, in tutte le case si mangiassero ogni giorno tagliatelle e pasta fresca perchè la sfoglia richiede un tempo di lavorazione lungo ed è più costosa. Quindi le tagliatelle erano il piatto delle feste e della domenica ma esistevano per l’uso quodiano altri formati di pasta che si acquistavano nelle botteghe fin dalla metà del 500, destinati soprattutto alle classi meno abbienti.

Tale notizia si rileva da alcuni bandi comunali del 600 e 700 rivolti ai “pastaroli” che servivano a calmierare i prezzi della “pasta bianca” e della “pasta gialla”, fresca e secca, tra cui i “vermicelli”, antenati degli spaghetti. Da questi atti si capisce che la pasta secca era diffusa già dal 500 e prodotta in loco “all’uso di Genova e di Puglia” per indicare che non era la pasta genovese o pugliese che perveniva in città dal XIV secolo, sicuramente molto più costosa. Proprio perchè quella bolognese era un bene di largo consumo era necessario che i prezzi fossero calmierati. Ciò non accadeva con beni considerati di lusso come la Mortadella o la pasta proveniente da Genova e dalla Puglia.

Un altro documento, datato 9 aprile 1575, fissava i prezzi a favore dei pellegrini diretti a Roma per l’Anno Santo e contiene il riferimento ad una “minestra di tagliatelli o simile” che si ricavavano dalla sfoglia tirata al mattarello. Va chiarito che non si trattava di un piatto a base di brodo perchè, da sempre, a Bologna per “minestra” siintende la pasta asciutta in generale.

Non esistono informazioni sul condimento di questo piatto cinquecentesco che veniva servito nelle locande ma probabilmente si insaporivano con burro e parmigiano grattugiato al pari delle lasagne, come riporta un codice manoscritto del 300 conservato alla Biblioteca Universitaria di Bologna.

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La pasta secca prodotta nel 500 a Bologna era “all’uso di Genova e di Puglia”.

In altri documenti, si parla di un ragù bianco ossia un gustoso intingolo di origine medievale composto di carne di manzo, carne di maiale, lardo, pancetta e archest, ossia le rigaglie di pollo, restato in auge nelle campagne bolognesi fino alla metà dell’800. Fino a tale periodo non si usava il pomodoro che fece la sua comparsa verso la fine del 700, in notevole ritardo rispetto alla scoperta dell’America.

A parlare, per primo, di salsa di pomodoro fu il cuoco Antonio Latini – attivo a Napoli – nel suo ricettario “Lo scalco alla moderna” in cui la consigliava per accompagnare i bolliti. Si tratta di un caso sporadico in quanto la vera diffusione del pomodoro si ebbe solo dalla seconda metà del secolo XIX.

Il primo pastificio petroniano

Il primo pastificio petroniano aprì a Bologna il 20 novembre 1586 ad opera di Giovanni Dall’Aglio, al quale il Senato di Bologna elargì la concessione, e tale attività proseguì anche nel 600 e 700, come documentato nei bandi legatizi emanati ogni anno dal Senato, sempre per calmierare i prezzi.

Il Dall’Aglio, per ottenere il permesso di aprire la sua fabbrica di pasta, prospettò i grandi vantaggi che la città avrebbe avuto dalla produzione di pasta e soprattutto di vermicellos (antenati degli spaghetti), lassagnas e macarones. La popolazione, infatti, avrebbe beneficiato di alimenti a costo più basso e si sarebbero limitate le importazioni da Liguria e Puglia cosa che in effetti si verificò.

Il Senato confermò la concessione per due secoli, chiedendo solo che vermicellos, lassagnas e macarones fosserò prodotti similmente a quelli importati e avessero un prezzo più basso che poi l’Autorità avrebbe calmierato

Se si fa riferimento ai trattati culinari dal secolo XVI al XIX, si scopre che a Bologna i vermicelli/spaghetti esistevano e venivano conditi anche con un sugo al tonno, specialmente a partire dalla metà dell’800. Comunque non è mai mancato chi preferiva insaporirli col ragù, come testimoniano diverse ricette contenute in manoscritti casalinghi nonchè nelle liste di generi alimentari delle “Cucine economiche” e delle “Cucine popolari” che, nella seconda metà dell’800,  fornivano alimenti, compresi gli spaghetti al ragù, ai lavoratori stagionali. 

La ricetta registrata degli Spaghetti alla bolognese

Il Comitato per la Promozione della Ricetta originale degli Spaghetti bolognesi ha formalizzato una ricetta preparata dalle massaie bolognesi fin dagli inizi del 900, registrandola l’11 settembre 2016 a San Giorgio di Piano (Bo), presso il notaio Andrea Forlani.

Tale ricetta tradizionale si preparava nei giorni feriali integrando, con salsiccia di maiale e piselli, il ragù rimasto dal condimento delle tagliatelle della domenica. Si otteneva così un gustoso condimento per gli spaghetti.

In conclusione, i vermicelli/spaghetti condti con ragù bolognese hanno pieno diritto di cittadinanza nella cucina petroniana e anche nella sua proiezione internazionale, accanto alle nobilissime tagliatelle e non in concorrenza con esse.

Spaghetti alla bolognese: la verità secondo Giancarlo Roversi
La ricetta degli Spaghetti alla bolognese registrata l’11/09/2016 (Foto © spaghettibolognesi.it).

Ricetta registrata degli spaghetti alla Bolognese

Ingredienti

  • 200 g di pancetta macinata
  • 300 g di pasta di salsiccia
  • 300 g di macinato di maiale
  • 200 g di cartella di manzo
  • 300 g di piselli
  • 3 cucchiai di concentrato di pomodoro
  • 2 carote medie
  • 3 gambi di sedano
  • 1 cipolla dorata media
  • 1 noce di burro
  • 2 cucchiai di olio Evo
  • 1 bicchiere di vino rosso
  • sale e pepe quanto basta

Preparazione

  1. Tritare finemente carote, sedano e cipolla e farli soffriggere in padella con il burro e l’olio Evo, fino a farli appassire. Aggiungere la pancetta macinata e farla soffriggere, poi mettere il rimanente della carne e rosolarla
  2. Sfumare con il vino, lasciare evaporare e cuocere a fuoco medio per un’ora e mezza. Se serve, aggiungere un bicchiere d’acqua
  3. Diluire poi il concentrato di pomodoro in una tazza con poca acqua calda e aggiungere al ragù. Inserire anche i piselli poi aggiustare di sale e di pepe
  4. Dopo aver portato il tutto a temperatura, serviranno altre due ore di cottura. Condire gli spaghetti, che possibilmente dovranno essere di Gragnano.
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Enzo Radunanza

Giornalista e addetto stampa, mi occupo di enogastronomia dal 2010. Nel 2019 sono stato nominato "Ambasciatore dei vini dell’Emilia Romagna" per la mia costante attività divulgativa. Inoltre, sono copywriter e digital media marketer per varie realtà. Per tutti sono anche "Il Cronista d'assaggio".

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