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Cannolo siciliano, una magnifica opera d’arte

La celeberrima sfoglia arrotolata e farcita con crema di ricotta è uno dei dolci più irresistibili e scenografici della Sicilia. Un semplice morso ci catapulta nelle meravigliose contraddizioni e nell’anima barocca dell’isola, tra colori e sapori intensi

Storia del cannolo siciliano: un'opera d’arte gastronomica
Cannoli siciliani con granella di pistacchio e di cioccolato (Foto © La Gazzetta del Gusto).

Il cannolo siciliano nasce da una storia d’amore. L’unione tra una cialda croccante dal profumo delicato di grano e un setoso ripieno di ricotta dolce di pecora, infatti, dà vita all’emblema più autentico della pasticceria dell’isola mediterranea. Favoloso peccato di gola, la cui ricetta originale non è mai stata depositata, il dolce si arricchisce di mille varianti in ogni provincia della Sicilia.

La spettacolarità del cannolo comincia dalla sua scorza o “scorcia” in dialetto. Fritta a forma di tubo o “cannolo”, secondo la tradizione si ottiene da un impasto a base di farina, strutto, uova, zucchero, buccia d’arancia, marsala, cannella e una minuscola percentuale di cacao.

Dopo aver fatto riposare il composto in frigo, si stende una sfoglia molto sottile che va tagliata in quadrati, successivamente arrotolati nei cilindri di alluminio e fritti. Solo quando le scorze si raffreddano, possono essere riempite con la crema di ricotta e decorate.

Ogni provincia ha il suo ripieno e la sua decorazione

Il ripieno del cannolo e le sue decorazioni variano a seconda del “prezioso tocco” dato dai maestri pasticcieri delle diverse città d’origine, che si tramandano le ricette di padre in figlio.

A Palermo, al classico impasto, si mescolano cacao amaro e vino bianco, mentre nel ripieno di ricotta di pecora si aggiungono zucchero e gocce di cioccolato. Le estremità del cannolo, invece, vengono decorate con scorze d’arancia candita e una spolverata di zucchero a velo.

A Catania, la scorza è più friabile mentre la ricotta del ripieno viene “lisciata” al setaccio e può essere impreziosita da cubetti colorati di zuccata, praline al cioccolato o granella di Pistacchio di Bronte. La guarnizione è a base di zucchero a velo.

Storia del cannolo siciliano: un'opera d’arte gastronomica
Ogni provincia siciliana ha la sua versione del cannolo (Foto © Amanda Arena).

L’unicità del cannolo siciliano

Prelibatezza esportata in tutto il mondo, il cannolo racchiude la sua unicità nella ricotta che dev’essere freschissima e rigorosamente di Pecora Siciliana perché di gusto più deciso rispetto a quello di mucca. La particolarità si spiega col fatto che le pecore, in Sicilia, pascolando sia nelle alture sia vicino al mare, conferiscono al latte sensazioni gustative ricche di tutte le sfumature dell’isola.

Le origini del dolce tra storia e leggende

Il nome del cannolo siciliano deriva dalle canne di fiume sulle quali si arrotolavano le cialde di pasta per friggerle, ben prima che venissero inventati i rotolini di acciaio inox delle moderne pasticcerie.

Le origini del dolce sono tuttora sconosciute, ma uno dei suoi antenati potrebbe essere una preparazione a forma di banana con ripieno di ricotta, miele e mandorle. Tra le fonti storiche ritroviamo la descrizione più antica del cannolo nella definizione del duca Alberto Denti di Pirajno, medico, militare e cultore gastronomico nato a La Spezia nel 1886 da padre siciliano e madre inglese.

Nel suo libro “Siciliani a tavola” (pubblicato postumo nel 1970) il duca richiama la definizione del cannolo di Marco Tullio Cicerone quando era questore a Marsala: «Tubus farinarius dulcissimo edulio ex lacte factus» , un tubo di farina fatto di latte dolce mangiabile.

Versioni contrastanti raccontano la magia del cannolo… La prima leggenda affonda le radici nella dominazione araba dell’isola (dal 827 al 1091). Gli Arabi erano valenti pasticcieri e a loro si deve l’arte della lavorazione della ricotta con canditi o pepite di cioccolato. Secondo un’ipotesi accreditata i cannoli sarebbero nati a Caltanissetta, l’antica “Kalt El Nissa” (in arabo “Castello delle donne”), ove avevano sede numerosi harem di emiri saraceni. Pare che le favorite dell’emiro, per trascorrere il tempo, si dedicassero all’arte culinaria privilegiando i dolci. Nel corso dei loro esperimenti in cucina sarebbe stato creato il cannolo, come evidente omaggio alle doti del sultano. Forma allungata e aspetto del cannolo esprimerebbero dunque forza creatrice e fertilità.

L’Imperatore Teofilo e la sua corte (Foto © Wikipedia).

Un’altra leggenda narra invece che i cannoli siano nati all’interno di un convento di Caltanissetta. Durante il Carnevale, le monache crearono un dolce composto da un involucro con farcia di crema di ricotta e zucchero decorato con pezzetti di cioccolato e cucuzzata, ingrediente tipico della pasticceria siciliana, ricavata da un tipo particolare di zucca a forma di tromba chiamata “virmiciddara” dal gusto voluttuoso. Questa è una delle ipotesi più accreditate se pensiamo che con l’arrivo dei Normanni in Sicilia finì la dominazione araba e gli harem si svuotarono. Alcune donne che erano ormai libere si convertirono al Cristianesimo ed entrarono in convento, dove avrebbero replicato alcune ricette già sperimentate per sedurre gli emiri durante la loro precedente permanenza nell’harem.

I cannoli siciliani dal gusto più autentico

Scorza croccante e dolcezza rappresentano il requisito ìmprescindibile per cannoli preparati a regola d’arte. Tra quelli più squisiti da assaggiare meritano una menzione i cannoli di Dattilo – piccola frazione di Paceco, in provincia di Trapani – che sfoggiano un aspetto molto accattivante. La cialda è croccante e sottile ed è riempita di ricotta grezza guarnita con gocce di cioccolato.

Indubbiamente da citare anche la versione di Piana degli Albanesi, piccolo borgo di origine greco-albanese dalla bellezza mozzafiato, in provincia di Palermo. La bontà di questi cannoli risiede nel segreto della scorza. Le cialde, infatti, hanno un carattere e un sapore più intenso perché sono preparate con farina di grani antichi (“timilia” o “tumminia” e maiorca , rispettivamente grano duro e grano tenero), strutto, vino e uovo e poi farcite di ricotta setacciata con zucchero, miele e scaglie di cioccolato.

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Amanda Arena

«Mangiare è una necessità. Mangiare intelligentemente è un’arte» è la frase di François de La Rochefoucauld che mi guida nella scelta dell’alimentazione. Laureata in Scienze Politiche, giornalista pubblicista e sommelier specializzata in comunicazione e Marketing vitivinicolo. Amo esplorare i mondi del vino e del cibo per raccontarne gli aromi, i sapori, i protagonisti e i territori.

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