Piccola guida alla scelta dell’olio d’oliva

Non è sempre facile, specialmente per i meno esperti, distinguere e saper scegliere il giusto olio d’oliva per le proprie esigenze. Il nostro esperto Claudio Vignoli ci guiderà nella corretta scelta del prodotto, secondo criteri legati a gusto e salute

Quando decidiamo di acquistare l’olio di oliva, siamo davvero consapevoli di cosa stiamo acquistando e di cosa stiamo portando sulla nostra tavola? Spesso ci lasciamo influenzare dal marchio, dal prezzo, dall’abitudine.

Di sicuro prestiamo molta più attenzione e dedichiamo molto più tempo alla scelta di una bottiglia di vino. Di questa controlliamo l’annata, la denominazione, il marchio; ne valutiamo i possibili abbinamenti e le potenziali occasioni di consumo. Per l’olio di oliva, invece, il processo di acquisto spesso è molto meno consapevole e la lettura dell’etichetta è sicuramente meno intuitiva per i non addetti ai lavori.

Non sempre è facile comprendere la differenza, a volte sostanziale, di terminologie come vergine o extravergine, olio di sansa, olio raffinato. Proviamo a fare chiarezza con Claudio Vignoli, sommelier e mastro oleario, nonché fondatore di Claudio Vignoli Group, società di consulenza tecnica e commerciale nel settore oleario.

Tipologie di olio di oliva

Occorre sapere che le tipologie di olio d’oliva sono essenzialmente 4: olio di sansa, olio di oliva raffinato, olio vergine e olio extravergine. Vediamo per ognuno le caratteristiche e i suggerimenti di consumo da parte del nostro esperto.

Olio di sansa

«L’olio di sansa di oliva– precisa subito Vignoli  – non ha nulla a che fare con l’olio di oliva di qualità e dovrebbe essere evitato. Viene estratto dal materiale solido rimasto dopo la fase di estrazione iniziale dell’olio. Il processo prevede l’utilizzo di solventi a base di petrolio. Lo stesso metodo di estrazione che viene utilizzato per la produzione di olio di soia, girasole, colza e per la maggior parte degli altri oli derivati ​​dai semi».

Olio di oliva raffinato

«Si ricava da una base di olio d’oliva rancido e ossidato che viene trattata chimicamente e termicamente per eliminare i sapori sgradevoli e per neutralizzare il contenuto di acidi grassi liberi. La raffinazione consente ai produttori di utilizzare olive in cattive condizioni e di miscelare oli di bassa qualità». L’olio d’oliva raffinato è dunque un olio di qualità inferioreche non possiede benefici per la salute se paragonato all’olio extra vergine. Inoltre, manca di colore, sapore e aromi. «Ogni volta che troviamo una bottiglia la cui etichetta riporta la descrizione “Olio d’oliva”, è probabile che lo stesso sia stato raffinato» avverte l’esperto.

Ma attenzione, spesso vengono utilizzati anche altri nomi per renderli più attraenti per il consumatore ignaro. Ad esempio: olio d’oliva puro (molto conosciuto soprattutto all’estero). Spesso scambiato per un’opzione salutare in virtù della parola “puro”, questo prodotto contiene circa l’80% di olio d’oliva raffinato e «non rientra tra le categorie ufficiali stabilite dal COI (Comitato Oleicolo Internazionale) ma purtroppo è presente in larga scala in quei mercati dove non esiste una cultura dell’olio di oliva».

Molto diffusa all’estero è anche la dicitura “Lite o light Olive Oil”, applicata all’olio raffinato. «Troppo spesso i consumatori lo scambiano per un prodotto più sano e “leggero”, quando in realtà ha le stesse calorie dell’olio extravergine di oliva ma praticamente nessuno dei benefici per la salute»

Olio vergine d’oliva

In questa dicitura rientrano gli oli di oliva non raffinati, ma già di buona qualità.

«Si tratta di un prodotto privo di raffinazione chimica, – spiega Vignoli – dove tuttavia i livelli di acidità (da 0,8% ad un massimo del 2%) lo rendono un’opzione qualitativamente inferiore rispetto all’olio extravergine di oliva».

Olio extravergine di oliva

L’olio extravergine di oliva è il prodotto di altissima qualità su cui dovrebbero orientarsi le scelte di consumo.

«Si tratta del succo appena spremuto del frutto dell’oliva. Ha sapori e aromi forti, è di gran lunga l’olio da cucina più sano e l’unico prodotto senza l’uso di solventi chimici e di raffinazione industriale. I livelli di acidità dell’extra vergine non possono essere superiori allo 0,8% e minore è l’acidità maggiore è la qualità. Alcuni oli extravergine di oliva possono avere un’acidità fino allo 0,1%!» spiega Claudio Vignoli.

Un lavorazione lunga e difficile

La produzione di olio extravergine di oliva è un processo più difficile di quanto la maggior parte delle persone creda. A partire dalla cura delle piante, alla raccolta attenta delle olive fresche, fino al monitoraggio approfondito di ogni singola fase dell’intero processo produttivo.

«Un aspetto fondamentale che incide sulla qualità dell’olio è la raccoltadelle olive dall’albero – precisa l’esperto – . Esistono diversi metodi, ma i principali sono due: mediante lo scuotimento degli alberi e dei rami attraverso apposite attrezzature per far cadere le olive a terra; e con la cosiddetta “brucatura” o raccolta manuale».

In entrambi i casi è fondamentale che venga utilizzata una rete per  “catturare” le olive prima che cadano sul terreno, altrimenti la caduta rischia di danneggiare i frutti e compromettere la successiva frangitura producendo un olio di qualità inferiore.

Cruciale è anche la fase immediatamente successiva alla raccolta, dopo la quale i frutti vengono lavati e si provvede alla rimozione di foglie e rametti, prima di avviare le olive al processo di frantumazione. Durante questa fase, viene aggiunta e mescolata lentamente l’acqua viene alla pasta di oliva in modo che le molecole di olio si raggruppino fino a diventare delle particelle sempre più grandi. La miscela viene infine centrifugata per eliminare l’acqua. «Quello che resta da questo ultimo processo è l’olio d’oliva extravergine».

Cura delle piante, raccolta e frangitura sono dunque determinanti nella produzione di un olio di qualità. E proprio per questo, il prezzo di una bottiglia di olio non può scendere sotto un determinato prezzo.