Non c’è Pasqua(lina) senza prescinseua

Torta Pasqualina con prescinseua, l'accoppiata della Pasqua ligure

Le torte salate sono parte integrante della gastronomia ligure. Se oggi sono apprezzate per la loro bontà, in origine erano collegate all’orto e alla necessità di recuperare gli avanzi e ridurre gli sprechi. Una di queste accompagna da sempre la tavola pasquale con l’immancabile quagliata genovese.

Pasqualina e le sue sorelle: una vasta platea di torte salate, soprattutto a base di verdure, che sono patrimonio di una cucina essenzialmente orticola, come quella ligure, che è tradizionalmente anche di recupero.

Già nel ‘400, Mastro Martino de Rossi da Como nel “Libro de arte Coquinaria” cita le “Torte alla Zenovesa, di spinazi o de cepolle“. Nel ‘500 le ritroviamo, con l’antico nome di “Gattafure“, nel più grande trattato di cucina del tempo, l’Opera di Bartolomeo Scappi.

Nel corso del ‘700 il termine “gattafura” va scomparendo ed entra in scena la Pasqualina. Nata per celebrare le feste pasquali, si differenzia dalle altre torte di verdure, dette genericamente “cappuccine“, per la disposizione a strati degli ingredienti, ma tutte, di bietole, zucca, carciofi, cipolle, spinaci o riso, hanno in comune sottilissime sfoglie di “pasta matta” che racchiudono il ripieno caratterizzato dalla presenza della Prescinsêua, la tipica quagliata genovese.

Torta Pasqualina con prescinsêua, l’accoppiata della Pasqua ligure

All’ombra della Lanterna, da sempre, non c’è Pasqua senza la torta Pasqualina in tavola. Poi si può discutere se le sfoglie debbano essere 33 come gli anni di Cristo, ma questa sembrerebbe più come una leggenda. In realtà si arriva fino a 24, numero che poi ha evocato le “bellezze” della Pasqualina enunciate in un articolo del 1930 dal giornalista genovese Giovanni Ansaldo.

Un ripieno a strati, quello della Pasqualina: bietole, parmigiano, prescinsêua ed un tuorlo d’uovo per ogni commensale adagiato in una fossettina ricavata nella bianca prescinsêua.

Non c’è torta senza prescinsêua

Nel Genovesato non c’è torta di verdure che non abbia come ingrediente insostituibile la prescinsêua, un formaggio fresco di latte vaccino dal sapore gradevolmente acidulo e dalla consistenza semisolida.

Nei libri degli Artieri del formaggio risalenti al 1400 troviamo il termine “prescinsola” il cui significato ci porta alle origini del prodotto: la radice prezu che è rapprendere, cagliare e sola, ovvero che caglia da sola, in quanto all’epoca era il risultato di una coagulazione acido-termica.

Un formaggio antichissimo, come testimoniano documenti d’archivio risalenti al 1200-1300 che la localizzano nelle zone di Noli ed Albenga. Quindi possiamo considerare la prescinsêua un prodotto non solo del Levante, come si è soliti dire, ma anche del Ponente ligure, dove però nel corso dei secoli se ne è perso l’uso.

Cenni storici sulla prescinsola

La prescinsêua è sempre stata apprezzata, basti pensare che intorno alla metà del 1400 il medico genovese Ambrogio Oderico la consigliava in quanto formaggio leggero e digeribile; inoltre una legge del 1413 la catalogava come possibile dono da parte dei Genovesi al Doge.

Per secoli è stata utilizzata per preparare le tradizionali torte di verdure, la focaccia al formaggio, i pansoti e, nel Levante ligure, anche in aggiunta al pesto. È un formaggio estremamente versatile, ideale per una dieta ipocalorica (solo il 7,6% di grassi), ottimo alleato in cucina per realizzare anche ricette moderne, dal salato al dolce, oppure da gustare semplicemente su una fetta di pane o sulla focaccia.

Per secoli è stata prodotta esclusivamente dai contadini dell’entroterra ligure con conseguente difficoltà di approvvigionamento da parte dei principali utilizzatori: i proprietari delle Sciamadde, le botteghe storiche genovesi che ancora oggi sfornano farinata e torte salate, le antiche gattafure.

A metà degli anni ’80 l’azienda Virtus, già consolidata in Genova dal 1952, intraprende la produzione della prescinsêua utilizzando una tecnologia industriale, ma mantenendo le caratteristiche artigianali del prodotto nel rispetto delle norme igienico-sanitarie vigenti e con l’impiego di materie prime selezionate di origine italiana.