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Varhackara, il pesto di lardo di Timau

Grazie a un importante lavoro di promozione, il pesto da lardo di maiale si è trasformato da prodotto povero a ingrediente prezioso anche nell’Alta cucina. Scopriamo di più su un goloso condimento friulano oggi  tutelato dal Presidio Slow-Food

Varhackara del Friuli, il pesto di lardo di Timau: caratteristiche e usi
Varhackara, il pesto di lardo di Timau (Foto © Slow Food).

La Varhackara, ispirata alla tradizione carinziana, è un pesto nato per valorizzare il lardo del maiale e  conserva al suo interno ritagli di speck, pancetta affumicata e guanciale.

Storia del maiale in Friuli-Venezia Giulia

Un tempo, l’allevamento del maiale (in dialetto, purcit) era una pratica molto diffusa in Friuli-Venezia Giulia, soprattutto a livello familiare, e culminava con l’atto della macellazione a partire dal 30 novembre. Non a caso, un vecchio detto locale ancora canta «Sant’Andrea il purcit su la brea».

Per le popolazioni rurali, tale animale rappresentava un alimento di primaria importanza, le cui carni venivano di solito spartite tra le famiglie di una stessa corte. Ed era proprio nel cortile interno che, con gesti quasi ritualistici, il maiale veniva macellato in presenza di una nutrita folla di spettatori, intenti a sorseggiare del vino mentre dalle loro bocche esalavano “nuvole” di vapore acqueo, a causa del freddo.

Tecnica di macellazione, tra ritualità e festa

Come in altre parti d’Italia e del mondo, si trattava di un momento di festa per tutto il paese, dalla Regione Alpina della Carnia fino alla “Bassa Friulana” e, in questa circostanza l’Arte Norcina – che è alla base dell’identità culturale del popolo friulano – si rivelava nei suoi tratti più autentici e caratteristici.

Una volta sgozzato – e dissanguato – il maiale veniva disteso su una panca di legno dov’era irrorato con acqua bollente per facilitarne la rimozione delle setole. A questo punto, si praticavano delle incisioni sulle zampe posteriori dell’animale per inserire i ganci d’acciaio che ne permettevano l’issatura.

Quindi, si passava alla fase di pulitura. Il maiale veniva strofinato con una miscela a base di sale e limone, per poi essere risciacquato e asciugato con un canovaccio da cucina. Di seguito, si procedeva alla sua apertura, partendo dall’inguine per facilitare la rimozione dell’intestino e degli organi interni – accuratamente lavati e conservati a parte dalle donne del paese.

Infine, l’animale veniva sezionato longitudinalmente in due parti uguali – o menzine – e lavorato dalle sapienti mani dei norcini, che ne ricavavano braciole, costine e salumi straordinari.

Pesto Varhackara di Timau: caratteristiche e usi
Storicamente la macellazione del maiale era un momento di festa per tutto il paese.

Varhackara, il pesto di lardo di Timau

Del maiale non si butta nulla. E a Timau, piccolo centro di matrice asburgica in provincia di Udine, con il lardo del maiale appena ucciso si usava preparare la Varhackara, un insolito “pesto” che prevedeva l’aggiunta di speck, guanciale, pancetta affumicata, spezie ed erbe aromatiche.

Tale condimento, ispirato alla tradizione carinziana, veniva conservato all’interno di contenitori – o meglio, vasche – in pietra, ed era poi utilizzato per insaporire sughi, minestre e primi piatti come gnocchi di patate e cjarsons.

Salumi e Sapori di Timau: la macelleria della Famiglia Mentil

Oggi, a detenere la ricetta originale della Varhackara è la Famiglia Mentil, proprietaria della macelleria “Salumi e Sapori di Timau” che da anni, nel cuore delle Alpi Carniche, porta avanti questa tradizione, impedendone la scomparsa.

Di recente, la Varhackara è entrata anche a far parte dell’elité dei Presidi Slow-Food, conquistando l’Alta Cucina. Tra gli Chef che la adoperano nelle proprie ricette, citiamo Ivan Bombieri della Taverna di Colloredo con il suo “Maialino e Varhackara” e Stefano Basello del Ristorante Là di Moret di Udine con le sue “Sfere di patate al Cuç di Mont e ragù di Varhackara”, presentate in occasione dell’evento Carnia: Eccellenze in Malga.

La Varhackara dunque, grazie ad un importante lavoro di promozione, da prodotto povero qual era è diventata un ingrediente prezioso in cucina, amata tanto per la sua duttilità quanto per la sua capacità di riportare alla memoria il passato, un passato in cui l’economia di sussistenza rappresentava l’unico modo per fuggire dalla povertà e, soprattutto, dalla fame.

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Kevin Feragotto

Classe 1994 e friulano orgoglioso. Dal 2016 mi occupo di ricerca e comunicazione enogastronomica, all’inizio come cuoco e ora come Addetto Stampa e PR, con un Master in Food and Wine Management alle spalle. Grazie alla mia passione per la cucina ho girato il mondo, tenendo show-cooking in Asia e Medio Oriente. Realizzo Masterclass per neofiti e cultori del gusto e collaboro con alcune realtà locali per promuovere lo sviluppo del tessuto agroalimentare regionale.

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