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Arabica 100%: è la garanzia di un caffè di qualità?

Ci siamo mai chiesti cosa vuol dire quando al supermercato leggiamo "miscela di Arabica e Robusta"? L'Arabica 100% è la garanzia di un caffè di qualità? Cerchiamo di capire cosa vuol dire e come dobbiamo scegliere per non avere sorprese.

Coffea Arabica e Robusta hanno caratteristiche organolettiche differenti. La prima varietà offre una più spiccata nobiltà e piacevolezza ma è sufficiente per un caffè di buona qualità? Ecco come capirlo anche leggendo le etichette

Arabica e Canephora o Robusta sono le due specie di coffea che insieme compongono quasi il 100% dei raccolti mondiali e quindi, praticamente, il 100% dei caffè che troviamo in commercio.

Arabica 100%, garanzia di un caffè di qualità? Non sempre
Arabica 100%, garanzia di un caffè di qualità? (Foto © La Gazzetta del Gusto).

Arabica e Robusta: solo una questione di gusti personali?

Di una cosa possiamo essere certi: le caratteristiche organolettiche della Robusta, anche se di buona qualità, risultano piuttosto grevi, disarmoniche, disequilibrate ed anche sbilanciate dal punto di vista dell’equilibrio acidi/tannini. È facile dedurre che la presenza di Robusta in una miscela, o peggio un assemblaggio di soli chicchi di Robusta, determini con buona probabilità un profilo di tazza non molto gradevole, oltre che oggettivamente meno pregiato.

Un altro parametro di cui tener conto nella scelta tra Arabica e Robusta riguarda la percentuale di caffeina di cui la Robusta è piuttosto ricca (oltre il doppio rispetto all’Arabica) e questo potrebbe rappresentare un ulteriore punto a suo sfavore.

Esistono sicuramente delle fasce di consumatori che – per una serie di motivi tra cui abitudine, emozionalità o apprezzamento di una maggior sciropposità – prediligono il caffè con maggiori percentuali di Robusta. Questo accade più frequentemente nei Paesi Arabi, dove la Robusta è usata per il caffè turco, o nel Sud dell’Europa dove le miscele per caffè espresso sono realizzate a base di Robusta. D’altra parte sappiamo che, in fondo, il fine ultimo del consumo di caffè è squisitamente edonico: «Mi piace, quindi significa che (per me) è buono». Ma commercialmente le cose non vanno proprio così.

Arabica 100%, garanzia di un caffè di qualità?

Le caratteristiche organolettiche dell’Arabica sono oggettivamente più pregiate, più amabili e quindi, dal punto di vista commerciale, è la varietà più nobile e più pagata. Tra un caffè con Arabica ed uno con Robusta entrambi difettosi, “vale” di più l’Arabica in quanto appartiene alla “specie eletta”. Ma purtroppo anche questa tipologia può presentare caratteristiche negative e difetti dal punto di vista organolettico, e possono essere tanti.

Non è sufficiente che il caffè sia un Arabica per essere “al di sopra di ogni sospetto”.

Nel mondo del caffè, non esistono disciplinari che tutelino il consumatore dal punto di vista organolettico e, nonostante esistano delle leggi e norme in materia di micotossine o acrilammide, non altrettanto si è fatto per salvaguardare e promuovere la “mera” qualità gusto-olfattiva.

Dal vuoto legislativo è scaturita, quindi, la fortuna di tanti torrefattori negli scorsi decenni che sono riusciti a trasmettere un’alta “qualità percepita” attraverso pubblicità massiccia, testimonial importanti e sponsorizzazioni che hanno impresso il proprio marchio nella memoria del pubblico. Ciò ha generato una percezione assoluta di pregio nonostante spesso la qualità della materia prima utilizzata fosse decisamente scadente.

Leggere l’etichetta per riconoscere la qualità del caffè

Tale situazione persiste ancora oggi ma non tutto è perduto perchè, in realtà, abbiamo la possibilità di capire se si tratta di un caffè di qualità oppure di uno scadente e questo attraverso la lettura dell’etichetta.

Caffè naturale e caffè “lavato”: differenze e costi

Ai più esperti sarà noto il processo di produzione dei cosiddetti “caffè lavati” che è uno stadio di lavorazione successivo alla raccolta delle drupe ossia i frutti della pianta di caffè, simili a ciliegie. I frutti appena raccolti vengono depolpati per portare a nudo i chicchi di caffè che corrispondono al nocciolo del frutto stesso. I chicchi estratti vengono, quindi, immersi in acqua, necessariamente fresca e pulita.

Arabica 100%, garanzia di un caffè di qualità? Non sempre
Una pianta di caffè con le sue drupe.

A poche ore dalla raccolta non è facile spolpare perfettamente i grani perchè un po’ di polpa mucillaginosa e zuccherina vi resta attaccata; a questo si aggiunga che tali operazioni avvengono in habitat tropicale e quindi a temperatura elevata. L’effetto è di avere delle vasche di acqua piene di chicchi di caffè con residui di polpa zuccherina che interagiscono con i microrganismi presenti nell’aria, innescando processi di fermentazione che vanno a modificare profondamente il nostro caffè verde. Ciò amplifica molto le sensazioni gusto-olfattive, abbassa il pH e aumenta molto l’aromaticità.

Questo procedimento, affichè raggiunga l’obiettivo di  amplificare al massimo le caratteristiche gusto-olfattive del raccolto, è impegnativo, difficile da controllare e, soprattuto, molto costoso in quanto esso richiede:

  • tre giorni di immobilizzo del raccolto (tanto può durare il processo);
  • una quantità enorme di acqua (fino a 40 volte il peso del caffè) che, dopo la fermentazione di ogni lotto, andrà gettata per non innescare processi degenerativi e putrescenze che potrebbero contaminare il caffè successivo;
  • forza lavoro ben preparata che controlli, con attenzione, che il processo di fermentazione non vada oltre il necessario in quanto ciò potrebbe conferire sentori di aceto ai grani.

Se ci fossero difetti nel raccolto, ad esempio drupe fermentate o acerbe, il processo di fermentazione andrebbe ad amplificare anche queste eventuali caratteristiche negative e rovinerebbe in maniera definitiva tutto il raccolto.

Alla luce di quanto finora scritto, possiamo dedurre che mai e poi mai un raccolto di non perfetta qualità sarà trattato con il processo a umido con fermentazione testè descritto. Nessuno vorrebbe dedicare denaro, energie, tempo e forza lavoro ad un raccolto difettoso avendo come risultato l’amplificazione dei suoi stessi difetti. Al contrario il raccolto sarà processato con il metodo “naturale” (semplice raccolta, essiccazione al sole e successive decorticazione e rimozione della polpa), meno costoso, più veloce e in grado di non enfatizzare eventuali difetti.

In buona sostanza, l’unica speranza di trovare una sorta di “DOC” del caffè sta proprio nel cercare un caffè che sia 100% Arabica Lavati, che si tratti di una miscela o una singola provenienza o “mono origine”. In questo modo abbiamo la tutela data dal fatto che nessun produttore penserebbe mai di applicare un procedimento lungo, costoso, impegnativo e difficile ad un caffè difettato che ne uscirebbe amplificato nei suoi difetti. Avrebbe, oltre al “danno” di un processo costoso ed impegnativo, anche la “beffa” di trovarsi il raccolto deprezzato in quanto gli eventuali difetti risulterebbero più amplificati e più evidenti.

Quindi, solo Arabica non ci garantisce una buona qualità, dobbiamo cercare caffè di Arabica Lavati. Non solo: non è sufficiente la dicitura “Pura Arabica” in quanto la legge ammette sotto questa indicazione, l’utilizzo di caffè di specie diversa fino ad una percentuale del 15%. Quindi: 100% Arabica Lavati che sono i caffè più pregiati sia commercialmente sia dal punto di vista aromatico e del bouquet dei profumi che possono offrire un tenore di acidità (positiva) un po’ più spiccata di altri caffè.

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Manuel Terzi

Dopo aver studiato e collaborato con grandi professionisti del caffè e varie esperienze in proprio, con mia moglie ho fondato Caffè Terzi. Sono Capo Barman AIBES, Sommelier Professionista AIS, Espresso Italiano Specialist, Assaggiatore Caffè IIAC, Maestro dell’Espresso (Illy Caffè), Coffee Manager (Università del Caffè), Giudice CIBC, CILA e Coffee in Good Spirits, Barista Certificato SCAE.

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