La voce di Pitagora risuona sulla tavola del Pietramare Natural Food di Isola Capo Rizzuto
![Pietramare Natural Food: stellato sul mare di Capo Rizzuto](https://www.gazzettadelgusto.it/wp-content/uploads/2023/09/Pietramare-Natural-Food-stellato-sul-mare-di-Capo-Rizzuto-550x520.jpg)
L'enogastronomia calabrese è il risultato di un eterogeneo contesto pedoclimatico e di una storia secolare.
Regione dalle immense risorse e culla della cultura mediterranea, storicamente la Calabria ha beneficiato di una posizione strategica al centro del Mediterraneo diventando luogo di incroci di civiltà e popoli che ne hanno arricchito e variegato le tradizioni.
Bagnata su tre lati da Ionio, Tirreno e Mediterraneo, il territorio calabrese è soprattutto costituito per lo più da zone montuose (circa il 41%) e collinari (circa il 49%), con una piccolissima percentuale di pianura(circa il 9%) ed è l’unica regione italiana a poter vantare ben tre parchi Nazionali, con un microclima unico al mondo.
Qui coltivano piante, agrumi e frutti unici nel loro genere, ne sono esempio il bergamotto, l’annona di Reggio Calabria, ma anche la cipolla rossa di Tropea, la Patata Silana, la liquirizia di Corigliano, etc.
La geografia fisica della regione, in passato, ha influito sulla differenziazione dell’alimentazione della sua popolazione, difatti se sulle coste e nelle aree pianeggianti il pesce e gli agrumi l’hanno sempre fatta da padrone, non si può di certo dire lo stesso per le zone montuose e collinari,. In queste ultime, gli abitanti hanno dovuto sfruttato le potenzialità del terreno, gli allevamenti e le risorse che la montagna ha messo a loro disposizione, bacche e selvaggina su tutte.
Le popolazioni dell’entroterra non avevano possibilità di procurarsi pesce fresco, poiché il ripido tragitto e le temperature spesso molto calde ne impedivano la giusta conservazione, da qui il consumo di pesce conservato sotto sale: famose le sarde, lo sgombro e le alici.
Tuttavia, anche a queste latitudini la “conserva” di pesce, che più di tutte ha conquisto il palato dei popoli montani, fu il baccalà tuttora in voga nel cosentino.
Testo di Celestino Mauro
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