La 53^ edizione del Vinitaly è stata l’occasione ideale per scoprire due vitigni autoctoni casertani, poco conosciuti dal grande pubblico appassionato di vino ma dal grande futuro.

La città di Caserta viene spesso associata all’imponente e sfarzosa Reggia ma, in realtà, fa parte di una terra che offre molto di più, dal punto di vista storico, architettonico, culturale e anche enogastronomico. A quest’ultimo proposito, la 53^ edizione del Vinitaly, che si è da poco conclusa, è stata l’occasione per scoprire due vitigni poco noti ma dai grandi pregi: l’Asprinio di Aversa e il Casavecchia di Pontelatone.
A condurci in questa “gita” enologica, due insegnanti dalla grande passione e dedizione per il loro lavoro, Nicola Numeroso della cantina I Borboni di Lusciano (Ce) e Talita Alois di Vini Alois di Pontelatone (Ce).
Cantina I Borboni e la vinificazione dell’Asprinio
La storia della famiglia Numeroso è una storia di tenacia, sacrifici e ancora tenacia. L’azienda è condotta da Carlo e Nicola Numeroso e dal 1986 rappresenta il vertice della piramide produttiva dell’Asprinio. Al Vinitaly, i due produttori hanno accolto centinaia di visitatori, curiosi di degustare il vino ottenuto da questo vitigno che ha rischiato di scomparire dal panorama vitivinicolo italiano.
La tradizione e il folclore locali vogliono che questa vite sia “sposata” con dei pioppi che raggiungono altezze di 18/20 metri. È un sistema di allevamento, quello della vite maritata o alberata che dir si voglia, caratteristico di questo vitigno che unita ai pioppi formava un muro di vegetazione a protezione di campi e proprietà.
La spiccata acidità rende l’Asprinio particolarmente adatto alla spumantizzazione. Due infatti i metodi Charmat attualmente prodotti dalla famiglia Numeroso: il Brut e l’Extra Brut. Queste due etichette rappresentano il 30% delle quasi 100 mila bottiglie prodotte dall’azienda e dal 2020 saranno in compagnia del primo metodo classico elaborato da uve Asprinio di Aversa.

I Borboni: spumanti Brut ed Extra Brut
Lo Spumante Brut I Borboni (Asprinio 100%) trascorre sei mesi in autoclave per affinarsi poi almeno 120 giorni in bottiglia. L’Extra Brut, invece, attende un anno in autoclave per la presa di spuma e un altro anno in bottiglia per l’affinamento.
Una spuma vivace e persistente contraddistingue questi spumanti di qualità dal colore giallo paglierino e da sentori agrumati, citrini e fruttati. Il palato, stuzzicato piacevolmente dalle fini bollicine, è colto da freschezza, mineralità e sapidità che ben accompagnano la tipica cucina locale della Campania.
L’Asprinio è elaborato anche nella versione ferma. “Vite Maritata” e “Santa Patena” sono altri due successi dei Numeroso che realizzano anche un’etichetta passita dell’autoctono in questione. L’appassimento sui graticci per circa 60 giorni e l’affinamento prima in botti di ciliegio e poi in acciaio conferisco ad “Ebro” – questo il nome della versione passita – un colore dorato acceso, tendente all’ambrato con profumi di miele, albicocca secca e scorze d’agrume. In bocca è equilibrato, fresco, per nulla stucchevole, che invita ad un ulteriore sorso.
I Borboni S.r.l.
Via E. de Nicola 7, – Lusciano (CE)
Sito web
Fattoria Alois di Pontelatone

Degustata la loro etichetta di punta “Caiatì” ottenuta da Pallagrello bianco in purezza, ci siamo concentrati su “Trebulanum“, vino elaborato con l’antico vitigno Casavecchia.
La tradizione locale vuole che questo vitigno, caratterizzato da una cospicua presenta di antociani e tannini, sia stato rinvenuto in un vecchio rudere di Pontelatone tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo scorso. Da questa leggenda trae origine il nome Casavecchia perché chi, all’epoca, voleva bere quel vino lo indicava come il «vino di quella casa vecchia».
Grazie al progresso della mappatura genetica dei vitigni, si è stabilito che il Casavecchia non è il clone di nessun altro vitigno. Considerata la coincidenza della sua area di produzione del Casavecchia con l’antica località di Trebula baliniensis, il Casavecchia odierno potrebbe essere il discendente del vino bevuto dai soldati romani, il Trebulanum, tanto lodato da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia.©
Degustazione del Trebulanum di Alois, il vino dei soldati romani
Di questa idea è anche la famiglia Alois che ha dato al suo vino ottenuto da Casavecchia lo stesso nome del nettare romano. Nel calice, il “Trebulanum” sprigiona un rosso scuro ed impenetrabile con una marcata unghia violacea. Al naso è intenso e ampio: humus, foglie secche, carrube e liquirizia predominano su un fondo di frutti neri.
Al palato è forte, quasi rude, da studiare e comprendere. La trama tannica, levigata dal passaggio in legno di 18 mesi, lo rende un vino strutturato, di corpo, ricco in estratto da abbinare sicuramente a carni rosse e formaggi stagionati.
Questi due vitigni sono simboli di una terra che, nonostante le difficoltà e le avversità, resiste e che, come il vino ottenuto da queste uve, ha tutte le carte per emergere e vincere.
Fattoria Alois
Via Ragazzano, loc. Audelino – Pontelatone (Ce)
Sito web