Cibo

Maiorchino, la bontà frutto di un passato lontano

Un formaggio tipico siciliano come paradigma delle eccellenze alimentari italiane. 

Tra le vallate dell’Appennino siculo in provincia di Messina, si nasconde il Maiorchino un formaggio incredibile che racconta storie di un passato lontano di fatica e di passione. Esso ci può insegnare il valore dei piccoli prodotti alimentari dell’Italia, spesso “nascosti” ma forse – proprio per questo – più speciali.

Formaggio Maiorchino, storia e caratteristiche
Formaggio Maiorchino, stagionato due mesi (Foto © Luca Lundari.)

Formaggio Maiorchino, origini e storia

Probabilmente antichissimo, il Maiorchino appare per la prima volta nel 1600 d.C. in collegamento alla “Sagra della maiorchina”, una festa che si svolgeva in Sicilia tra i monti Peloritani e i Nebrodi. Tra le varie attrazioni, i pastori partecipavano alla “ruzzola” ossia una gara che consisteva nel far rotolare delle forme rotonde di formaggio lungo le strade in pendenza dei paesini.

Il nome del formaggio si ipotizza che possa provenire dal termine “maiorca”, una varietà di frumento che veniva tradizionalmente somministrato alle greggi per ottenere il latte necessario alla produzione del Maiorchino.

Formaggio Maiorchino, storia e caratteristiche
La ruzzola, tipica forma di Maiorchino (Foto © Siciliainfesta.com).

Caratteristiche e tecniche di produzione

A base di latte crudo, per metà ovino e metà vaccino, il Maiorchino – oggi presidio Slow Food – viene lavorato in modo simile ad altri formaggi a pasta dura stagionati come il Parmigiano Reggiano. La principale differenza è che viene lavorato interamente a mano come vuole la tradizione.

Il latte viene scaldato nelle “quarare”, le tradizionali caldaie di rame, poi cagliato, bucato con un’asta di ferro chiamata “minacino”, ricompattato ed infine “manu pressum”, pressato a mano.

Dopo una salagione di trenta giorni, le forme vengono fatte stagionare sottoterra per un periodo che va dai sei ai ventiquattro mesi.

La vera difficoltà nel produrre il Maiorchino risiede nella scelta del tipo di pascolo. Le greggi, infatti, vengono lasciate libere di nutrirsi con quanto offre il paesaggio affinché il loro latte assorba le caratteristiche della vegetazione e mantenga il caratteristico aroma erbaceo, di buona sapidità e con sfumature amare di noci e frutta gialla.

Formaggio Maiorchino, storia e caratteristiche
Pressatura del Maiorchino (Ph © Luca Lundari).

Nonostante la sua bontà, oggi il Maiorchino è un’eccellenza in via d’estinzione in quanto sono pochissimi i produttori che si dedicano alla sua lavorazione con i metodi classici; quasi tutti deciso di rifiutare i metodi di produzione imposti dall’Indicazione Geografica perché considerati invasivi e non rispettosi della tradizione.

Uno di questi è Mario Mirabile che produce formaggio a Santa Lucia del Mela, in provincia di Messina. L’artigiano ha riscoperto metodi antichi e si è staccato dalla protezione delle denominazioni. «Purtroppo è un prodotto che richiede molto lavoro – afferma Mirabile – e questa tradizione si è andata a perdere per via dei troppi sacrifici necessari. Però ho visto l’occasione di poter far rinascere qualcosa di qualità».

Tutelare i prodotti attraverso forme di protezione giuridica è importante in un mondo globalizzato, ma spesso si tende a perdere di vista ciò che realmente rende un prodotto unico.

I nostri territori nascondono tesori imperdibili che restano all’ombra proprio per restare fedeli alla tradizione: spetta a noi, consumatori e curiosi, esplorare fino in fondo l’Italia e dare visibilità a quelle specialità che non sono adatte ad essere tutelate alla maniera moderna.


Solo per i lettori de La Gazetta del Gusto, proponiamo, un’esclusiva ricetta di ravioli con ripieno di Maiorchino.

Ravioli con ripieno di Maiorchino, pesto di pistacchi e finocchietto selvatico

Tipologia del piatto: primo piatto
Stagionalità: estate-autunno

Formaggio Maiorchino, storia e caratteristiche
Ravioli di Maiorchino (Foto © Luca Lundari).

Ingredienti per pasta all’uovo

  • 200 grammi farina 00
  • 2 uova intere
  • 10 grammi albume d’uovo

Ingredienti per ripieno

  • 200 grammi ricotta
  • 20 grammi Maiorchino
  • 15 grammi tuorlo d’uovo
  • origano secco
  • sale
  • pepe nero

Ingredienti per emulsione all’olio d’oliva

  • 50 grammi olio extravergine d’oliva
  • cipolla
  • aglio
  • 25 grammi acqua

Ingredienti per pesto di pistacchi

  • 100 grammi Pistacchio Verde di Bronte D.O.P.
  • 70 grammi olio di semi
  • 110 grammi acqua
  • 5 grammi aceto di vino bianco
  • 20 grammi prezzemolo
  • 30 grammi finocchietto selvatico
  • sale

Ingredienti per guarnizione

  • Finocchietto selvatico
  • Pistacchio Verde di Bronte D.O.P.
  • Maiorchino
  • 1 limone Verdello
  • pepe nero

Preparazione

  1. Impastare la farina, a fontana, inserendovi le uova sbattute e amalgamando; far riposare l’impasto, una volta ben liscio e omogeneo, almeno per il tempo di lavorazione, coperto con pellicola alimentare e in frigorifero.
  2. Frustare vigorosamente in una boule la ricotta con il Maiorchino grattugiato, il tuorlo d’uovo e l’origano, aggiustare di sale e macinare abbondante pepe nero; inserire il composto in un sac à poche.
  3. Frullare i pistacchi inserendo a filo l’olio di semi, poi l’acqua e infine l’aceto; sbollentare il prezzemolo e il finocchietto, raffreddarli in acqua e ghiaccio e frullarli con i pistacchi. Aggiustare di sale e inserire il composto in sac à poche, lasciandolo riposare in frigorifero.
  4. Tritare grossolanamente la cipolla e l’aglio dopo averli mondati, stufarli nell’olio d’oliva e filtrare il tutto con uno chinois, conservando solamente l’olio.
  5. Tirare la pasta molto sottilmente, copparla, inserirvi del ripieno e chiudere dei piccoli ravioli con l’ausilio di poco albume d’uovo.
  6. Cuocere qualche secondo i ravioli in abbondante acqua bollente salata; scolarli, prelevare 25 g di acqua di cottura, aggiungerla all’olio d’oliva tenuto da parte ed emulsionare.
  7. Salsare i ravioli con l’emulsione appena fatta; porre delle piccole gocce di pesto di pistacchi sul fondo del piatto e impiattarvi sopra 10 ravioli ben caldi.
  8. Porre una goccia di pesto su ogni raviolo; guarnire il piatto con dei rametti di finocchietto selvatico, della granella di pistacchi posta in modo da formare dei piccoli segmenti, del maiorchino grattugiato, della scorza di limone verdello grattugiata e del pepe macinato.

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Luca Lundari

Dopo la maturità classica, mi sono diplomato ad ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di Gualtiero Marchesi con la migliore tesi del corso e ho lavorato come cuoco anche in ristoranti stellati. Studio Lettere Moderne all’Università e mi interesso di letteratura, arte, cinema e cross-medialità. Scrivo a tempo perso e per farmi battere forte il cuore.

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