I migliori piatti da gustare tra Emilia e Romagna

Anche all’estero ormai è riconosciuto che, per mangiar bene e di gusto, l’Emilia Romagna è tra le prime in classifica. Scopriamo alcune delle tipicità gastronomiche di questa regione felice e molto varia sotto diversi punti di vista.

Se si parla di buona cucina e di mangiar bene, una delle prime regioni italiane che viene in mente è l’Emilia Romagna, una terra che si coniuga con una serie di specialità: piadine, ragù, tortellini, cappelletti, mortadella, Parmigiano Reggiano, gnocco fritto, tigelle, ravioli dolci e altre ancora.

La piadina romagnola

Secondo la definizione, la piadina è “prodotto alimentare composto da una sfoglia di farina di grano, strutto o olio di oliva, bicarbonato o lievito, sale e acqua, che viene tradizionalmente cotta su un piatto di terracotta, detto teglia (teggia in romagnolo). Oggi più comunemente viene si cuoce su piastre di metallo oppure su lastre di pietra refrattaria chiamate testo (tëst in dialetto)”. La piadina che ha tipica forma a mezza luna può essere farcita in base a diversi gusti; nella specialità romagnola si prepara con squacquerone, un formaggio morbido che si sposa bene con rucola e prosciutto crudo. In sostituzione si può usare il crescione che accompagnato dalle bietole dona fibrillazioni alle papille gustative. Se poi si associa alla bontà della piadina la bellezza di un bel paesaggio – come quello che offre una vacanza a Milano Marittima – tutti i cinque sensi ringrazieranno.

Lo gnocco fritto

Che dire poi dello gnocco fritto che ha la sua punta di forza nello strutto di maiale? Accompagnato ai salumi tipici dell’Emilia Romagna e a un buon bicchiere di rosso emiliano, lo gnocco fritto è un’autentica goduria. Il suo essere unto, dopo essere passato nell’olio caldo, è il viatico verso la felicità degustativa.

La tigella, principessa della tavola

Se lo gnocco e la piadina sono re e regina della tavola emiliana, il posto di principessa spetta in modo indiscusso alla tigella che, nel modenese viene chiamata crescentina, e rappresenta l’esempio di una consuetudine famigliare e contadina rimasta inalterata nel tempo. Ed è proprio in un tempo lontano che si deve trovare l’origine della tigella il cui nome indicava piccoli dischi in argilla purissima prelevata nei campi coltivati a castagneti, che veniva miscelata con una speciale terra e acqua, confezionata in dischi, e infine cotti nella cenere infuocata. Oggi la tigella indica una sorta di panino alternativo che va mangiato ancora caldo e gonfio di prosciutto e formaggio.

Cappelletti, tortellini e altre leccornie

Cappelletti e tortellini – specie se cotti in brodo – sono il simbolo della cucina romagnola. Dal ripieno variegato – carne, ricotta, spinaci e zucca – la pasta ripiena romagnola è un must in pranzi e cene, anche in estate e anche in riva al mare.

Lo sa bene chi ama trascorrere una vacanza a Milano Marittima o in Romagna dove è possibile assaporare prodotti tipici accarezzati dalla brezza del mare. Irrinunciabili sono gli strozzapreti fatti a mano – conditi con sugo di pomodoro, salsa di verdure, ragù di salsiccia, prosciutto o funghi porcini –  e il formaggio di fossa, piccante e saporito dal gusto forte. Come la trippa a base di stomaco di manzo bollito servito al pomodoro (con olio, limone, vino Sangiovese, sedano, carota, cipolla, peperoncino, sale e pepe) o  alla parmigiana con salsa di pomodoro e abbondante aggiunta di formaggio grana. Pietanze che saranno bagnate dagli ottimi vini made in Emilia Romagna.