Cibo

Olive ascolane, la golosità marchigiana tra storia e leggenda

Sono croccanti fuori, morbide e saporite dentro, grazie al ripieno a base di carne, pangrattato e noce moscata. Dagli aperitivi alla tavola delle feste, le famose olive ripiene hanno conquistato il mondo.

Storia delle Olive ascolane, la golosità regina dei buffet
Olive ascolane (Foto © Barbara Burattini).

Croccanti e dall’inconfondibile retrogusto amarognolo, le olive all’ascolana sono uno dei finger food più golosi e apprezzati durante gli aperitivi, i buffet o come antipasti. Nelle Marche, la regione dove sono nate, si presentano anche sulla tavola dei giorni di festa, generalmente accompagnate da altri fritti come carne d’agnello, crema e verdure in pastella.

Legate ad Ascoli Pceno, cittadina in travertino a sud delle Marche, si preparano utilizzando olive verdi della varietà “ascolana tenera” che vengono farcite con un ripieno a base di carne, pangrattato e noce moscata, prima di essere fritte.

Le antenate delle olive all’ascolana

Per conoscere le origini di questa tipicità marchigiana bisogna tornare indietro di molti secoli, ai tempi dell’antica Roma quando l’oliva tenera costituiva il cibo dei legionari durante i lunghi spostamenti. Il percorso per raggiungere il Mar Adriatico da Roma, avveniva attraverso la via Salaria adornata da numerosi uliveti, piantati nei pressi di depositi di sale.

Durante le abbondanti piogge capitava che, dagli alberi, le olive cadessero in vasche di sale a loro volta piene di acqua piovana. I Romani si accorsero che questa “salamoia” naturale rappresentava un ottimo sistema di conservazione delle olive, e dei cibi in generale, e iniziarono a praticarla con costanza.

Va anche detto che negli scritti di Catone, Varrone, Marziale e Petronio si ritrovano decantate le lodi delle olive e addirittura Petronio le cita come un ingrediente immancabile sulle tavole di Trimalcione.

Nel ‘500, sono gli archivi dei monaci benedettini a fornirci notizie sulla coltivazione, raccolta e utilizzo delle olive da tavola nell’ascolano. Alcuni autori, inoltre, hanno descritto il trattamento a base di calce e potassa delle olive che, private del nocciolo, venivano chiamate “giudee” per essere senz’anima.

Il ripieno delle olive, dalle origini ai nostri giorni

Le origini delle olive ripiene all’ascolana, così come le conosciamo oggi, risalgono agli inizi del XVIII secolo. In quel periodo, nelle case dei nobili la carne era molto abbondante perchè veniva regalata dai contadini ai loro padroni. Per evitare di sprecare la carne in eccesso, i cuochi pensarono di impastarla in un ripieno con cui farcire le olive.

Bisogna aspettare il 1875 per assistere alla grande notorietà delle olive ascolane al di fuori dei confini locali, grazie all’ingegnere Mariano Mazzocchi il quale ne avviò la produzione e la commercializzazione.

Oliva Ascolana del Piceno Dop: un’eccellenza certificata dalla Dop

Le Olive ascolane da Ascoli Piceno al mondo
 Olive ascolan (Foto © Massimiliano Bachetti).

La tradizione richiede che l’ingrediente principaledelle olive ascolane sia l’oliva tenera del territorio ascolano ma non sempre questa regola è stata rispettata. Spesso, infatti, l’ascolana è stata sostituita con la cugina greca che si presenta più grande, più economica e facilmente reperibile. Stessa sorte è toccata al ripieno, spesso allungato con troppo pangrattato per sopperire ai costi della carne.

Per salvaguardare la varietà “ascolana tenera” del genere Olea europaea sativa, coltivata nel territorio che va da Ascoli Piceno a Fermo e Teramo, nel 2005 è stata ottenuta dall’Unione europea la concessione del marchio Dop.

Nel 2017 le imprese produttrici hanno fondato il Consorzio di tutela e valorizzazione “Oliva Ascolana del Piceno Dop” che riunisce una trentina di imprenditori tra produttori, allevatori, trasformatori e confezionatori.

A spiegarci la preparazione dell’oliva ascolana è Massimiliano Bachetti, titolare dell’azienda Specialità dei Piceni. L’imprenditore spiega che, in base al Disciplinare, le olive vengono raccolte a mano nel periodo che va dai primi di settembre a metà ottobre e nel territorio indicato dal Disciplinare stesso. Quindi vengono sottoposte ad un processo di deamarizzazione per attenuare il gusto troppo acido e amaro.

Dopo questa prima fase, i frutti vengono denocciolati e farciti con un impasto di carni bovine, suine e con una piccola percentuale di pollo o tacchino. Si aggiunge Parmigiano stagionato, noce moscata e chiodi di garofano. Inserito l’impasto nelle olive, esse vengono lasciate riposare per qualche ora, quindi infarinate, passate nell’uovo, nella farina e nel pangrattato per poi essere fritte.

Curiosità

Tra le massaie marchigiane, vi è una vera e propria gara nell’eseguire il famoso taglio “a spirale”, tipico delle vere olive ascolane. Queste artigiane, infatti, inorridirebbero alla sola idea di usare olive denocciolate in un’altra maniera.

Articolo di Barbara Burattini

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