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L’arte casearia a Pantelleria: la tumma e la ricotta

L’isola siciliana da millenni si dedica all’agricoltura e ad una discreta attività di pastorizia. Tra i prodotti derivati del latte, ce ne sono due che custodiscono saperi antichi e arricchiscono la cucina pantesca

Come si producono la Tumma e ricotta di Pantelleria
La tumma pantesca (Foto © Antonio Lodedo).

L’arte casearia è una delle virtù dell’Italia. Non c’è regione ove non si producano formaggi Dop, Igp, PAT, STG o semplicemente (e straordinariamente) “locali”, veri portavoce del territorio.

Esempi pregevoli di questa artigianalità sapiente, si trovano anche oltrepassando il canale di Sicilia, sull’isola di Pantelleria, cima di un grande vulcano sommerso che, dalle profondità marine, fa capolino nel bel mezzo del Mar Mediterraneo.

Pur trovandosi a 110 chilometri circa dalle coste siciliane e a soli 70 circa da quelle tunisine, Pantelleria non è un’isola di pescatori come si potrebbe pensare bensì un luogo in cui l’uomo, nel corso di secoli e millenni, si è dedicato prevalentemente all’agricoltura.

Pantelleria tra agricoltura e (poca) pastorizia,

Il terreno vulcanico, aspro e scosceso, occupato per lo più dalle viti di zibibbo, dall’ulivo della locale cultivar Bincolilla e dalle piante di cappero Igp non ha consentito lo sviluppo di pascoli ove praticare l’allevamento del bestiame.

Un allevamento di vacche a Pantelleria (Foto © Antonio Lodedo).

Le stesse condizioni meteo, con le torride temperature che caratterizzano i mesi estivi, lasciano al poco foraggio presente brevi periodi per poter crescere senza seccare. Tuttavia questo non ha impedito ai panteschi di possedere bovini e caprini, anche se in numero inferiore rispetto ad altri animali come l’asino e il maiale, e di praticare una discreta attività di pastorizia. I bovini, infatti, venivano utilizzati sia come forza lavoro che in quanto fornitori di carne e latte.

Tumma e Ricotta di Pantelleria: tradizione e artigianalità

Se è vero che, oggi, sull’isola di Pantelleria sono pochissimi gli allevamenti che contano più di una decina di capi, da sempre, è molto comune che le famiglie possiedano almeno un bovino o qualche capra, dal cui latte si ottengono i due prodotti caseari tipici dell’isola: la Tumma pantesca e la ricotta.

La produzione di Tumma e ricotta di Pantelleria è frutto di pratiche tradizionali, tramandate di padre in figlio, che sopravvivono integre tanto nelle case quanto nei pochissimi caseifici che riforniscono negozi e supermercati dell’isola.

La Tumma pantesca: caratteristiche e produzione

Ottenuta da latte vaccino crudo appena munto, oppure lievemente riscaldato se trattasi della mungitura serale adoperata la mattina seguente, la Tumma è un formaggio fresco, appena incanestrato.

A casa della signora Donatella, pantesca doc, la cui famiglia produce la Tumma tradizionale da decenni, assistiamo alle fasi di lavorazione di questo cacio che raccoglie in sé profumi, aromi e gusti tipici della materia prima, privi di evoluzione e affinamento.

Al latte crudo, con temperatura vicina a quella di mungitura, viene aggiunto il caglio liquido acquistato in farmacia e si attende l’affioramento della cagliata che, mediamente, avviene dopo una trentina di minuti o poco meno.

Tumma di Pantelleria
L’affioramento e rottura della cagliata e  un canestro di Tumma (Foto © Antonio Lodedo). 

A coagulazione avvenuta si provvede alla rottura della cagliata in pezzettini di dimensione medio-piccola, tali da favorire lo spurgo del siero, mantenendo tuttavia una discreta quantità di acqua fra le maglie della cagliata. Raccolti con un mestolo, i pezzi della cagliata vengono versati in piccoli canestri di plastica bianca, al fine di favorirne lo spurgo residuo del siero presente e favorire l’assunzione della tipica forma cilindrica.

Dopo un paio di rivoltamenti delle formaggelle all’interno dei canestri, ed eliminato il siero fuoriuscito, il peso può variare da 300 grammi circa fino a un chilo ciascuna. La Tumma così ottenuta è pronta immediatamente per il consumo che deve avvenire entro un paio di giorni trattandosi di un prodotto fresco ottenuto da latte crudo.

Tumma pantesca, ecco come si produce
Rivoltamento delle formaggelle di Tumma (Foto © Antonio Lodedo). 

Al fine di aumentarne la conservabilità e conseguente sapidità, si può anche provvedere ad una prima salatura: in tal caso, non si parlerà più di Tumma ma di primo sale.

Con una successiva, seconda, salatura si procede alla stagionatura del formaggio; questa fase, per le formaggelle, durerà mediamente 20 o 30 giorni e si otterrà un prodotto più compatto, saporito e dal colore tendente al giallo paglierino carico. Questo formaggio viene utilizzato anche da grattuggia.

La Tumma fresca ingloba i sentori olfattivi e gustativi del latte fresco; essi possono arricchirsi in intensità e complessità nel periodo che va dall’autunno alla primavera, nel caso di un’alimentazione al pascolo o comunque a base di erba fresca tagliata e portata nelle stalle.

L’utilizzo in cucina della Tumma di Pantelleria

La Tumma si può mangiare così com’è oppure condita con sale, pepe e olio EVO; può essere, inoltre, l’ingrediente di base a cui aggiungere acciughe, capperi, pomodori, verdure sottolio o condita a piacimento. Uno dei piatti in cui è protagonista sono i Ravioli amari, ripieni di Tumma che può essere insaporita con erbe aromatiche e menta. La pasta, poi, può essere condita con sughi di pomodoro o a base di carni diverse. Diversi, invece, sono i ravioli dolci, contenenti ricotta, zucchero e cannella.

La Tumma fresca è reperibile a Pantelleria tutto l’anno ma la richiesta si impenna vertiginosamente durante l’estate con la presenza dei turisti. Quella stagionata, invece, si trova solamente in inverno perché in estate si consuma tutta la produzione fresca e non rimangono quantitativi da destinare alla stagionatura che richiederebbe, peraltro, spazi ben più ampi di quelli esistenti nei piccolissimi caseifici presenti.

Ricotta di Pantelleria, una squisita tipicità

Ricotta fresca di Pantelleria
Ricotta fresca di Pantelleria (Foto © Antonio Lodedo). 

L’altra preparazione tipica della tradizione casearia pantesca è, invece, la ricotta. Ancora oggi nella produzione per uso familiare, il latte viene portato a ebollizione con aggiunta di acqua di mare filtrata, vera peculiarità della ricotta tradizionale pantesca. La quantità di latte varia in base alla produzione dall’animale, alla razza e alla temperatura esterna.

L’acqua di mare, che svolge la funzione del caglio, viene raccolta da ogni famiglia nei punti dell’isola dove è più limpida e cristallina. Dopo la sua aggiunta, la temperatura del latte viene mantenuta al di sotto del punto di ebollizione e controllata mediante il rabocco con acqua dolce fredda, in quantità variabile a seconda della quantità di latte impiegata.

Tumma e ricotta di Pantelleria
Aggiunta di acqua dolce fredda (Foto © Antonio Lodedo). 

L’affioramento della ricotta, indica che è giunto il momento della sua estrazione: mediante mestoli forati, viene prelevato il prodotto e riposto in canestri di plastica di piccole dimensioni.

Prelievo della ricotta affiorata e inserimento nei canestri (Foto © Antonio Lodedo). 

L’utilizzo della ricotta pantesca, al di là del classico prodotto fresco da tavola, è una componente della pasticceria, dei dolci e del gelato ma viene molto utilizzata anche per la preparazione di primi e secondi piatti.

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Antonio Lodedo

Giornalista con la passione per l’analisi sensoriale, Sommelier e Degustatore Ufficiale AIS, Maestro Assaggiatore ONAF e Assaggiatore di oli EVO. Mi occupo di enogastronomia quale sintesi di territorio, tradizioni, lavoro, prodotti tipici, storia, cultura, ma anche amicizia, studio, divertimento, viaggi e allegria.

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