Campania Dove mangiare

Una “Genovese” dal cuore napoletano

Al 53 di Napoli: Angelo Martino ci racconta la sua Genovese
Gli ziti alla genovese del ristorante Al 53 di Napoli (Foto © Giovanni Caldara).

Il piatto iconico partenopeo raccontato dall’oste Angelo Martino dello storico Ristorante Al 53 di Napoli 

La Genovese è quella grande ricetta della cucina napoletana che ben si presta al racconto sui valori immateriali che scorgiamo dietro a ogni grande piatto della tradizione. Specie a partire da quelle preparazioni che vengono gustate dopo una lunga e sapiente preparazione. Parliamo della mitica cucina della nonna ma anche di una tavola guidata da un oste sensibile e appassionato come Angelo Martino che dal suo Ristorante Al 53 di Napoli, nella centralissima piazza Dante, accoglie ogni cliente con il calore di un’ospitalità che sa di casa.

La parmigiana di melanzane del locale partenopeo (Foto © Giovanni Caldara).

Ristorante Al 53 di Napoli: l’accoglienza che sa di casa

Questo ragù bianco – perché preparato senza pomodoro – a base di cipolle e carne diviene l’immagine perfetta, secondo Angelo Martino, di quella cucina vera che è anzitutto un atto d’amore:

«Perché quando dedichi del tempo a una persona, già allora dovresti ricevere un applauso. Perché il tempo che ti è stato dedicato, dall’oste come dalla tua mamma, è forse la risorsa più preziosa. Il profumo che si leverà dalla cucina sarà del tutto particolare. E se certo la Genovese tu proprio non riuscirai a non sentirla, questo dipende dal fatto che lei vuole essere sentita. In tutti i sensi. Senza mai dimenticare quel che diceva il grande Eduardo De Filippo: il mangiare non puzza mai, è la fame che puzza».

Angelo Martino, proprietario del ristorante Al 53 di Napoli (Foto © Giovanni Caldara).

«Gli ingredienti sono molto semplici – prosegue Angelo – e hanno nomi e cognomi: la cipolla ramata di Montoro, reperibile a costi accessibili solo in alcuni periodi dell’anno, oppure la cipolla bianca. Su una base di sedano, cipolle e carote si prepara una sorta di stufato con olio extravergine d’oliva. In provincia con la carne di maiale, a Napoli soprattutto di manzo. Noi utilizziamo la “corazza”, il biancostato di reale che è un taglio molto saporito, e che cuociamo a fiamma quasi spenta. Per quante ore? Beh, il tempo è relativo, ma è comunque un tempo importante: attorno alle 4, alle 4 ore e mezza, variando di taglio in taglio ed essendo il criterio da considerare il raggiungimento del grado di scioglievolezza».

Questo piatto deve presentare una considerevole parte di carne, «che deve essere pronunciata – sottolinea più volte l’oste-patron del 53 –  e ben identificabile». La gusteremo insieme agli ziti spezzati a mano, i cui micro frammenti lasciati cadere nel sugo che cuoce creeranno dei micro-accumuli di amido che pian piano si scioglieranno aiutando il sugo ad addensarsi.  

I fritti della tradizione (Foto © Giovanni Caldara).

«La fortuna del ragù partenopeo – è il saluto di Angelo Martino al termine di una sosta dove è bello pensare di poter tornare – è che dopo una così lunga preparazione questo viene portato al centro della tavola così da goderne con tutta la famiglia. Questo è infatti un piatto unico che “libera” la persona che l’ha preparato, dal momento che finalmente e dopo tante ore, ma anche nei giorni successivi, il suo “creatore” potrà sedersi e mangiarlo insieme a te».

Ristorante Al 53
Piazza Dante, 53 – Napoli
Tel. +39 081 5499372 – Facebook.com/ristoranteal53

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Giovanni Caldara

Cronista di cose buone e talvolta di altre un po’ meno. Ispettore per alcune guide gastronomiche. Bergamo gli diede i natali. Ama Venezia, le montagne, la musica e il Settecento: di quello prima, però, che rotolassero teste. Tra le testate, invece, con cui collabora o ha collaborato: Avvenire, Civiltà del Bere, Elle (Gourmet), Il Giornale.it.

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