Nel borgo medievale di Vieste (FG), sorge il Ristorante La Ripa, un locale curato dove si viene conquistati dalla cucina briosa del giovanissimo chef patron Andrea Miacola. Ci siamo stati e lo abbiamo intervistato.
Penisola nella penisola, il Gargano è silloge di montagna, silente foresta, paesi ricchi di agrumi, rocce a picco sul mare. Il Gargano è quell’angolo di Puglia creativo, pieno di arte, di paesaggi, di squarci che affascinano, emozionano e di quella gastronomia “opulenta” nel suo essere frutto di una umile quotidianità.
E così, a Vieste, camminando per i vicoli del quartiere medievale, si è avvolti da profumi inebrianti, capaci di rapire i visitatori e di riportare indietro nel tempo i natii di queste zone che vi fanno ritorno, specie nel periodo estivo. Un paese che narra in ogni suo angolo l’anima più profonda di questa gente, lo spirito di operosità degli abitanti, il loro saper massimizzare le inenarrabili meraviglie del promontorio.
Si tratta, tuttavia, di testimonianze non solo “tangibili” e architettoniche, ma anche enogastronomiche, espresse in una cucina che, a mo’ di enciclopedia, racconta le influenze orientali attraverso aromi, colori e sapori. Ed è proprio a pochi passi dalla Chianca amara (pietra simbolo dell’eccidio corsaro) che sorge il Ristorante La Ripa, nel quale vale la pena imbattersi per rimanere colpiti non solo dall’ambiente curato, ma anche dalla cucina briosa del giovanissimo chef patron Andrea Miacola.
Intervista ad Andrea Miacola
Profondamente innamorato della cucina, conta – nonostante l’età – importanti esperienze: dopo un periodo presso il Ristorante Il Cambio di Torino (a 19 anni), si forma prevalentemente all’estero presso importanti fornelli in Portogallo, a Londra e a St. Moritz, con il desiderio di maturare una propria visione. Un’ottica che definire fusion appare riduttiva e inadeguata; è, di contro, una filosofia figlia di un percorso di crescita progressivo, sentito e vissuto: non si tratta di un mero impiego di spezie d’Oriente o alghe, ma di una differente impostazione concettuale dei piatti. Andrea, infatti, riesce a stupire con dosate contaminazioni, talvolta di materia prima, talaltra di riuscito connubio tra cucine apparentemente distanti.
Il suo menù, dunque, è di rara eleganza, mediata dall’animo sincero del giovane Andrea, dal suo essere spontaneo, ma di una spontaneità genuina che si ritrova in preparazioni in grado di catturare anche i palati più esigenti. Grazie al supporto e alla lungimiranza dei genitori, lo chef è riuscito progressivamente a portare nella sua città natale un proprio stile, fatto di dosata esuberanza, di buona esecuzione tecnica e di pathos. Piatti puliti nella nitidezza dei sapori, nella progressione aromatica che lasciano sapientemente spazio ad un impulso ancora “fanciullesco”, ma piacevolmente “acerbo” delle preparazioni.
Come sei riuscito a coniugare questa tua passione per l’Oriente con la cucina pugliese?
Ho cercato un filo conduttore nell’armonia, anche se è sempre difficile farlo apprezzare ad un pubblico ancora troppo legato alla tipicità dei nostri piatti regionali.
E come sei riuscito, nel tempo, a invertire questa tendenza?
Ho iniziato da amici e parenti, ai quali sottoponevo alcune mie ricette; poi queste sono diventate delle entrée o dei mini assaggi offerti nel corso del pasto ai clienti.
Come curi la selezione della materia prima?
Cerco di approvvigionarmi presso i mercati locali, mentre i formaggi derivano direttamente dall’azienda agricola di famiglia. Alcune paste vengono realizzate in casa, altre le acquisto presso piccoli pastifici; per me è importante offrire alla clientela non solo una ricetta buona, ma anche “genuina”.
Esiste un piatto che più ti rappresenta?
Si, il coniglio che portai anche in uno dei concorsi cui ho partecipato. Si tratta di un coniglio grigio di Carmagnola, presentato in chiave salsata, con un brodo di pomodoro del Piennolo, sfumato con aceto balsamico bianco, finito con olio di pino. La cottura avviene in infusione con burro i cocco e zuppa tom-kha, tipica thailandese con lemon grass, zenzero, scalogno e funghi shitake.
Chi è la figura che più ti ha segnato in questo percorso?
Mia nonna, con i profumi ancora vivi della domenica, con il suo concetto di convivialità materna e affettuosa, con il suo saper essere unica…
Cosa voi trasmettere con i tuoi piatti?
Leggerezza nel gusto, novità negli accostamenti e una diversa interpretazione della tradizione.
Come inventi un piatto?
Per evitare disordine, parto dalla sapidità, poi intervengo sull’aromaticità e piccantezza nella realizzazione di una salsa o di un topping. Traggo ispirazione dalla tradizione, poi mediata dal mio stile.
Quanto conta per te la tecnica e quanto l’amore in cucina?
Per me, ciò che rende unica una cucina è solamente l’entusiasmo, il reso vien da sé.
La nostra degustazione
Del menu, abbiamo provato piatti davvero ben eseguiti, espressione di una cucina tradizionale profondamente interiorizzata. Da ricordare, ad esempio, la rivisitazione della storica “pasta alle cime di rapa”, proposta come dei tortiglioni freddi ripieni di cime di rapa, conditi con salsa di acciughe, acciuga cruda, chips di aglio con un q.b. di brodo aromatico e speziato. Si presenta “giocosa” nelle diverse temperature e consistenze, ben centrata negli accostamenti e dalla sorprendente pulizia finale, nonostante la presenza importante dell’acciuga.
E così, uscendo da La Ripa, si sente immediatamente il desiderio di farvi ritorno, per essere coccolati dall’ospitalità della famiglia, dall’ambiente caldo e dalla cucina autentica del giovane Andrea.
Ristorante la Ripa
in Via Cimaglia, 16 – Vieste (FG)
www.laripa.net