Lo chef Alessandro Rossi: «Villa Selvatico è la mia carta d’identità»

Nel ristorante interno alla bella villa palladiana di Roncade, il giovane chef toscano propone una cucina pulita ed equilibrata, frutto di ricerca e di tecnica fantasiosa. Senza eccedere in esasperazioni culinarie, gli ingredienti vengono accostati in modalità inconsuete conservando, nel contempo, sapori distinti.

Non è comune che uno chef e il suo ristorante siano tanto simili da esprimere la stessa armonia tra garbo e accoglienza, eleganza e design, alta cucina e piacere del convivio ma è quello che si verifica al Ristorante Villa Selvatico a Roncade dello chef Alessandro Rossi.

L’agiata località a pochi minuti da Treviso, si trova in un territorio vocato alla viticoltura fin dall’epoca Romana e della Serenissima ma è anche ricco di bellezze naturalistiche, culturali e architettoniche comprendenti numerose ville palladiane, oggi dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

Villa Selvatico a Roncade: un’accogliente oasi di charme

Tra queste oasi di charme e testimoni dell’antica opulenza cinquecentesca, rientra Villa Selvatico, scelta dallo chef di origini toscane per farne il teatro di un’ulteriore e coraggiosa tappa di una carriera già esaltante, a dispetto dei suoi 28 anni.

Sarà per l’eleganza architettonica, per il parco con alberi secolari e gli ampi prati oppure per le fontane zampillanti ma la sensazione è quella di entrare in un luogo progettato per l’ospitalità dove un’antica storia convive con un presente creativo e un futuro promettente.

Il rigore nelle forme, l’attenzione all’estetica e la tendenza alla perfezione rispecchiano il carattere del giovane titolare che, in territorio veneto, ha trasferito il suo piglio imprenditoriale, dopo numerose esperienze e successi in altre regioni. Qui esprime se stesso in tutti gli aspetti della gestione, avendo trovato l’ambientazione idonea per continuare a proporre una cucina di ricerca e sperimentazione senza mortificare la tradizione ma esaltandola.

«Un locale deve essere la carta d’identità del suo chef. – spiega – Non basta presentarsi solo attraverso i piatti ma la personalità deve esprimersi anche in sala, in cantina e nell’attività in generale».

Ristorante Villa Selvatico di Roncade

Due sono i complessi di Villa Selvatico, separati da un parco centario. Un fabbricato ospita una struttura ricettiva con 6 confortevoli camere da letto e l’altro è sede del ristorante a cui si accede attraverso una saletta d’ingresso arredata con un antico bancone da bar e una scaffalatura dal design contemporaneo.

A vista, una selezione di vini facente parte di una cantina con oltre 500 referenze, prevalentemente italiane, scelte personalmente dallo chef patron che, anche dal punto di vista della cultura enologica, mostra competenza e passione.

Tre le sale adibite alla ristorazione, di cui due al piano superiore, con interni in stile liberty, stucchi veneti e soffitti affrescati, pavimenti in marmo e lampadari di Murano. A dare un tocco di modernità, comode poltroncine e dipinti di modern art alle pareti.

I tavoli rotondi sono spaziosi e ben distanziati con una mise en place minimale, quasi assente, tipica di molti ristoranti di alta cucina. Probabilmente è una nuova scelta del design oppure un espediente per sollecitare l’attesa e la curiosità, come se si volessero presentare delle tele vuote da arricchire gradualmente con stoviglie e piatti da servire.

Chi è lo chef Alessandro Rossi

Nella storia dello chef toscano si mescolano determinazione e incomprensione, talento e serietà, capacità imprenditoriali e fortuna nel cogliere opportunità interessanti.

Classe 1991, Alessandro Rossi, ha trascorso in cucina la metà della sua vita. Studente all’alberghiero di Chianciano Terme (SI), inizia la gavetta a 14 anni incurante dell’opinione degli insegnanti che, ai genitori, riferiscono della scarsa attitudine per il lavoro in cucina. Decisamente si sbagliavano! I fatti hanno dimostrato il contrario e l’attuale titolare di Villa Selvatico non solo ha seguito con impegno i suoi sogni ma ha raggiunto traguardi prestigiosi in pochi anni.

Appena quindicenne diventa allievo di Gualtiero Marchesi nella cui cucina resterà oltre 4 anni per poi passare ad altre esperienze al fianco di grandi talenti come Filippo Germasi, Alessandro Dal Degan e Stefano Ciavatti da ognuno dei quali assorbe i segreti del mestiere ma anche il rigore e la capacità di fissarsi degli obiettivi chiari e coraggiosi.

«Sono state esperienze importantissime non solo dal punto di vista professionale. – racconta – Maestri come Marchesi o gli altri che ho avuto la fortuna di conoscere, trasmettono non solo competenze ma delle impostazioni tali che servono anche per la vita».

Arrivato a Firenze nel 2015, dopo un anno conquista una stella Michelin al ristorante La leggenda dei Frati. È la prima investitura formale delle sue capacità, culinarie e manageriali. Ma la crescita di un professionista si compie anche accettando nuove sfide ed è per questo motivo che lascia Firenze per approdare a Pienza (SI) dove affianca, per un periodo, Maurizio Abbate nel ristorante La Terrazza del Chiostro.

Nella primavera del 2017, con una socia, rileva Villa Selvatico e ne rivoluziona l’intera impostazione, dal lato della proposta enogastronomica e dell’accoglienza.

Una cucina “classica” (ri)vista con gli occhi di un coraggioso talento

La cucina di Alessandro Rossi si caratterizza per la pulizia e il grande equilibrio, frutto di una ricerca continua e di una tecnica attenta e fantasiosa. Pur senza eccedere in esasperazioni culinarie, gli ingredienti sono accostati in modalità imprevedibili e inconsuete conservando, nel contempo, i sapori distinti.

Il tentativo (riuscito) è quello di elevare la qualità di una materia prima eccellente senza stravolgerne l’essenza. È anche una cucina in cui si riversano esperienze e personalità del suo artefice, puntuale e rigoroso, formale e attento alle parole da utilizzare, come si conviene ad un perfetto padrone di casa.

«La nascita di un piatto – spiega – non avviene mai allo stesso modo. A volte si inizia a studiare e sperimentare partendo da taglio di carne o un pesce, acquistati sempre dagli stessi fornitori di fiducia e con i quali, da molti anni, si è instaurato un confronto costruttivo. Altre volte, invece, mi arrivano delle intuizioni spontanee su cui inizio a lavorare. È successo con un dolce a base di “Capperi, caffè e maggiorana” oppure in un altro con “Banana, caramello salato e alloro” in cui è stato divertente giocare con le consistenze».

Gli elementi distintivi che rendono riconoscibili i suoi piatti sono gli ingredienti semplici, quasi interamente di origine italiana, e la presenza assidua delle verdure inserite in molteplici varietà, forme e consistenze, adottando cotture particolari che ne mantengono caratteristiche organolettiche, proprietà nutritive e brillantezza dei colori.

L’estetica non viene mai trascurata; a volte è essenziale e “classica”, altre più scenografica come nel caso della “Cialda di orzo fermentato con kiwi, ravanelli e formaggio” che viene servita su un prato artificiale non edibile, del “Wafer di arachidi con crema e germogli di piselli” appoggiato su ciottoli di torrente e del “Cracker con miele di castagna e robiola di capra” portato in tavola da una mano in marmo.

Tutti questi apetizer sono una giostra di colori, sapori, consistenze e cotture diverse, bocconi preziosi che nascondono curiosità, ricerca e pazienza nella preparazione. Molto intrigante anche la “Spuma di patata con cioccolato bianco alla vaniglia, patata viola e tartufo”, ricetta quasi impalbabile e dal gusto dolce-salato.

Evidenti i legami alla tradizione, toscana innanzitutto ma a quella italiana in generale nei cui confronti Rossi esprime una decisa preferenza:

«Siamo in Italia e abbiamo la fortuna di avere una grande cucina basata su ingredienti di pregio e in grandissima quantità – dichiara orgoglioso – ed è questa appartenenza che mi piace valorizzare con il mio lavoro sia a tavola che dal lato del vino. Soprattutto qui in Veneto, sono grandi estimatori del vino, quasi più del cibo».

Un viaggio gastronomico dalla Toscana al Veneto, con tappe in tutta Italia

La sua Toscana si rivela innanzitutto nel cestino del pane che rappresenta la prima bella sorpresa alla tavola di Villa Selvatico grazie alla rara varietà negli impasti, tutti a lievitazione naturale. Lunghissimi e fragranti grissini, panini all’olio e al latte, pane integrale e focacce ai cereali condite con olio d’oliva Ceccatelli biologico di Greve in Chianti. Impossibile non lasciarsi tentare dal buonissimo Lardo di Colonnata che, spalmato sul pane, è piacevolmente speziato e dalla grassezza non predominante.

Sempre di influenze toscane si parla nel caso del “Finto pomodorino ripieno di pappa al pomodoro”, un boccone rosso corposo e succulento da degustare rigorosamente con le mani, e del “Crudo di manzo con carciofi, topinambur e aglio nero”.

Perfetta la preparazione del “Piccione toscano con nocciole e caffè”, un piatto difficilissimo per l’odore deciso e il gusto ferroso della carne; in questo caso, viene ingentilito dalle nocciole e dal caffè che ne caramellizza la superficie, esaltandone il sapore con una piacevole riduzione.

Non mancano i tributi al Veneto, generoso di prodotti tipici di acqua e di terra che vengono rielaborati da Rossi puntando su una cucina alta ma non eccessivamente estrosa. In questa esperienza, infatti, è necessario anche assecondare la clientela locale che «non è ancora predisposta a tendenze gastronomiche particolarmente spinte, restando più avvezza ad una rassicurante tradizione».

I “Fusilloni di Grano Felicetti con pollo, burro di Normandia, coriandolo e Parmigiano reggiano 36 mesi” sono un tributo all’artigianalità e alla corposità dei sapori. La pasta trasmette inevitabilmente una grande soddisfazione, edonistica oltre che collegata all’appetito; è parte della nostra tradizione ed è istintivamente rassicurante. In questo caso, l’intervento dello chef, la rende ultriormente protagonista di un “piatto felice” dalla strabordante generosità di aromi e sentori gustativi.

Sofisticato, laborioso e capace di utilizzare e valorizzare anche gli scarti è il “Fois gras con mazzancolle, invidia belga e salsa di frutto della passione”. Il fegato viene scottato in padella prima di essere aggiunto ai crostacei, a loro volta insaporiti per effetto di una cottura nel sugo preparato con le loro teste. Il retrogusto amarognolo dell’invidia belga si sposa perfettamente con il gusto deciso del fois gras mentre ad ammantare il tutto di acidità e freschezza interviene il frutto della passione.

Altro esercizio tecnico e stilistico si ritrova nel “Rognone di coniglio”, cucinato in un ristretto vegetale e affiancato da ostriche, ravanelli croccanti e sale affumicato.

Preceduti da un “sorbetto di piña colada e spuma al cocco” per ripulire il palato, i dolci sono una degna conclusione del pasto per fantasia e particolarità.

Accanto al menù alla carta, con 5 piatti per portata (antipasti, primi, secondi e dessert), il Ristorante Villa Selvatico propone 3 menù degustazione con 5, 7 e 9 portate con prezzi accessibili che vanno dai 65,00 ai 110,00 €. Ai menè, è possibile abbinare vini di grande pregio di provenienza nazionale, con poche incursioni di Francia e Germania.

Ristorante Villa Selvatico
Via Cà Morelli, 27 – Roncade (TV)
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