Dove mangiare Piemonte

Ristorante Albergo I Cacciatori, luogo di sosta e del cuore

In cucina c’è un binomio imbattibile: una donna forte e determinata, dal sorriso luminoso, e la sua stufa a legna i cui segreti sono tramandati da tre generazioni alle nuore di casa Milano. Ma la storia di questo locale è ancora più antica e ci porta indietro di due secoli, quando era un punto di ristoro sulla vecchia via del sale che dal Piemonte portava in Liguria

L'interno del Ristorante I Cacciatori a Cartosio (AL)
I Cacciatori a Cartosio: Ristorante e Albergo nel Monferrato (Foto © Ufficio stampa). 

C’è stato un tempo in cui il territorio tra la Val Bormida e la Valle dell’Erro, era un importante collegamento tra il Piemonte e la Liguria, dove passava l’antica via del Sale. Il solo punto di contatto tra il mondo dei pescatori e quello dei contadini. Ma anche l’unica via di percorrenza per i primi turisti del mare che, negli anni 50 e 60 del secolo scorso, risalivano l’Appennino per riversarsi sulle spiagge della riviera di Ponente.

Un territorio di passaggio, quindi, costeggiato da punti di ristoro dove si trovava una cucina casalinga e buona. Tra questi, c’era il ristorante – con annessa locanda – I Cacciatori di Cartosio, minuscolo borgo medievale a una manciata di km da Acqui Terme.

Poi è arrivata l’autostrada, che indubbiamente annulla le distanze ma priva i viaggiatori della gioia di una sosta di gusto. Molti degli storici locali lungo la vecchia strada hanno chiuso uno dopo l’altro, ma il Cacciatori resiste. Oggi è uno di quei luoghi del cuore dove si torna e ritorna per avere la certezza che quel pollo alla cacciatora sia fatto proprio così e quei tajarin di borragine al ragù sono sempre lì ad accoglierti, come amici ritrovati e mai dimenticati.

I Cacciatori a Cartosio (AL), 200 anni di storia di un’unica famiglia

I titolari del Ristorante I Cacciatori
I titolari Massimo Milano e la moglie Federica Rossini (Foto © Ufficio stampa).

Lo scorso novembre la famiglia Milano ha celebrato nientemeno che i 200 anni di gestione continuativa di questo locale che un tempo era semplice punto di somministrazione, durante il Ventennio si trasforma in Casa del Popolo, ma solo dopo la seconda guerra mondiale prende l’attuale fisionomia di ristorante e albergo.

In cucina, curiosamente, nelle ultime tre generazioni si sono susseguite solo donne che si sono tramandate di suocera in nuora (insolito sodalizio!) la cura e il sapiente utilizzo della imponente stufa a legna che dal 1952 sforna carni meravigliosamente arrostite a fuoco lento.

Oggi i segreti della stufa sono passati a Federica Rossini che, assieme al marito Massimo Milano, gestisce il ristorante e le dieci camere annesse. È lei l’anima della cucina: forte e determinata, ma con un sorriso luminoso, come un’antica vestale custodisce i segreti di quella stufa che col fuoco e dal fuoco dà forma e sapore alle sue squisite creazioni.

Massimo, invece, è la voce de I Cacciatori: è lui, infatti, che in sala racconta agli ospiti la bontà delle materie prime e la storia di questi luoghi, con particolare attenzione anche ai vini. Proprio per rendere al meglio i piatti del territorio, infatti, Massimo ha curato una selezione tra le cantine di Langhe, Roero e Monferrato.

Chi sono i proprietari de I Cacciatori a Cartosio
Federica è la regina della cucina mentre Massimo si occupa della sala e dei vini (Foto © Ufficio stampa). 

Un menù che spazia dal Piemonte all’Italia in generale

Ma la proposta esce anche dai confini del Piemonte e dell’Italia. Per i vini, ad esempio, si scelgono le migliori etichette, con incursioni anche nelle bollicine, affidandosi a fornitori seri e competenti come – tra gli altri – Pietro Pellegrini, di Pellegrini Spa.

E se Massimo ha la ristorazione nel DNA di famiglia, per Federica l’approdo finale in cucina è stata una scelta meditata frutto di un importante cambiamento.

«Avevo alle spalle una formazione umanistica e un master in analisi sensoriale. Quando ho deciso di imparare a cucinare sono partita da queste basi e mi sono fatta parecchie domande e molte ne ho rivolte ad altri. Mi è stato risposto di imparare da mia suocera perché la cucina non è una statica vecchia ricetta, ma un sapere che si tramanda».

I piatti del Ristorante I Cacciatori di Cartosio
Alcuni piatti del menù: da sinistra Tagliolini al ragù, Giardiniera, Melanzane e Crostata (Foto © Ufficio stampa). 

E la prima sfida di Federica è stata proprio la stufa che rappresenta una tecnica di cottura versatile: antica e contemporanea allo stesso tempo.

Quest’anno I Cacciatori si è conquistato la Chiocciola Slow Food, entrando nel circuito delle Osterie d’Italia grazie a un menu rigorosamente stagionale capace di esprimere al meglio tutte le risorse di queste colline, con piatti come il capretto di Roccaverano, cotto al forno con patate.

Senza trascurare le incursioni in terra ligure, dai tortelli di spinaci e ricotta al merluzzo con olive taggiasche e capperi. Indimenticabile nella sua semplice bontà è sicuramente la frittatina con l’erba San Pietro, un classico di queste zone agresti, e oggi un piatto sempre più raro sulle tavole dei ristoranti, visto che quest’erba spontanea cresce solo negli orti e solo nei mesi di maggio-giugno.

Chi viene a I Cacciatori vuole e sa di trovare una cucina espressa che guarda alla tradizione del Piemonte e dove anche i tempi di preparazione sono quelli di una volta, per rendere onore agli ingredienti. Il cavallo di battaglia della casa è proprio il pollo alla cacciatora, che richiede 40 minuti di lenta e paziente cottura sul piano di ghisa della mitica stufa a legna. L’ospite è avvisato e sa già che il risultato vale l’attesa.

«Ho dei clienti – conclude Massimo – che tornano qui proprio per il nostro pollo, perché lo hanno potuto assaggiare attraverso tre generazioni: quello preparato da mia nonna, da mia madre e adesso da mia moglie Federica».

Ristorante Albergo I Cacciatori
Via Moreno 30 – 15015 Cartosio (AL)
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Silvia Fissore

Milanese sotto la Mole, giornalista e pr. Nel 2007 sono entrata nel food come addetta stampa, col lancio di FoodLab, scuola di cucina torinese tra le prime a estendere l'impostazione professionale ai corsi amatoriali. Seguo l’ufficio stampa del Festival del Giornalismo Alimentare. Di Milano conservo la mente aperta e lo snobismo, a Torino devo la capacità di riflettere e ripartire da zero.

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