Ridi, Pagliaccio! Una cena funambolica nel grande ristorante romano

Il Pagliaccio Roma: abbiamo provato la Parallels Experience

Lo chef Anthony Genovese e il general manager Matteo Zappile danno vita a un format – Parallels Experience – che in 14 tappe e per non più di 6 ospiti tocca ingredienti, gusti e tecniche che dall’Italia si spingono all’Asia passando per la Francia

È all’emblematica figura del pagliaccio che s’ispira dichiaratamente, sin dal suo nome, uno dei ristoranti più importanti della Capitale ma anche di tutta Italia. Il Pagliaccio di Roma, che ha compiuto lo scorso anno i suoi primi 20 anni di vita, vive dell’estro – in carne e ossa – di Anthony Genovese, chef e co-patron insieme alla socia e amica Marion Lichtle, ma certo deve molto anche alla figura del clown richiamata in un quadro dipinto dalla mamma del cuoco e custodito nella sala principale del ristorante.

Il Pagliaccio Roma, ristorante di Anthony Genovese

Ed è del resto un’esperienza all’insegna della spiccata teatralità quella che il fortunato ospite vivrà all’interno delle mura austere di quest’antico palazzo che risale al 1502 nel pieno centro di Roma – siamo a due passi da Campo de’ Fiori e piazza Navona – e che trova nell’estro funambolico, come ci dirà il General Manager Matteo Zappile, altra figura chiave del ristorante, l’ispirazione chiave tanto per la cucina che del servizio di sala:

«Quella per il teatro è un’autentica passione, mia e dello chef. Il menu stesso, per dire, è ideato a partire da una sorta di canovaccio da commedia dell’arte dove alcuni punti fermi vengono mantenuti di sera in sera, per poi variare in ciascuna delle diverse serate e giungere però sempre allo stesso finale. Nei due menu degustazione Circus e Orme sono presenti alcuni piatti che vengono modificati in base alle preferenze, intolleranze e allergie del cliente ma dove il vegetale, in entrambi i casi, si ritaglia un posto di rilievo anche perché lo chef, dopo le proteine, da ormai due anni si sta concentrando su questo mondo, con grande divertimento e soddisfazione suoi e di tutti noi, dei clienti in primis».

Il General manager Matteo Zappile (Foto © Aromi.Group).

La brigata di cucina e il servizio di sala

Una brigata di cucina giovane e appassionata, composta da ben 14 persone. Un servizio di sala che ne annovera sei, cui se ne aggiungono altre due per quel fiore all’occhiello che è la Parallels Experience di cui presto parleremo.

Nel tempo il numero dei servizi è passato dai dieci a settimana fino agli attuali sei per i dieci tavoli che compongono il locale:

«Il nostro ristorante – prosegue Matteo Zappile – è difatti aperto dal martedì al sabato per la cena. Mentre il sabato siamo aperti anche a pranzo. Dopo il Covid è divenuto fondamentale mettere le persone dello staff al centro del nostro lavoro con lo scopo di avere un servizio migliore. Da una customer satisfaction siamo passati a una staff satisfaction: meglio sono trattati i membri dello staff, ancor più soddisfatti lo saranno, di conseguenza, anche i nostri clienti».

“Astarte sulle note di Gustave”, lime, sambuco e cocco (Foto © Aromi.Group).

La Parallels Experience dello chef Genovese

«Fosse per me viaggerei sempre, conoscere culture e mondi nuovi è una grandissima occasione di ricchezza».

Così esordisce lo chef Anthony Genovese. E sarà proprio un viaggio, scandito in ben 14 tappe gastronomiche, quello che attende l’ospite che sceglie la Parallels Experience, che si svolge in una sorta di micro ristorante – composto da un solo tavolo per un numero massimo di 6 coperti – ricavato all’interno del ristorante, in una sola sala, con un servizio a lei dedicato e che comprende ceramiche, calici, posate e tovaglioli appositamente realizzati. E dove appunto l’arte di questo ristorante premiatissimo (due stelle Michelin, ma anche insignito del premio di Miglior Servizio di Sala sempre dalla Rossa nel 2022) si esprime ai suoi vertici massimi.

Parallels Experience: il tavolo con solo sei coperti (Foto © Aromi.Group).

La cucina ispirata de Il Pagliaccio

Dal Mediterraneo all’Asia, passando per la Francia assaggeremo le creazioni di chef Genovese e dei suoi ragazzi che portano in tavola una cucina ispirata, sorretta da una grande tecnica mai però fine a sé stessa, piuttosto sempre orientata a una piacevolezza del gusto.

Tra i benvenuti citeremo il “Cannolo con foglia di shiso rossa caramellata e farcito con un gelato al curry rosso”, con le arachidi croccanti e in accompagnamento a un rifermentato di prugna. Tra i piatti, “Dinamiche di sapori” è una sorta di assoluto di mais, vale a dire di una tartelletta preparata con la farina di mais, una crema di mais e del mais bruciato, insieme, ancora una volta, a della polvere di mais tostato e che gusteremo sorseggiando la tipica bevanda peruviana, il leche di tigre (preparata con acqua di mais e latte di cocco).

Torneremo in Italia con “Testa-cuore e coda”, portata dedicata alla famiglia, alla tradizione e al pranzo della domenica con una sorta di irresistibile bruschetta al pomodoro: quello “cuore di bue” viene qui cotto in forno all’interno del pane pizza. Il pane diventa una sorta di spugna, e il tutto verrà completato poi da olio extravergine di oliva leggermente piccante e da un pizzico di sale.

“Testa-cuore e coda”, una particolare bruschetta (Foto © Aromi.Group).

L’animella di vitello del piatto “Due, forse tre” verrà dapprima marinata con soia, sake e mirin, quindi panata tre volte con quel tipo di panatura giapponese chiamata karaage, e presentata insieme a tre salse, un ketchup di cetrioli, dei semi di senape cotti nel brodo di vitello, e la blanquette de veau, piatto francese con il quale – secondo il racconto della sua mamma –  lo chef di origini calabresi, ma dall’infanzia trascorsa in Francia ha iniziato a dilettarsi quando aveva solo 8 anni, per poi perfezionarlo quando di anni ne ebbe ben dodici (!).

Due, forse tre: il vitello e la blanquette (Foto © Aromi.Group).

“Il Bianco e il Nero” è un risotto preparato servendosi della varietà di riso vialone nano, che viene cotto in un brodo di cipolle e mantecato con un burro affumicato e ricoperto da una spuma bianca preparata con le mandorle, il midollo grattugiato e la polvere di aglio nero e con una quenelle di gelato alla cipolla, per un risultato di grande cremosità, ma insieme dalla leggerezza che si direbbe quasi estiva.

Eccellenti i dolci finali: “Un Grand Cabaret” è una zuppetta acida di mango e ananas con all’interno il gin “decadente” Gran Cabaret di Hendrick’s, un crumble croccante, del gelato alla vaniglia, e una spolverata di pepe del sud dell’India ma anche servita con del mango affumicato.

“Un Grand Cabaret”, una zuppetta acida di mango e ananas (Foto © Aromi.Group).

Infine “I veli di Khand”, un notevole dessert degno di un eccellente menu, che ha per protagonista la pesca e che vede riuniti una mousse di zucchero muscovado, della liquirizia nappata con uno sciroppo di pesca bianca e sopra dei veli sottili di meringa profumata alla lavanda. Accanto troveremo una pesca nettarina poché con un formaggio blu di Jersey che viene infusa nel Peach power tea con lo zafferano. E nel bicchiere, ancora, un sorbetto di pesca bianca precedentemente arrostita.

Il dessert “I veli di Khand” (Foto © Aromi.Group).

Una cantina con 300 maison di Champagne

Un capitolo significativo di una sosta importante, qual è indubbiamente Il Pagliaccio, è affidato giocoforza all’eccellente cantina, di grande profondità, e che così ce la presenta il sommelier Luca Belleggia:

«La cantina del Pagliaccio è cresciuta e si è evoluta seguendo le richieste del mercato e dei suoi ospiti. Tra le etichette che la compongono, troviamo quelle di ben 300 produttori diversi di champagne. La bollicina è infatti il vino passepartout che accompagna il pasto e che viene sempre richiesta».  

Ma fiore all’occhiello di questa tavola è il progetto Esclusivity Wines by Il Pagliaccio che così Matteo Zappile ci racconta:

«Si tratta di un progetto ambizioso che stiamo realizzando con diverse aziende del panorama vitivinicolo italiano. Abbiamo inaugurato il progetto dell’esclusività del Pagliaccio con il nostro Champagne Funambulle realizzato con Alberto Massucco. Abbiamo continuato poi lo scorso anno con il Sauvignon di Pio Cesare, quest’anno è arrivato anche il Barbaresco, da una vigna di Rocche Massalupo, annata 2020. Tra le etichette in programma, un Fiano dalla Campania in collaborazione con Di Meo, un Nobile di Montepulciano con Poliziano e un Verdicchio dalle Marche, ma anche uno spumante Alta Langa con Enrico Serafino».

Questo del Pagliaccio è stato un viaggio enogastronomico importante, anche nel prezzo (300 euro è il costo della Parallels Experience, bevande escluse) che lascia però il segno e si ricorderà per la piacevolezza della sosta nel suo insieme, in cui ogni aspetto – dalla sala alla cucina – viene valorizzato e diventa punto di riferimento per ogni altro ristorante.

Ristorante Il Pagliaccio
Via dei Banchi Vecchi 129a, Roma
Tel. 06 68809595 | ristoranteilpagliaccio.com