Indicazione degli allergeni nei menù: “cortesia” o obbligo giuridico?

L’esperienza in un ristorante deve essere piacevole ma anche sicura. Per questo motivo la legge impone una corretta informazione su tutte quelle sostanze che potrebbero generare allergie e intollenze ai soggetti predisposti

Leggendo un menù al ristorante, sarà capitato a molti di chiedersi quale fosse il significato di quei numeri annotati accanto alla descrizione dei piatti. Si tratta degli allergeni, dei componenti alimentari proteici innocui per la maggior parte delle persone ma pericolosi per soggetti geneticamente predisposti a reazioni immunologiche avverse al cibo. Si tratta di un aspetto importante perchè tali ingredienti possono raggiungere stadi elevati di gravità, fino a risultare fatali.

Quali sono le sostanze “pericolose”

L’indicazione degli allergeni nel menù di un ristorante o di qualsiasi luogo pubblico in cui vengano somministrati aliementi, oltre ad essere obbligatorio per legge, è fondamentale perchè sono tanti gli ingredienti insidiosi per alcune persone.

I principali responsabili di allergie e intolleranze alimentari sono, nei bambini, il latte, le uova, le arachidi e la frutta secca, mentre negli adulti il glutine, le uova, la soia, il latte e derivati, le arachidi, le noci, il pesce, i crostacei, i molluschi, la senape, il sedano, i semi di sesamo e derivati, i lupini e l’anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/l espressi come SO2. 

Indicazione degli allergeni nel menù: le direttive da seguire

L’elenco completo degli allergeni è presente nell’allegato II del Regolamento (UE) 1169/2011 che pone a capo di chiunque venda o somministri alimenti il dovere di indicarne la presenza, anche solo eventuale, all’interno dei menù, su cartelli da affiggere al muro o sistemi equivalenti o su appositi registri, purché esposti in luogo ben visibile, in modo da garantire una comunicazione chiara e, soprattutto, sicura.

È, altresì, consentito offrire la descrizione analitica degli ingredienti contenuti in ciascuna pietanza esclusivamente a fronte di espressa domanda da parte della clientela. Ciò significa che è sufficiente prevedere una dicitura del tipo «per qualsiasi informazione su sostanze e allergeni è possibile consultare l’apposita documentazione che verrà fornita, a richiesta, dal personale in servizio».

I sistemi elettronici come le applicazioni per smartphone, il codice a barre o QR, in quanto non facilmente accessibili a tutti, non possono invece costituire gli unici strumenti di informazione. In quest’ipotesi, sarà, dunque, necessario predisporre un’idonea documentazione scritta di supporto.

Sanzioni per l’inottemperanza delle regole

La mancata osservanza delle anzidette prescrizioni comporta l’applicazione della disciplina sanzionatoria prevista dal D. Lgs. 231/2017 e in particolare:

  • il pagamento di una somma da 3.000 euro a 24.000 euro per l’omessa segnalazione delle sostanze allergeniche presenti nelle preparazioni offerte;
  • il pagamento di una somma da 1.000 euro a 8.000 euro per aver fornito le indicazioni con modalità non conformi.

Un caso giudiziario per capire meglio la situazione

Il D. Lgs. 231/2017 fa sempre salvo che «il fatto costituisca reato». Si pensi alla vicenda del piccolo turista inglese deceduto nell’ottobre 2015 dopo aver consumato, in un locale in provincia di Salerno, un piatto di pasta contenente latte e derivati.

La Procura della Repubblica notificò un avviso di garanzia al titolare del ristorante, alla cameriera e al cuoco, che vennero iscritti nel registro degli indagati. Tuttavia il procedimento penale si concluse con l’archiviazione nei confronti del titolare che aveva provveduto diligentemente alla formazione del personale e alla predisposizione del registro degli ingredienti nel locale.

All’esito del giudizio di primo grado, risultò assolto lo chef, al quale era stato semplicemente detto di non utilizzare formaggio sulla pasta mentre fu condannata a due anni di reclusione la responsabile di sala – individuata come figura garante – per omicidio colposo, per aver omesso di verificare che la pietanza servita non contenesse l’allergene che le era stato prontamente segnalato dai genitori del bambino.