“La Trota”, tutte le sfumature del pesce d’acqua dolce

La Trota, il ristorante di pesce d'acqua dolce a Rivodutri

Una sosta all’eccellente locale di Rivodutri, in provincia di Rieti, il miglior ristorante italiano specializzato. «All’inizio è stato molto duro, perché scegliere un menu di acqua dolce sembrava una follia da un punto di vista commerciale», raccontano i fratelli Serva

È in una terra incontaminata e di confine – situato in quella parte del Lazio ormai prossima all’Umbria nonché poco distante da Marche e Abruzzo – che dal 1963 sorge uno dei più suggestivi ristoranti italiani, “La Trota dal 1963″ di Rivodutri (RI), la cui fama è legata a filo doppio al protagonista indiscusso di questa tavola: il pesce d’acqua dolce.

I fratelli Sandro e Maurizio Serva con i figli Amedeo e Michele (Foto © Aromi.Group).

La Trota, cucina di pesce d’acqua dolce a Rivodutri (RI)

È all’ombra dei monti Sibillini, circondati da acque sorgive e immersi in una riserva naturale che la famiglia Serva, prima con papà Emilio e mamma Rolanda, poi con i figli Sandro e Maurizio protagonisti della svolta gourmet negli anni novanta e ora con l’innesto di una terza generazione, rappresentata dai loro figli Amedeo e Michele a dare nuova linfa, che si giunge sino a oggi, a un luogo cioè dal fascino indiscutibile che con la sua proposta è divenuto punto di riferimento per l’intero territorio italiano.

Racconta lo chef Maurizio Serva, in cucina con il fratello Sandro:

«Ci chiamavano e ci chiedevano: “fate pesce?” Sì, gli rispondevamo, ma facciamo pesce d’acqua dolce. “E uno spaghettino alle vongole? Un’insalatina di mare?”, tutte le domande contenevano dei diminutivi per poi affondare inesorabilmente col colpo di grazia: “e dunque del pesce normale niente?” All’inizio della nostra svolta è stato molto duro, perché da un punto di vista commerciale sembrava una follia: siamo a Rivodutri, paese di qualche centinaio di anime, con l’aggravante del pesce d’acqua dolce. A quei tempi si faceva la trota grigliata o il pesce gatto fritto, ma da noi in quegli anni veniva ancora gente che tutte le settimane chiedeva di mangiare l’astice».

Come si è giunti a un menu come quello attuale – intitolato Acqua – di grande sapienza ed eleganza dove in una sequenza di dieci portate salate (e ben dosate) sfilano via via sulla tavola il gambero di fiume, il pesce persico e il pesce gatto, ma anche la trota, la carpa, il salmerino, l’anguilla e persino il pressoché sconosciuto carassio è presto raccontato:

«Oltre alla trota grigliata e al pesce gatto fritto, una delle pochissime cose che si facevano ai tempi – prosegue chef Maurizio – era il brodo di tinca, perché la tinca come lo scorfano è un pesce molto adatto ai brodi. Solo che bisognava dargli un po’ di spinta. E allora questo piatto, in carta da 23 anni, ha rappresentato la svolta, un po’ come un cavallo di Troia che ha permesso alla nostra idea di cucina di farsi conoscere: in una caffettiera, dove di solito mettiamo il caffè, inseriamo le spezie: cardamomo, fiori di garofano, zenzero, pepe nero, rosa. Sotto, invece, il nostro brodo bollente di tinca. Quando capovolgeremo la caffettiera il passaggio del consommé attraverso le spezie e le erbe sarà velocissimo: il brodo diviene armonico e con esso cuoceremo immediatamente la pasta (dei capelli d’angelo) sotto la quale, adagiato nel piatto, troveremo un carpaccio di tinca».

Zuppa di tinca, passaggio speziato, capelli d’angelo (Foto © Aromi.Group).

Un menù sapiente e particolarissimo

Un altro grande classico de La Trota è la Carpa coi semi di papavero e accompagnata dal sedano di acqua dolce e da una maionese molto leggera montata con le rape rosse. Un piatto di grande equilibrio, bello anche da vedere. Così come la Trota e foie gras, creazione del 2008 che rappresenta una chiave preziosa (oltre che riuscita e d’indiscutibile bontà) per comprendere la cucina sapiente dei fratelli Serva: trota e foie gras vengono cotti insieme così da insaporirsi l’un con l’altro e vengono serviti con una salsa di pesche e vaniglia e una purea di patata rossa dolce e insieme a della cipolla. La chiave del piatto è riassunta nel ruolo svolto dal più umile pesce che rimane sempre il protagonista. L’ingrediente nobile, il foie gras, invece serve a dare profondità, senza mai rubare la scena.

«Il problema del pesce d’acqua dolce è complesso perché si rischia sempre di andargli sopra. – spiega chef Maurizio – Non è che abbia un grande carattere. E il filo è sottilissimo: se lo si oltrepassa sparisce e il protagonista diventa tutt’altro. Un altro grande problema sono le cotture che devono essere quasi maniacali, perché ogni pesce richiede una cottura diversa, in base alle percentuali di grasso. Il pesce persico verrà cotto solo 30 secondi. Il pesce gatto necessiterà di una doppia cottura, la carpa invece di una cottura diretta con un fuoco molto alto all’inizio per poi abbassare la fiamma. Serve tanta esperienza e precisione».

L’ostrica di lago (Foto © Aromi.Group).

Accostamenti capaci di creare un “accordo perfetto”

È senza dubbio una gran tavola, La Trota di Rivodutri, anche per via della sapienza negli accostamenti degli ingredienti capaci di creare un “accordo perfetto” con i pesci così da farli apparire nella loro veste migliore. E dove l’impiego ricorrente della frutta aggiunge una nota mai invadente, ma piuttosto serve a rinfrescare e dare ritmo alla sequenza dei piatti: avviene con il sorprendente carassio avvolto in foglie di lattuga e zenzero e servito con una salsa di cavolo rosso semi fermentato con ananas e lime. Notevole poi l’ostico pesce gatto – marinato in acqua di fiori di arancio – e quindi caramellato, arrostito, accompagnato da una salsa al latte di mandorle e un’altra all’aceto di rose e lamponi.

Carassio avvolto in foglie di lattuga e zenzero, servito con salsa di cavolo rosso (Foto © Aromi.Group).

Tra i piatti più sorprendenti, poi, i tortelli ripieni di salmerino con una farcia in due consistenze, una leggermente affumicata e un’altra realizzata a crudo, e serviti con una salsa di aglio orsino, tè nero e pere caramellate.

Tortello di salmerino, pera, aglio orsino, tè nero (Foto © Aromi.Group).

E infine l’anguilla che verrà cotta lentamente, quindi caramellata con un finto miele fatto con il tarassaco e messa per due giorni a marinare nel crescione di sorgente frullato nel ghiaccio. A fianco troveremo un kiwi caramellato, che in cottura diviene estremamente acido, il tutto impreziosito da una polvere di lisca soffiata e una di genziana. Il rimando a una cultura lontana, qui a quella giapponese, vale come (ulteriore) testimonianza di una cucina colta che senza alcun complesso d’inferiorità si apre a suggestioni provenienti anche da molto lontano, facendole proprie con un’identità personale giacché il suo segreto, al centro di tutto questo importante lavoro, poggia sull’amore grande nel valorizzare il proprio territorio.

La Trota dal 1963
Via S.Susanna, 33 – Rivodutri (RI)
Telefono +39 0746 685078 | www.latrota.com