Contemporaneo, d’avanguardia, un cantiere in continuo movimento, una fucina di idee quasi inesauribile. Con queste poche battute si potrebbe sintetizzare l’anima del Devero Hotel di Cavenago di Brianza (MB).
Un ambiente in cui nulla è lasciato al caso, costruito attorno ad un’idea progettuale assai forte, alla quale ha fatto seguito (e fa tutt’ora seguito) un’attuazione ineccepibile: nato, infatti, per turismo congressuale prevalentemente straniero, la struttura conta ampi spazi polifunzionali e modulari accuratamente pensati, cui fanno da cornice confortevoli stanze in rigoroso stile italiano.
Arredi ed complementi sono la massima espressione del design nazionale, ben noto a livello mondiale per “gusto”, qualità ed affidabilità. Voluto dal Gruppo Devero Costruzioni ed inaugurato nel giugno del 2008, oggi è ad un esempio ben riuscito di come tecnica, cultura, solido client-orientedsystem riescano a rendere una realtà un punto di riferimento per team building aziendali, convegni a diverso tenore e singoli utenti che qui ritrovano un’ospitalità formale capace di rispondere alle numerose esigenze, di distinguersi per un’abilità non comune di anticipare i desiderata degli ospiti.
E ciò si ritrova in ogni particolare, dall’insonorizzazione delle stanze a suite (ben dieci) tra loro particolarmente diverse; dalla linea cortesia a loro marchio realizzata su loro ricetta a pezzi di arredo creati ad hoc, fino ad una pluralità di offerte cosiddette “relax”. Si va dalla classica sala lettura alla Spa di 500 mq, sede di corsi di parto per future mamme, party, massaggi privati in cabine singole e incontri con il maestro di sauna.
Il direttore dell’hotel, Massimo Burchianti, brilla nel difficile lavoro di sincronizzare alla perfezione le numerose sfaccettature della struttura, con l’obiettivo di incrementare il livello di qualità percepita.
Devero Ristorante: le proposte di Moreno Ungaretti
Fa parte di quest’ultima anche il riguardo per il mondo della tavola e della nutrizione latusensu che qui si esprime attraverso le intelligenti e gustose proposte di Moreno Ungaretti, l’executive chef dell’albergo.
Un cambio di rotta radicale rispetto all’impostazione del suo predecessore, un’offerta poliedrica ben sintonizzata con le esigenze della clientela dell’albergo medesimo: interessanti le idee di business lunch, equilibrati nell’apporto nutritivo/calorico, pensati per poter essere consumati rapidamente da business clients, senza rinunciare però ad una dosata vena creativa di abbinamenti e alla freschezza della materia prima.
A ciò si affiancano brunch domenicali, concepiti per stimolare anche le famiglie ad un ritorno “ai pranzi di un tempo”, alla convivialità dello stare a tavola, e un menu serale articolato attorno ad una filosofia dosatamente “gourmet”.
Originario di Lucca, Moreno nutre sin dall’età di 12 anni il sogno di indossare la toque blanche, perché ispirato dalla cucina della madre e della zia, per lui uniche depositarie dell’arte culinaria tradizionale.
Intraprendente sin da fanciullo, si vede a 14 anni impegnato nel weekend come aiuto cuoco in un locale della provincia, la domenica mattina tra lievitati e zuccheri in una pasticceria di paese, fino a quando – in quarto superiore – entra nelle cucinedel ristorante “Da Paolino” a Follonica, dove per la prima volta conosce l’alta ristorazione.
Cosa ha significato per te quest’esperienza? Quanto tempo hai trascorso presso il locale?
Sono rimasto lì 4 anni, durante i quali ho fatto davvero gavetta e scuola; il proprietario mi ha svelato tutti i segreti del pescato, le tecniche di lavorazione e cottura.
Altre significative esperienze?
A Milano ho avuto il piacere di lavorare per la Catena Alberghiera Jolly Hotel, dove ho appreso il valore e il significato del “lavoro di squadra”, aspetti gestionali della cucina e del banqueting.
Quali delle due hai preferito?
Ritengo che per diventare Executive chef siano necessarie entrambe, perché sono una differente prospettiva di osservazione dello stesso mondo: in un ristorante, si ha modo di rimanere più a stretto contatto con il cliente, mentre all’interno di un hotel si comprendono tutti i meccanismi inerenti la gestione di una ristorazione all-day long, dalla colazione alla cena. Ho continuato in una realtà alberghiera, lavorando presso il Ristorante La Terrazza del Best Western a Milano, per poi aprirmi a collaborazioni con Benedetta Parodi.
Cosa ti ha spinto ad accettare la proposta del Devero e cosa ha significato per te?
Il desiderio di mettermi sempre in gioco, su più fronti; curare la ristorazione del Devero dalla mattina alla sera nonché menu per i diversi meeting costituiva per me una grande sfida.
Come hai operato una volta assunto?
Ho rivisto i modelli precedenti, reimpostandoli secondo le mie esigenze. Sono partito dalla colazione, in quanto resta il momento più importante della giornata, per poi creare menu ad hoc per convegni e congressi. Ho inserito al Bistrot 12-24 proposte più semplici e a più livelli: a prezzo fisso, possibilità di servirsi al buffet e di scegliere un piatto unico (di mare o di terra), acqua e caffè; la sera, invece, propongo un menu regionale e piatti à la carte.
Qual è la tua filosofia di cucina?
È il riflesso del mio essere, del mio stato d’animo; per me è un’esperienza totale che va oltre il semplice piatto e vorrei che il cliente percepisse il valore aggiunto della cura riservata aisingoli dettagli, dalla materia prima alla presentazione, dall’accoglienza al servizio.
Come si concretizza questa tua filosofia all’interno del Devero?
Cerco di far trasparire sempre la mia autenticità, dando messaggi diretti anche con il nome dei piatti e differenti livelli di complessità nelle scelte.
Prossimi obiettivi?
Il brunch domenicale, pensato per portare le famiglie ad “avvicinarsi” al Devero, affinché ne comprendano la poliedricità e il riguardo riservato ai bambini, con spazi e menu realizzati appositamente.
Quali sono per te gli elementi fondanti in cucina?
Nell’ordine, passione, lavoro di squadra, conoscenza, tecnica, organizzazione e sacrificio.
Tra passione, tecnica e conoscenza invece…
Passione, senza la quale manca lo stimolo di apprendere e raffinare la tecnica (terza per importanza), mentre la conoscenza dovrebbe essere scontata in quanto è parte della professionalità.
La cucina di Moreno riflette appieno la sua anima, diretta ed autentica, capace di confermare pulizia di stile negli abbinamenti sempre dosati, nella selezione della materia prima, nella ricerca cromatica degli ingredienti. I suoi piatti, infatti, si muovono lungo il filrouge della coerenza: visivamente colpiscono per colore, contrasti e rigore d’impiatto; al gusto, analogamente, sussurrano una pacata rivisitazione di accostamenti “nazionali”, mai schivi di intelligenti contaminazioni.
Nessuna creazione di Moreno presenta una discrasia tra apparenza ed essenza, nessuna è in disarmonia con l’ambiente circostante e con i desiderata della clientela dell’hotel. E la capacità dello chef sta proprio nell’aver interpretato con mano felice e tanta passione gli input degli habitué, della struttura nel suo complesso, traducendoli in ricette gustose, mai ridondanti o esuberanti, ma in grado di esprimere il proprio “io”.
Semplice, mai banale, equilibrata, senza discontinui “picchi”, rassicurante: per chi sa leggerla, la sua cucina è uno spaccato delle sue esperienze tra hotel, ristoranti gourmet e VIP catering che Moreno ha saputo sintetizzare in portate “uniche”, in quanto non ascrivibili ad alcun filone specifico se non ad una immagine squisitamente personale della ristorazione.
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