Ristorante Iacobucci, grammatica e sintassi di un’alta cucina

Nel suo stellato a Villa Zarri, alle porte di Bologna, lo chef di Castellamare di Stabia orchestra un’esperienza del cibo che è gusto e piacere, tecnica e tradizione, stagionalità e sostenibilità, ricerca di una semplicità che assurge a fine dining

Terra e mare, memoria e avanguardia, estetica e sostanza, passione e tecnica, sostenibilità e km zero: l’esperienza al Ristorante Iacobucci a Castel Maggiore (BO) è tutto questo e molto di più.

Agostino Iacobucci, originario di Castellamare di Stabia (NA), ha trovato nel capoluogo emiliano una dimensione serena e stimolante per esprimere al meglio le proprie attitudini evolutive e nella cinquecentesca Villa Zarri il contesto per “coltivare” un orto felice e una cucina raffinata che, dal 2019, si fregia di una Stella Michelin.

In realtà, forte di anni di studio ed esperienze importanti in Costiera e non solo, lo chef campano ha collezionato diversi successi riconosciuti dalla prestigiosa Guida rossa, l’Oscar per chiunque faccia ristorazione. Nel 2010, mentre era primo chef a La Cantinella di Napoli, il locale ottenne la Stella e lo stesso capitò a Bologna, nel 2012, mentre Iacobucci guidava la cucina del Ristorante I Portici di via Indipendenza.

Ristorante Iacobucci a Villa Zarri, un passo nella storia e uno sguardo al futuro

Immersa in un rigoglioso parco di circa diecimila metri quadri, la maestosa Villa Zarri si sviluppa su due piani di 500 mq ciascuno. Costruita nel 1578, nel ‘700 fu ristrutturata dalla famiglia nobile bolognese Angelelli e portata alla forma attuale. Negli ultimi anni, alcuni importanti interventi di restauro le hanno riconsegnato l’antico splendore, rendendola ancora più adatta a eventi da ricordare.

Al piano terra, il Ristorante Iacobucci accoglie i suoi ospiti in una sala dall’austera eleganza, con solo nove grandi tavoli ben distanziati, per una trentina di coperti. Una scelta che il patron aveva compiuto ben prima della pandemia e giustificata con la volontà di garantire una maggiore privacy e un servizio più scrupoloso.

Soffitti lignei a cassettoni affrescati, pavimenti in marmo lucido, mobili antichi e ampie finestre per apprezzare il verde esterno, appena schermato dalle tende drappeggiate, trasmettono tutta la potenza della storia, facendo da contorno alle premure del personale, nonchè all’esuberanza partenopea del padrone di casa.

Un orto gestito in sede per assicurarsi i prodotti migliori

Iacobucci ci accoglie con una ferrea stretta di mano e qualche battuta per rompere il ghiaccio. Generoso nel raccontarsi, a tratti autocelebrativo per effetto di una sconfinata passione per il proprio lavoro, ci conduce immediatamente a visitare l’orto di cui va molto fiero. Insieme al suo staff, lo cura con attenzione e ne riceve il 90% degli ingredienti necessari alla cucina.

«Nel nuovo menù estivo che ho elaborato con i miei collaboratori – spiega – abbiamo confermato la centralità del vegetale su cui abbiamo puntato già da due anni. La pandemia, nonostante i limiti che tutti conosciamo, ha dato tempo per riflettere e ci ha ulteriormente convinti della validità della nostra scelta di ridurre le proteine animali. Per me che vengo da una famiglia di contadini, il legame con la terra è fondamentale e professionalemente ritengo giusto che un ristorante debba seguire sempre la stagionalità, affinchè i prodotti esprimano al meglio le proprie caratteristiche».

Quella di un orto interno, per Iacobucci non è soltanto una strategia di marketing che vuole emulare una tendenza sempre più diffusa. Al contrario è un impegno serio per gestire personalmente l’approvvigionamento di prodotti di qualità e, infatti, tiene a precisare di non voler essere ambasciatore di concetti innovativi ma di seguire semplicemente la natura e i suoi tempi.

«Tra una coltivazione e l’altra, aggiunge, lasciamo riposare il terreno per 3 o 4 mesi e lo concimiamo esclusivamente con letame di cavallo in modo da poter favorire il ciclo vitale. Generalmente l’orto è sufficiente per servire i nostri 9 tavoli ma quando abbiamo bisogno di un’integrazione, non ricorriamo alla grande distribuzione ma a produttori selezionati che ci garantiscano stagionalità e tracciabilità».

La cucina di Agostino Iacobucci e lo staff

Sono sempre alte le aspettative generate da un ristorante stellato collocato in una residenza nobiliare come Villa Zarri, ma in questo caso la tecnica e la dosata creatività di Agostino Iacobucci non deludono. La sua è una cucina sapiente e “ruffiana” nel senso buono perché non teme il riferimento costante alla tradizione, mai eccessivamente stravolta ma resa contemporanea nelle forme e negli equilibri dei sapori.

È il maître Ambrogio Luiselli a presentarci la proposta dello stellato di Castel Maggiore, affiancato dalla giovane e brava sommelier Giada Sabatini che racconta di una cantina capace di regalare belle soddisfazioni anche ai veri intenditori. Sono ben 525 le etichette italiane, francesi e internazionali che vengono selezionate di volta in volta per garantire l’alta qualità dell’offerta, anche puntando su verticali di vini importanti.

Luiselli e Sabatini, coadiuvati dal resto dello staff, sono le colonne portanti della sala e un valore aggiunto dell’intera esperienza alla quale apportano quel sorriso e quel savoir faire necessario a stemperare il rigore di una struttura che potrebbe incupire il momento del pasto. Professionalità e discrezione accompagnano l’intera esperienza in cui niente è fuori posto e ogni esigenza viene soddisfatta senza leziosità.

Ristorante Iacobucci: 4 menù degustazione e la scelta alla carta

Il menù alla carta si integra con quattro menù degustazione con prezzi da 83 a 115 € (vini esclusi) che fanno conoscere con chiarezza l’attitudine di Iacobucci a far incontrare l’alta cucina con la semplicità degli ingredienti e la potenza evocativa del legame con la terra.

Il “Campania” è una proposta di mare con specifico rimando alle origini dello chef, il quale reinventa i capisaldi della tradizione campana senza privarla della forte identità e dell’emozione che indiscutibilmente la caratterizza.

L’”Emilia”, invece, è un percorso tra piatti di terra della tradizione emiliano-romagnola rivisti con il cuore alla terra di origine. D’altra parte, fin dal suo arrivo a Bologna, Iacobucci è ambasciatore di un gemellaggio gastronomico tra le due regioni, le cui tradizioni culinarie si fondono e si reiventano reciprocamente.

Se il “Vegetariano” è il menù che attinge ai prodotti dell’orto di Villa Zarri, trasformati in gemme culinarie che il palato reclama sollecitato dall’esperienza visiva, “Esplorando. Viaggi, ricordi, curiosità” (109 €) è la soluzione ideale per affidarsi allo chef e godersi un percorso completo di mare e terra, partendo dagli amuse-bouche fino alle dolcezze finali.

Definito un “menù a mano libera di Agostino Iacobucci”, l'”Esplorando” prevede 12 portate (due in più rispetto agli altri) e alterna piatti storici e sperimentazioni più recenti, con una decisa impronta vegetale.

La nostra esperienza alla tavola di Iacobucci

Si inizia bene con il cestino del pane, emblema dell’ospitalità troppo spesso trascurato anche in ristoranti importanti. Contiene diverse proposte artigianali, a base di farine multicereali biologiche; la pagnotta con lievito madre è profumata, fragrante e con una crosta deliziosa che richiama, a gran voce, una spalmata di burro mezzosale di Normandia; stuzzicano anche i grissini, i taralli campani con sugna e pepe e le chips con sale di Maldon e semi di sesamo e papavero.

Si continua a utilizzare le mani per gli elegantissimi amuse-bouche che stimolano l’appetito con bocconi deliziosi dal riuscito equilibrio di sapori e consistenze in cui gli accenni agrumati danno slancio con una lieve acidità.

Tra questi, lasciano il segno, la Sfera di parmigiana con glassa di carbone vegetale; la Pralina di agnello con crosta di pane panko e appoggiata su una crema di erbe dell’orto, il Cono di pasta fillo con ripieno di pesce, formaggio caprino, topinambur e liquirizia, i Mini-macaron con ripieno di pistacchio e mortadella. A dare vivacità cromatica e rotondità estetica e gustativa, i Ravanelli con maionese di ostrica e la Pallina di sugo alla genovese, tartare di fassona e chips di parmigiano.

Gli antipasti si fanno annunciare da una setosa Sfoglia di sedanorapa in crosta di sale, insaporita da uova di trota salmonata affumicata e mandorle. Irrorata da un olio al rosmarino all’atto del servizio, è un piatto fresco e aromatica con una texture che coinvolge tutti i sensi.

I primi piatti sono di immediata comprensione ma fondati su una tecnica solida e senza stravaganze inutili. “Napoli incontra l’Emilia”, classico del Ristorante Iacobucci, è pasta sfoglia ripiena di ragù, salsa di pomodoro emulsionata, gel al basilico e crema di parmigiano 36 mesi. «Va mangiata con un cucchiaio che raccolga le varie componenti» – avverte lo chef – e in effetti è il modo migliore per apprezzare la multisensorialità data da aromi, consistenze e sapori.

C’è grammatica e sintassi nel linguaggio preciso dello “Spaghetto ai pomodori” (il plurale è voluto), una prova d’autore apparentemente semplice ma non replicabile da chiunque. Lo spaghetto di Gragnano, che Iacobucci cucina senza sale, viene condito da un sugo con diverse tipologie di pomodori dell’orto e accompagnato da gocce di yogurt di bufala, salsa di peperoncini verdi e da una tartare di friggitelli e alici, a dare sapidità.

Il Gambero viola crudo con lamelle di daikon fermentato nel vermouth è decorato con polvere di ibisco, gocce di erbe amare, maionese di gambero e quenelle di caviale. Una preparazione raffinata che trova nella freschezza della materia prima, la spinta perfetta per essere completata da ingredienti che fanno da spalla al pesce senza sovrastarne la succulenza.

Omaggio all’Emilia Romagna con l’Anguilla di Comacchio marinata con soia e agrumi: ben sgrassata e con un’affumicatura appena accennata, è accarezzata dall’agrodolce delle salse ponzu e tosazu e completata da una fresca e croccante misticanza vaporizzata al gin.

Mare e terra si ripropongono anche nella Seppia cotta con la pappa al pomodoro, piatto interessante per l’audacia di mescolare sapori dall’abbinamento inconsueto. Impreziosito dall’aromaticità conferita dalla spuma di aglio, il piatto viene “dipinto” con gocce di crema di seppia, lime e olio alla ‘nduja e da una polvere di aglio nero.

Ben eseguita anche la Triglia di scoglio croccante, ripiena con frutta secca, Moscione di Sorrento, salsa in zimino, gel di scalogno e zenzero.

ll pre-dessert è di quelli confortevoli e appaganti per sapore, freschezza e complessità. Il gelato artigianale allo zabaione con cristalli di sale affumicato, viene servito su un crumble di cacao dalla granatura perfetta per apportare una consistenza decisa alla cremosità del gelato.

Da non perdersi uno dei biglietti da visita di Agostino Iacobucci, il suo “Babà” che sorprende per la morbidezza della pasta ottenuta da una tripla lievitazione. L’aromaticità della bagna prevale sul grado alcolico e la spuma al doppio latte e i frutti rossi conferiscono succulenza e leggera acidità.

Si torna a “sporcarsi” lussuriosamente le dita con le coccole finali, dalla croccante Coda di aragosta con crema al finto Arachide a base di crema di nocciola, dal Dessert al cioccolato, albicocca e gelato al rosmarino alla Tartelletta con limoncello e yuzu, dal Marshmallow al passion fruit fino alla Madeleine al cacao con cremoso all’albicocca.

Il nostro viaggio si avvia alla conclusione, ci si saluta davanti a un caffè e si torna a casa per lasciare decantare sensazioni e ricordi. Non siamo abituati a commentare immediatamente i ristoranti, riteniamo che serva tempo per liberarsi da facili entusiasmi o da critiche azzardate. D’altra parte, ogni degustazione non coinvolge solo i 5 sensi ma tutta una serie di specifiche strutture cerebrali che interagiscono con le informazioni provenienti dall’esterno.

A distanza di un mese circa, il ricordo del Ristorante Iacobucci e di tutto il mondo che vi gravita intorno è vivido e chiaro. I sapori sono contemporaneamente familiari ed evoluti e la ricerca continua dello chef evita la noia e la ripetitività. Interessante anche l’aspetto economico, con prezzi accessibili per la qualità del cibo e la cura del servizio.  

Ristorante Iacobucci
C/o Villa Zarri: via Ronco, 1 – Castel Maggiore (BO)
Orari: dal martedì al sabato: 12.30 – 14.30 | 19.30 – 22.30. Domenica: 12.30 – 14.30. Lunedì: chiuso
Sito webFacebook – Instagram