Simone Padoan, chi è il rivoluzionario della pizza

Simone Padoan, della Pizzeria I Tigli di San Bonifacio (VR), prende in mano l’attività di famiglia nel 1994 e – da quel momento – opera una ricerca continua che lo ha portato a rivoluzionare l’arte della pizza.

Ma questa non è una pizza! Quante volte si sarà sentito ripetere questa frase, Simone, che nella sua splendida cucina a vista, armeggia con pinze e padelle per la composizione di opere d’arte rotonde, ben lontane dall’immagine del pizzaiolo sudato che fa roteare l’impasto sull’indice, prima di schiaffarlo veementemente nel forno a legna. Ci troviamo a Verona, precisamente a San Bonifacio, e, percorrendo le trafficate strade di periferia, il nostro sguardo non può non soffermarsi sull’incisiva ed elegante scritta, “I Tigli, Simone Padoan”.

Dal panino all’hamburger e perfino al kebab, sembra oramai che nessun articolo gastronomico possa sottrarsi al famigerato aggettivo di “gourmet”, che, imperterrito, accompagna ogni pietanza oggi in voga. Tuttavia è bene rivendicare un primato, quello della pizza in questione, che non cavalca semplicemente l’onda della “gastromania” odierna, ma si posiziona al principio della ricerca che ha permesso di valorizzare un piatto povero e ormai standardizzato come la pizza.

Simone Padoan non è un semplice pizzaiolo e nemmeno un cuoco fighetto, è bensì un rivoluzionario, perché – per primo – ha sconvolto il modello imperante di pizza, napoletana o presunta tale, riportandoci al suo concetto originale, che va oltre il 1889 e la creazione della famosa Margherita da parte di Raffaele Esposito, scavalcando perfino il sublime incontro settecentesco con il pomodoro, riallacciandosi alle più sincere tradizioni regionali.

Ogni regione italiana ha infatti il suo modello di pizza, che nasce come arte bianca in contemporanea al pane, dalla pinza veneta alla pita o pitta calabrese, avendo in comune solo l’impasto di farina lievitato e condito. E così si presentano infatti i suoi piatti, che forse assomigliano a focacce, ma che si ricongiungono al più laico e diversificato concetto di pizza con un unico imperativo: l’estrema qualità delle materie prime.

L’arte di Simone Padoan

Ultimo di nove fratelli, Simone prende in mano l’attività di famiglia nel 1994, operando una ricerca continua, che lo ha portato a proporre un menù con pizze classiche a lievitazione mista e speciali a lievitazione naturale, con differenti tipi di impasto e farine, e diversi stili di cottura. Egli scompone il processo cuocendo la pasta a vapore, per cessare la gelificazione dell’amido data dalla fermentazione e cristallizzandolo a 120° per 20 minuti. Compie poi un secondo passaggio, uno shock termico nel forno ventilato per vetrificare la parte gelificata. È grazie a questa tecnica che la pizza risulta leggera e pare composta da farina di riso. Egli utilizza anche il forno a legna, per la creazione delle più avanguardistiche pizze con ingredienti inusuali, dal piccione agli scampi crudi, dal culatello alle cappesante ,dalla tartar al foie gras.

L’intervista

Come nasce l’idea che ti ha portato a realizzare il tuo progetto?
Tutte le innovazioni nascono dalla messa in discussione delle certezze, allo stesso modo le idee migliori scaturiscono da una crisi. Nel 1999 nasce mia figlia e avviene la separazione da mia moglie; a causa della negatività e tristezza che trasmettevo dentro le mura del locale, ho capito che qualcosa doveva cambiare, non essendo più soddisfatto del lavoro svolto fino ad allora. Grazie al consiglio di alcuni amici, ho capito che dovevo aprirmi alla sperimentazione, mettendo da parte la mia testa dura. Volevo ridare valore al mio lavoro, riproponendo un piatto che conoscono tutti e che piace universalmente, però senza staccarmi dalla tradizione della mia famiglia. Ho pensato di congiungere il concetto di convivialità, ci si incontra infatti con la scusa di mangiare una pizza, con quello di estrema attenzione al gusto, per creare un sentimento semplice e genuino.

Come selezioni gli ingredienti in menù?
Lo dico subito, il km 0 è un estremismo, lo utilizzo ma non lo pubblicizzo, non voglio sponsorizzare nessuna azienda sulla mia carta, così come non voglio privarmi degli infiniti tesori della gastronomia italiana. Scelgo da sempre prodotti di stagione e spesso erbe spontanee, prediligendo quelli del territorio. Cerco di accorciare quanto più la filiera ma non verrò ad illustrare quanto sia difficile e lodevole il mio operato. Il mestiere e la fatica devono rimanere in cucina, al cliente arriva solo il prodotto finito e l’emozione che riesce a dare.

Cosa consigli in abbinamento con le tue pizze?
L’abbinamento pizza e birra non è mai banale ed infatti sulla carta troviamo, infatti, i più storici birrifici artigianali, Birrificio Italiano, Birrifico 32, Matthias Muller, con in più la sorpresa delle Gueze Lambic belghe, birre acide a fermentazione spontanea dalle infinite potenzialità espressive. Tuttavia lievito più lievito rischia di appesantire, per questo la mia scelta preferita ricade sul vino, niente è meglio di una bolla per accompagnare un’allegra “pizzata” in compagnia”. La carta è in effetti notevole, trattandosi di una pizzeria, con una marcata predilezione per vini genuini e naturali, spesso biologici e biodinamici, sia di derivazione italiana che francese, con una voce inaspettata e fuori dal coro georgiana.

© Articolo di Chiara Cafuri.