Alla scoperta delle osterie genovesi nei vicoli cantati da Fabrizio De Andrè

Biancamaro e Asinello le bevute classiche nelle osterie genovesi “Tabernacoli dell’onesto peccato”. Il rito dell’uovo sodo per riscoprire i luoghi narrati dal papà di Don Chisciotte. Qualche luogo da visitare e un po’ di consigli su cosa bere…

Vere Osterie genovesi: 4 indirizzi e cosa si beve

Meglio di chiunque altro le ha celebrate Remo Borzini, un singolare tipo di intellettuale, sodale e ispiratore di Fabrizio De Andrè. Delle osterie genovesi, Borzini scrisse un cantico, un affresco a tinte forti con il suo libro “Osterie genovesi: i tabernacoli dell’onesto peccato”. In quel periodare in chiaro e scuro, troverete storie di uomini e di vino, di malinconiche certezze e tragici dubbi con qualche vita gettata al vento tra donne e bicchieri. Come piaceva cantare al Grande Faber.

Quelle genovesi non erano, e non sono, “di fuori porta” come amava cantare Francesco Guccini nel suo memorabile “Via Paolo Fabbri 43”. Sono racchiuse, lo erano in maggiore misura un tempo, nella zona dei vicoli, nei carrugi alti e stretti sapidi di umori, di contaminazioni e di street food che qui chiamano “mangiare nella carta come i gatti”.

Di Osterie genovesi, parla il padre di Don Chisciotte

Sulle osterie genovesi e su come si beveva tra i vicoli che non lasciano filtrare il sole, c’è anche una testimonianza autorevole. Pensate: addirittura Miguel de Cervantes Saavedra. Vi dice niente il nome ? È il futuro papà di Don Chisciotte. In una delle sue Novelle esemplari , il dottor Vetrata, ci ha lasciato un affresco di come si bevesse nelle taverne vicino al porto di Genova. Ritornando a ricordi di gioventù, Cervantes mise su carta i ricordi di un suo passaggio via mare dal capoluogo ligure. Ad essere onesti, lo scrittore elenca tutta una serie di vini degustati tra i vicoli genovesi «In numero superiore a quanti Bacco ne potesse custodire di persona». Se ci volete credere, la narrazione è suggestiva.

Il rituale dell’uovo nelle osterie di Genova

Un tempo, sul limitare degli anni Sessanta-Settanta, le osterie genovesi erano ancora numerose e genuine. Una sorta di fattore comune era la presenza, sul bancone tradizionale di legno e metallo, di un cesto contenente uova sode. L’avventore, al momento della mescita, prendeva l’uovo e, come da rituale, iniziava a sbucciarlo sbattendolo contro il bancone. L’uovo sodo, così consumato, era una sorta di appetizer ante litteram dei futuri apericena che vanno per la maggiore ai tempi nostri.

C’erano le osterie dei vicoli ma anche le osterie della semi campagna, nelle zone collinari. Molte, che si offrivano nella duplice veste di osterie e trattoria, erano situate lungo i percorsi che adducevano ai cimiteri. Era invalsa l’abitudine, infatti, che una volta messo a dimora il caro estinto, gli astanti accompagnassero il dolore con bevute più o meno copiose. Spesso poi, le osterie, specie quelle di periferia o collinari avevano, annesso, un campo per il gioco delle bocce. Accanto al segnapunti, non mancava mai una bottiglia di vino rosso con regolari bicchieri da “ostaia” a contorno.

Biancamaro, la bevenda tipica delle osterie genovesi

Ma cosa si beveva nelle osterie genovesi e che cosa si beve, ancora? La bevanda principale è il “Biancamaro” (scritto proprio così). Parliamo di un vino fermo, possibilmente Pigato vitigno autoctono ligure, con una spruzzata tradizionale di Campari o, se gradite, una correzione di Vermouth Carpano antica formula. Un cabarettista genovese che va per la maggiore, Andrea Di Marco, ha definito “Lo Spritz un Biancoamaro che se la tira”, marcando la differenza con l”ombra” veneta bevuta nei bacari veneziani e decollato a livello mondiale grazie alla brillante operazione di marketing a formula Aperol.

Il Biancamaro ha avuto il suo apogeo negli anni Settanta. Poi, con la diffusione dei cocktail, ha assunto una valenza sempre più di nicchia. Insomma lo gustano operai, metalmeccanici e pensionati al bar. Provatelo anche voi e, se ci riuscite, accompagnatelo con pezzetti di focaccia genovese alle cipolle, farinata o, perchè no, un assaggio di fritturina di pesce.

Meixina, Mangraiou e Baxeichito, altre versioni del Biancamaro

Del Biancamaro esistono anche alcune versioni particolari. C’è il Meixina (medicina), con le proporzioni dei componenti invertite, ma c’è anche il Mangraiou (malpreso) che viene confezionato con il Rosso Antico che andava di moda negli anni Settanta. Oppure con il Santa Maria, amaro di nascita genovese, al posto del Campari. Non vi stiupite: a Genova hanno anche inventato il Baxeichito, moijto con il basilico al posto della menta e il negroni Superbo con il vino Ippocrasso.

L’Asinello genovese, il vino aromatizzato da sedici erbe

Accanto al Biancamaro c’è un altro oggetto di culto nelle osterie genovesi, ora sempre più spesso presente nei locali di tendenza giovanile. Si tratta del Corochinato Asinello che, in etichetta, è rappresentato dal contadino (il Paciugo di Coronata) con il suo animale da soma. La ricetta, risalente al 1886, consiste in un vino aromatizzato da sedici erbe tra cui due qualità di assenzio, calissala, corteccia di china, rabarbaro e genziana. Il suo servizio prevede l’assenza di ghiaccio, una scorzetta di agrume, possibilmente limone, e l’accompagnamento con alcuni pezzetti di focaccia genovese (scopri qui la ricetta).

Osterie e trattorie: nessuna confusione per favore

Occorre fare attenzione, perchè di questi tempi guide anche rinomate fanno molta confusione tra osterie e trattorie. L’osteria, per sua declinazione precisa, era un luogo dove si mesceva vino e il cibo, spesso, compariva perchè gli avventori lo recavano con loro. Si stappava una bottiglia e si compartivano le vivande casalinghe. In qualche caso vi era anche un uso di cucina con qualche piatto semplice o sporadico: spesso quello che veniva cucinato per la famiglia dell’oste.

Per quanto riguarda Genova, non era insolito che le osterie fossero gestite da famiglie bassopiemontesi che traguardavano all’ombra della Lanterna il Dolcetto d’Ovada o la Barbera. In alcune di queste si gustavano taglierini al sugo di lepre da urlo.

Vere osterie genovesi: 4 indirizzi da annotare 

Come detto le osterie genovesi si sono andate perdendo ma qualche consiglio ve lo possiamo fornire. Ecco 4 locali che non potete perdervi se siete a Genova.

Il Bar degli Asinelli (o “Dalla Marchesa”)

Si tratta di un’autentica osteria incastonata nei vicoli genovesi all’ombra della cattedrale cittadina di San Lorenzo. In Vico Canneto il Lungo, questo locale caratteristico è stato gestito per decenni da marito e moglie che, da poco, hanno passato la mano per raggiunti limiti di età. È detto anche “Dalla Marchesa” giocando sul cognome del vecchio titolare: Onorato Marchesa. Da sempre luogo di ritrovo di giovani, studenti in Erasmus ma anche più attempati frequentatori che avevano conosciuto l’Asinello Corochinato ad inizio anni Ottanta.
Bar degli Asinelli: Via Di Canneto Il Lungo, 78 – Genova – Facebook

Ostaia Cicala

Situata proprio in vico Cicala, siamo a due passi dalla zona di Caricamento e dell’Acquario di Genova. Vecchia di 100 anni, l’osteria è rimasta chiusa per un lasso di tempo ed ora è stata riaperta mantenendo intatto lo stile tradizionale. Biancamaro e Asinello in pole position e molto street food genovese, a partire dalle tradizionali panissette.
♦ Ostaia Cicala: Vico Cicala, 27, – Genova – Facebook

Ostaia da U Neo

“Osteria dal nipote”, per decrittare dal dialetto. Siamo a Sestri Ponente, in Via D’Andrade. Nel cuore della popolosa e popolare delegazione del ponente genovese. Si beve di grande qualità, da sempre è meta di musicisti secondo lo stile proposto dal titolare Fabio Ricchebono che ha una sua band musicale e, ogni tanto, entra a far parte del ricco cartellone. Il locale diventerà centenario il prossimo anno. Partito come classica osteria dove si beveva vino e si portavano farinate o focacce da condividere, oggi ha assunto uno stile più adeguato a tempi e gusti. Ed è anche l’unico posto in Liguria dove si può assaggiare l’originale crescia marchigiana.
♦ Ostaia da U Neo: Via Alfredo D’Andrade, 85r – Genova – Facebook

Vineria da Paul

Inserita nel dedalo dei vicoli genovesi in vico Canneto il Curto, la Vineria da Paul è un connubio tra bevute sapienti, incontri di varia e variegata umanità in un contesto tipicamente “vicolaro”. Alle spalle del suo titolare Paul, un italo americano dall’affabulazione simpatica, un variegato mondo di bottiglie dove fanno bella mostra di sé etichette di nicchia o che credevate relegate al Jurassico degli spiriti. Pochi tavoli in un angolo davvero caratteristico di Genova. Qui bevete l’Asinello Corochinato nelle sue numerose declinazioni. Lo avete mai provato in abbinata con l’Amaro 18 Isolabella?
♦ Vineria Da Paul: vico Canneto il Curto 36r – Genova – Facebook