Back to the Wine, il successo faentino della festa del vino naturale

Il 13 e 14 novembre, a Faenza (RA) si è svolto Back to the Wine, la grande kermesse dedicata ai vini naturali italiani ed europei e alle eccellenze enogastronomiche.

Si è da poco concluso a Faenza con un grande successo di pubblico e operatori l’evento Back to the Wine, la fiera o forse meglio la festa del vino naturale.

Il titolo dell’evento mi è piaciuto fin da subito perché richiama le origini, i tempi indietro, la base del vino semplice e autentico. È anche un omaggio al film “Back to the future”, ritorno al futuro, quasi a suggerire che la strada per il riscatto del buon vino, e quindi per il suo necessario futuro, è per forza un ritorno al passato.

Chi produce vino naturale e anche chi lo beve, vuole un prodotto etico; senza aggiunte chimiche se non in percentuali irrisorie e che rispetti l’ambiente, la terra e chi la lavora. Chi lo vende, molto spesso, è la stessa persona che lo produce, il vignaiolo, un artigiano che cura e crea personalmente l’uva, il vino e la promozione della sua attività. Per questi motivi, i vini naturali sono buoni e giusti: sono la sintesi di un lavoro, di un vitigno e di un territorio.

Sono persino economici se consideriamo il notevole impegno che richiedono la cura del dettaglio e lo sforzo di seguire una scelta etica (le ore di lavoro in vigna sono nettamente superiori a chi produce industrialmente).

Back to the Wine ha avuto come protagoniste 130 cantine da tutti i territori d’Italia (con sconfinamento in Slovenia, Francia e Croazia) e non si è limitato alla promozione del vino come prodotto ma anche alle contaminazioni gastronomiche e artistiche che può determinare quando esce dalla bottiglia.

Alimenti che fanno dell’artigianalità e della filiera corta due elementi imprescindibili della produzione come i salumi e i formaggi dell’Azienda Agricola di Gregorio Rotolo dell’Aquila o Cal Bianchino di Urbino, i pesci della Manifattura dei Marinati di Comacchio (FE) ma anche birre artigianali e olio.

Sul piano dell’arte e del racconto dell’universo del gusto, molto interessante il magazine La Dispensa, ma anche gli appuntamenti musicali con Maurizio Pratelli e Ducoli.

Tanti gli assaggi molto positivi sul piano del vino: le due Albana di Vigne dei Boschi, sia nella versione anfora che nella base; avvolgenti, persistenti e strutturate.

Il “vino esplicito” di un giovanissimo vignaiolo vicentino con le idee molto chiare, che sicuramente farà molta strada con la sua Vespaiola. Poi massicci assaggi di vini sloveni, come Cotar e U.O.U. che per le lunghe macerazioni rappresentano, in assoluto, un modello da imitare, sia sui bianchi che sui rossi e infine una coccola per chiudere in bellezza, e placare l’arsura: l’arshura dell’ascolano Mattoni da un Montepulciano in purezza (ha iniziato a produrlo per placare l’atavica sete che da sempre ha attanagliato generazioni di auto produttori di famiglia) e Kurni, un’eccellenza apprezzata ormai in tutto il mondo; Montepulciano di Cupra marittima (come Mattoni) dove la bassa resa per ettaro rende il vino di un colore impenetrabile, con viraggi di etere e visciole, violette e liquirizia anche dopo averlo mandato giù con parsimonia.

Back to the wine si è rivelato un evento ben organizzato che è servito per fare il punto della situazione sul gradimento dei vini naturali nel mercato contemporaneo facendo emergere varie realtà dell’Emilia Romagna ma anche italiane, riscuotendo un grande favore di pubblico e accontentando sia i neofiti, in particolare molti giovani, sia i degustatori più esigenti.

Dimenticavo di dire un dettaglio fondamentale: le sputacchiere non c’erano o meglio c’erano ma erano camuffate da bidoni in plastica col fondo di segatura. Non tutti l’hanno capito e comunque ho visto che in pochi hanno sputato…i vini erano troppo buoni!

© Articolo di Francesco Antonelli