Beniamino Baleotti: “Diventare uno chef è stata una vocazione”

La Gazzetta del Gusto intervista Beniamino Baleotti, lo chef di “Detto fatto” che ci racconta il suo amore per la cucina e come è arrivato in tv nel popolare programma di Rai 2.

Mia nonna mi ha insegnato che il cibo è convivialità – ci dice lo chef Beniamino Baleotti, e ogni volta che si fa da mangiare è una festa non un lavoro. La cucina non è mai routine come altri settori“.

Beniamino-Baleotti-intervista-allo-chef-di-Detto-fattoConclusa per questa stagione, la sua partecipazione a “Detto Fatto”, il programma di Rai 2 condotto da Caterina Balivo, lo Chef  Beniamino Baleotti, bolognese DOC, si appresta ad essere protagonista di un tour gastronomico in diverse località italiane e addirittura volerà in Giappone dove si cimenterà in una delle cose che gli riesce meglio: la preparazione della sfoglia. Ospite di alcune Associazioni Culturali di Tokyo, infatti, terrà Master Class e Show Cooking sulla materia.

In attesa di rivederlo in autunno alla ripresa del programma, io e Daniela Minnella l’abbiamo intervistato per farci raccontare un po’ di sè e del suo lavoro. Abbiamo scoperto una persona semplice, sorridente e disponibile nonostante, a soli 31 anni, Beniamino sia già uno chef di provata esperienza e definito “Il Re della sfoglia” per la sua abilità in uno dei piatti tipici della cucina emiliano-romagnola.

In 10 anni di lavoro ha conquistato diversi premi prestigiosi come lo “Sfoglino d’oro”, il “Mattarello d’oro” e la “Tagliatella d’oro, è chef nell’Agriturismo Le Ginestre a Pianoro (BO), di proprietà della sua famiglia, è maestro sfoglino e docente in corsi di cucina. Dopo aver partecipato a diversi programmi nelle televisioni locali, la grande popolarità nazionale è arrivata con “Detto Fatto” e la cosa non ci stupisce. Ha la tipica faccia da bravo ragazzo, simpatico e sempre sorridente e sicuramente è molto fotogenico. Inoltre vederlo impastare la sfoglia è un vero piacere; l’abilità di Baleotti è il frutto di tanti anni di esercizio e, nello stesso tempo, ha una spiccata capacità di spiegare bene tutti i trucchi del mestiere.

Io e Daniela Minnella lo abbiamo incontriamo in una caldissima giornata estiva in cui ci ha ricevuto con una semplicissima maglietta arancione che lo faceva sembrare ancora più giovane e affabile. Leggete un po’ cosa ci ha detto.

Ciao Beniamino e grazie di incontrare i lettori de La Gazzetta del Gusto.
Un saluto a tutti voi.

A 31 anni hai già raggiunto ottimi risultati professionali e sei anche un volto popolare della tv. Come ci si sente?
Per me è la realizzazione di un sogno. Dopo aver studiato, e dopo 10 anni di lavoro in cucina spesi a migliorarmi ed affinare la tecnica, vedere che la passione che metti nel tuo lavoro ti ripaga è molto gratificante.

Raccontaci come sei diventato il “Re della sfoglia”
Mi sono diplomato all’Istituto alberghiero “Bartolomeo Scappi” di Casalecchio di Reno. Ho seguito l’intero corso di studi con passione ed è stato molto utile per la mia preparazione. In seguito, avendo la fortuna di avere alle spalle l’Agriturismo di famiglia, ho iniziato a lavorare subito e a perfezionare le mie tecniche dedicandomi a quello che mi piaceva di più, come la sfoglia, tralasciando altri settori della cucina. Nella preparazione della sfoglia, la pratica è importante; più la fai e più viene buona.

Tutti i bambini sognano cosa faranno da grandi e, spesso, le aspirazioni cambiano nel tempo. Tu hai sempre voluto cucinare?
Si, fin da quando avevo 5 o 6 anni, l’ho sempre considerata una vocazione. Da piccolo mi divertiva stare in cucina attaccato alle sottane di mamma e nonna e mi piaceva vederle cucinare per la nostra famiglia numerosa e carpire i loro segreti. Sono cresciuto con la determinazione di “far da mangiare “. Mia nonna mi ha trasmesso la convinzione che il cibo è convivialità e, ogni volta che si fa da mangiare, è una festa non un lavoro. La cucina non avrà mai fine, è una continua scoperta di sapori, di ingredienti e di tecniche e non diventa mai un lavoro di routine come in altri settori.

Avrai letto che la rivista americana Forbes ha scritto che la cucina emiliana è la migliore al mondo. Cosa ne pensi e perché, secondo te, l’hanno preferita ad altre cucine regionali italiane?
La cucina bolognese, e quella emiliana in generale, sono ricche di sapori e prodotti tipici famosi in tutto il mondo. Pensiamo ad esempio ai prodotti derivati dalla lavorazione della carne di maiale che, abilmente e secondo ricette ormai secolari, diventa molto saporita trasformandosi in Mortadella, nel Prosciutto di Parma, nel Culatello di Zibello, ma anche all’Aceto Balsamico di Modena, ai tortellini, alle lasagne, alle tagliatelle e a moltissimi altri piatti e prodotti, tanto numerosi che sarebbe impossibile menzionarli tutti ma che rappresentano delle autentiche eccellenze. Anche delle preparazioni semplici, come la sfoglia trasformata in tagliatelle, sono buonissime e basta un condimento con burro e Parmigiano per ottenere un piatto gustosissimo. Tale varietà si riscontra in ogni angolo dell’Emilia Romagna pur con differenze tra le province e tra i vari paesi di una stessa provincia. Spostandoci da Bologna a Modena, a Ferrara o a Ravenna scopriamo delle piccole e grandi differenze sia nel modo di chiamare le ricette tipiche che nelle tecniche di preparazione.
Storicamente l’Emilia Romagna è stata colonizzata da molte popolazioni che hanno portato un po’ della loro cultura e ne hanno arricchito anche la gastronomia e le tradizioni. Si dice che già i Romani, secoli fa, preparavano una sorta di sfoglia simile a quella con cui si prepara la lasagna dei giorni nostri. Inoltre la varietà dei prodotti tipici è favorita dall’eterogeneità del territorio che comprende colline, montagne, pianura, mare e questo arricchisce l’offerta degli ingredienti. Le tradizioni, poi, non si perdono nel tempo ma vengono tramandate di generazione in generazione, rendendole così sempre più forti ed attuali.

Sei un cultore della tradizione emiliana. Come ritieni conciliabili tradizione e innovazione in cucina?
In linea di massima, la cucina tradizionale deve rimanere immutata almeno nelle sue basi. Se prepari un tortellino gli ingredienti essenziali non possono e non devono essere modificati perché la ricetta è la stessa da secoli. L’innovazione può essere messa al servizio della tradizione con l’obiettivo di elevarla e renderla fruibile a tutti, anche a chi ha ad esempio intolleranze alimentari. Partendo da basi tradizionali si possono impiegare nuovi ingredienti o nuove tecniche di preparazione.
Pensiamo ai celiaci, per i quali potremmo utilizzare prodotti specifici per loro oppure ai vegani per i quali si possono eliminare gli ingredienti di origine animale. Mi viene in mente una sfoglia priva di uova oppure di sostituire il Parmigiano con formaggi vegani. Girando, ad esempio, ho scoperto lo “Strachicco”, un formaggio vegetale simile allo Stracchino ottenuto dal latte di riso integrale germogliato. Magari questi piatti non saranno identici a quelli classici ma si avvicineranno di molto.
Ma bisogna anche stare attenti. Quando ci si allontana in maniera eccessiva, personalmente, io non sono d’accordo: non si devono stravolgere le tradizioni. Se parliamo di cucina molecolare o di altre tecniche chimiche, allora passiamo su un piano completamente diverso.

Sei cresciuto nella campagna bolognese e quindi in un contesto in cui il rispetto della natura e degli animali è molto sentito. Come consideri la scelta vegana o vegetariana in genere?
Personalmente non sono un grande mangiatore di carne anche se non ho operato una scelta vegana. Non credo sia giusto criminalizzare chi mangia la “ciccia” o criticare chi ha deciso di eliminarla. Oltre ad essere scelte personali, ritengo che ci voglia equilibrio. Mangiare sempre carne fa male e ognuno deve valutare cosa fa bene al proprio fisico e adeguare l’alimentazione al proprio stile di vita. La stessa dieta mediterranea prevede di mangiare carne solo due volte a settimana per apportare la giusta dose di proteine, ma di nutrirsi anche di altre cose come verdura, frutta, fibre, carboidrati e così via. Come dicevo prima, mangio la carne se devo fare un ripieno di tortellini o un brodo oppure un ragù alla bolognese ma senza esagerare.

Chef importanti erano dell’Emilia Romagna, da Pellegrino Artusi ritenuto il maestro di una cucina scientifica e sperimentale fino al contemporaneo Massimo Bottura. C’è qualcuno che per te è un riferimento o a cui ti ispiri?
Il mio riferimento principale è stato mia nonna Clarice. Mi piaceva il suo modo di cucinare e ho imparato questo mestiere da lei. Ci sono cuochi bravissimi che hanno talento ed estro ma a volte rischiano di stravolgere eccessivamente la cucina tradizionale. Il mio personale parere, ripeto, è che si può rinnovare senza sovvertire la tradizione altrimenti parliamo di altre cose. Riconosco che questo argomento è un terreno minato su cui si potrebbe discorrere a lungo ma anche sul quale ci si potrebbe fare male. Un po’ si deve azzardare in cucina perché non dobbiamo fare tutti gli stessi piatti, ma bisogna mantenere comunque dei riferimenti fissi.

Viaggiando anche all’estero per lavoro, ti capiterà di degustare le cucine internazionali. Quali ti piacciono e cosa, secondo te, la cucina italiana dovrebbe acquisire dalle cucine degli altri Paesi?
La cucina italiana è la migliore al mondo per varietà, qualità e ingredienti e non ha bisogno di alcuna ispirazione dall’esterno. Posso dirlo con certezza perché non è solo un mio parere ma è una cosa universalmente riconosciuta. Detto ciò, mi piace molto la cucina giapponese, un po’ meno quella cinese. Credo che i giapponesi condividano con gli italiani la passione e la cura che mettono nel cucinare. Per quanto riguarda le cucine di altri Stati, pur avendo ognuna delle cose buone, sono sempre molto specifiche e limitate nell’offerta. Ad esempio sono stato a Buenos Aires dove ho mangiato una carne buonissima che si scioglieva in bocca come il burro ma sinceramente non ho riscontrato molto altro. In Lussemburgo, ad esempio, fanno molte cose fritte ma, anche in questo caso, non vanno molto lontani. La gastronomia italiana, invece, è davvero ricchissima di sapori.

Negli ultimi anni le scuole alberghiere registrano un record di iscrizioni, soprattutto nel settore della cucina. Cosa consigli ai ragazzi che vogliono diventare chef?
Avere dei sogni è una cosa necessaria e fa sempre bene essere animati da un’ambizione sana. Sono la spinta per migliorarsi e per andare avanti ma ai ragazzi che iniziano la scuola alberghiera, consiglio di non iscriversi pensando che, finiti gli studi, diventeranno sicuramente degli chef di successo e che andranno in Tv. Bisogna avere passione, migliorarsi continuamente e lavorare molto perché il lavoro in cucina, e nella ristorazione in generale, non è quello di un impiegato che timbra il cartellino e dopo 8 ore va a casa.
Molti che hanno iniziato a fare i cuochi hanno abbandonato perché si sono resi conto che non esistono orari, si lavora anche di sera, nei fine settimana e nei giorni di festa. Solo chi ama questo mestiere non lo vede come un peso. La Tv era una cosa che mi ha sempre incuriosito ma ho dovuto aspettare di perfezionarmi e di essere pronto e comunque anche quella non arriva per tutti.

Come sei arrivato a fare televisione?
Si tratta di un’esperienza che ho cercato io; se sei sconosciuto, nessuno viene a cercarti. Ho scritto e chiesto di partecipare a tanti programmi televisivi tra cui “La Prova del Cuoco”, che mi è piaciuta fin dalle prime edizioni, ma non mi hanno chiamato. Poi sono stato ospite in alcune trasmissioni in onda nelle emittenti televisive regionali fino a quando è arrivata la risposta da “Detto Fatto”. Mi hanno chiesto di inviare il mio curriculum e un video in cui dimostravo cosa sapessi fare. Inutile dire quanto fossi felice quando mi hanno chiamato e invitato negli studi Rai.

Ti aspetta un’estate di lavoro. Sarai protagonista di un tour enogastronomico in Italia e andrai anche in Giappone. Andrai lì per turismo o per lavoro?
Vado in Giappone per lavoro ma mi piace sempre visitare i posti dove mi trovo. Già l’anno scorso la Camera di Commercio di Tokyo mi aveva invitato per mostrare come si prepara la sfoglia. Mi ero divertito ed è stato un grande successo perché i giapponesi sono attratti dalla nostra cucina ed è un mercato ancora aperto. Devo dire che sono bravissimi e imparano subito; degli allievi che non avevano mai preso in mano un matterello sono diventati esperti in pochi minuti. Quest’anno ripeterò la stessa esperienza.

In cucina improvvisi o segui fedelmente le ricette?
Certo, improvviso molto spesso. Mi capita di aprire la dispensa e, in base a quello che trovo, sfogo la mia creatività. Mi diverte fare delle variazioni sui temi classici e magari realizzare delle sfoglie colorate aggiungendo all’impasto, ad esempio, del basilico, degli spinaci, delle rape rosse e così via.

La nostra Daniela Minnella ha alcune domande tecniche di cucina. Per la sfoglia usi la farina 00, la farina 0 oppure la semola?
Io uso principalmente la farina da sfoglia che si trova in commercio, poco cambia se sia zero o doppio zero. Se preparassimo la sfoglia con una farina da dolci il risultato sarebbe diverso e non otterremmo la stessa elasticità. Oggi al supermercato si trovano tanti tipi diversi di farine: quella per dolci, quella per la sfoglia, quella per il pane, quella addizionata. Basta cercare e saper scegliere quella più adatta.

Qual è il piatto che ti riesce meglio in assoluto?
Sicuramente il principe della tavola ossia il tortellino ma mi vengono bene anche le tagliatelle o le lasagne e in genere tutta la cucina emiliana. Preparo tutto in modo artigianale e con ingredienti genuini e di qualità. Faccio anche il brodo, nella mia cucina il dado è categoricamente vietato!

Nel ripieno dei tortelloni alla ricotta metti l’uovo? Alcune cuoche bolognesi ritengono che serva a legare meglio l’impasto.
Personalmente non aggiungo l’uovo nel ripieno anche perché se la ricotta è buona e soda si presenta già compatta. Nel caso di quelle commerciali, e quindi più morbide, consiglierei di legare l’impasto aggiungendo del Parmigiano. Tuttavia dobbiamo anche riconoscere che esiste una tradizione specifica in ogni famiglia. In ogni casa esistono dei segreti e delle variazioni nella preparazione delle ricette, magari tramandati per generazioni e va bene così, diventa anche una questione di gusti.

Ci regali una ricetta per i lettori de La Gazzetta del Gusto?
Volentieri. Un piatto che va bene anche per l’estate è quello dei Tortelloni Speck e rucola: e di seguito trovate la ricetta.

Comunque per chiunque volesse contattarmi per avere mie ricette o suggerimenti di cucina, lo può fare su Facebook alla pagina Beniamino Baleotti Fanpage, su Twitter come @redellasfoglia, su Instagram come @redellasfoglia e naturalmente sul mio sito www.beniaminobaleotti.it. Buon appetito a tutti….e a presto.

Tortelloni Speck e rucola dello Chef Beniamino Baneotti

Scarica qui la ricetta