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“Irresistibile Piwi”: a Verona, da venerdì, la due giorni dedicata ai vitigni resistenti

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Souvignier Gris, tra i migliori e più diffusi bianchi Piwi (Foto © Luca De Palma).

Una mostra-mercato dove incontrare (e degustare) i vini e insieme a loro conoscere i produttori e i vivaisti impegnati in un progetto ambizioso e dal respiro europeo

Hanno nomi insoliti come Johanniter, Solaris o Souvignier Gris, ma anche Bronner, Regent, Cabernet Blanc. E sono varietà di vite ibrida sviluppate, cioè, per resistere alle principali malattie che colpiscono la vite. Questi e molti altri ancora fanno parte del gruppo dei vitigni detti PiWi (dal nome tedesco Pilzwiederstandfähig che significa resistenti ai funghi), i cui vini da essi ricavati incontrano oggi un interesse maggiore anche in Italia (mentre sono particolarmente diffusi in Germania e riscontrano crescente attenzione, grazie a importanti progetti, tanto in Svizzera che in Francia).

E una mostra mercato dal titolo Irresistibile Piwi Wine Festival, che si terrà i prossimi venerdì e sabato, 24 e 25 maggio, nella sala Margherita della PalaExpo di Verona Fiere consentirà di fare il punto della situazione, permettendo anche all’appassionato di calarsi in una realtà affascinante che è strettamente legata ai temi più urgenti che agitano il dibattito e le coscienze odierne: la sostenibilità, la difesa della biodiversità, il rifiuto di una chimica che inquina l’ambiente.

Vini PIWI alla FEM di San Michele all’Adige, giunta alla 3a edizione (Foto © Luca De Palma).

Irresistibile Piwi Wine Festival, intervista a Luca De Palma

Ne parliamo con Luca De Palma, enologo che insieme a Igor Bonvento, agronomo, ha organizzato l’evento “Irrestibile Piwi”, dove si terrà anche la prima assemblea Piwi Italia.

Il significato dell’acronimo Piwi rimanda alla resistenza ai funghi da parte di questi vitigni, ma da quali pericoli si devono difendere?

«Dalle malattie più letali e distruttive della vite – che sono la peronospora e l’oidio – che di solito si curano o tramite interventi chimici o, in agricoltura biologica, con il rame e lo zolfo, pur non privi anche tali trattamenti di alcune problematiche».

Quando e come nascono questi vitigni resistenti?

«Già nell’’800 perché per difendersi da queste malattie si cominciarono a incrociare le viti europee (sensibili alla peronospora e all’oidio) e quelle asiatiche e americane che, pur non producendo uva, non sono sensibili a tali attacchi. Nell’incrocio, casualmente, si constatò che si sviluppava una vite figlia che produceva uva e che insieme era resistente alle malattie. Si parla a tal proposito di ibridi di prima generazione, eravamo appunto nell’’800. Il più famoso esempio è l’uva Isabella, conosciuta anche come uva fragola, che nell’’800 invase l’Europa. Non si tratta certo di un’uva qualitativamente alta».

Le 36 varietà PIWI ammesse in Italia (Foto © Luca De Palma).

E poi che cosa accadde?

«Quando si ritornò alle varietà nobili, le uve ibride vennero accantonate. Ma non lo sviluppo o la ricerca che invece le hanno perfezionate. Sono nate la 2° e la 3° generazione (del resto occorrono 40 anni per validare una generazione). Succede che un vitigno appartenente a quelli nobili incrociato con uno di una generazione ibrida può acquisire le migliori caratteristiche di entrambi. Di recente, poi, il lavoro si è fatto più veloce: la piantina viene fatta crescere se si verifica che contiene il gene della resistenza».

Che cosa succede nei prossimi giorni a Verona?

«Sarà possibile avvicinare questo mondo piccolo, ma affascinante e appassionato. Si ritroveranno 55 produttori. Ciascuno con una postazione tanto per far degustare i loro vini che per acquistarli. Attorno ci saranno gli enti vivaisti e le università che fanno gli esperimenti e la produzione di queste varietà ibride. E sarà possibile acquistare anche le barbatelle. Ci saranno seminari, dibattiti».

Qual è la situazione oggi in Europa in tema di vitigni resistenti?

«In Francia c’è un progetto molto importante sulla ricerca genetica sulla vite che fa capo all’INRA (l’Istituto Nazionale di Ricerca Agronomica di Colmar). In Svizzera pure con Agroscope. Oggi nascono sempre più vitigni di 4°, 5° e 6° generazione. E la parte di genetica del genitore nobile raggiunge il 97%,98%, mentre in quel 3% di uva non europea presente in questi vitigni troviamo i geni di resistenza alla peronospora e all’oidio».

E l’Italia come si muove? Quali sono i suoi numeri?

«Sono duemila gli ettari di vigneti coltivati in Italia a varietà PIWI o vitigni resistenti. Più della metà si trovano in Veneto. Un altro 40% si colloca tra Trentino e Alto Adige. Quindi Friuli e Lombardia. Questo argomento, insomma, l’ha in mano il Nord est. La neonata Piwi Italia promuove la divulgazione e cerca coesione tra i produttori italiani che oggi sono circa 200. Da noi sono ammesse 36 varietà rispetto alle centinaia disponibili in Europa. Sono poche e non coprono il fabbisogno di variabilità che ci potrebbe essere perché sono vitigni adatti per lo più a climi freddi».

Marco Stefanini (Presidente PIWI Italia) e i presidenti regionali (Foto © Luca De Palma).

Da dove nascono le resistenze?

«Ci sono costi, tempi, vizi di tradizione e magari anche ignoranza. C’è una legge che vieta l’uso dei vitigni resistenti all’interno delle Doc, ma questa è una legge solo italiana. Bisogna piuttosto lavorare perché anche qui la situazione venga equiparata all’Europa».

Quali sono gli ideali che vi ispirano?

«Quelli di sostenibilità concreta e documentata. Avere un vitigno resistente in campagna significa che vuoi bene all’ambiente. Significa credere alla naturalità nella vigna e solitamente anche in cantina».

IRRESISTIBILE PIWI
24-25 Maggio, Verona Fiere,  PalaExpo, sala Margherita, 10-18
www.vinievitiresistenti.it | www.irresistibilepiwi.it
Gruppo Facebook: PiwiTastingFriends

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Giovanni Caldara

Cronista di cose buone e talvolta di altre un po’ meno. Ispettore per alcune guide gastronomiche. Bergamo gli diede i natali. Ama Venezia, le montagne, la musica e il Settecento: di quello prima, però, che rotolassero teste. Tra le testate, invece, con cui collabora o ha collaborato: Avvenire, Civiltà del Bere, Elle (Gourmet), Il Giornale.it.

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