Eventi Trentino-Alto Adige

Merano Wine Festival 2019: l’eccellenza del vino ha abbracciato il mondo dell’eleganza

Come previsto la 28^ edizione dell’evento ideato da Helmuth Koecher non ha disatteso le aspettative e le promesse del patron

Kurhaus sede del Merano Wine Festival 2019
Il Kurhaus, l’edificio liberty che accoglie il Merano Wine Festival 2019 (Foto © Marco Sciarrini).

Nel Merano Wine Festival 2019, l’eccellenza del vino ha abbracciato il mondo dell’eleganza in una edizione dedicata ai 500 anni di Leonardo Da Vinci, a cui Merano ha dedicato uno spazio speciale all’interno della location cuore della manifestazione.

Sono stati oltre 100 gli eventi che nelle sei giornate del programma hanno visto protagonisti nomi eccellenti nel campo wine&food e focus su temi della sfera vinicola e non solo, uno per tutti il Convegno sulla sostenibilità “Wine Sustainability Outlooks”.

Arrivati come dicevamo alla 28^ edizione, il Festival è divenuto un evento culturale di portata internazionale, fra degustazioni, conferenze, masterclass e premiazioni che hanno coinvolto un pubblico di oltre 10.000 visitatori. Notevole anche il risalto mediatico dell’evento con collaborazioni del livello di Radio Monte Carlo, radio partner ufficiale dell’evento, Cantina Social a ricoprire il ruolo di canale informativo multipiattaforma, leader nella trasformazione digitale del mondo del vino e fondatrice di The Wine Informant, un progetto internazionale con ben 100.000 follower.

Tra le testate italiane partner di Merano WineFestival, I Grandi Vini, Italia a Tavola, il sito de Le Guide de L’Espresso, e ancora Pambianco Wine&Food, Repubblica Sapori, Spirito di Vino.

Eventi collaterali di Merano Wine Festival 2019

Diversi gli eventi collaterali a tema enogastronomico, Side Events, che hanno arricchito il già folto programma, in alcune delle più affascinanti location di Merano con nomi di eccellenza tra cui Riccardo Cotarella, Franco Pepe e Gino Sorbillo, Gennaro Esposito e un grande omaggio a Gualtiero Marchesi.

Da segnalare tra gli appuntamenti il tema dell’accoglienza e del servizio con il “Concorso Emergente Sala” e “Vini d’Italia e dal mondo” seguiti da Riccardo Cotarella, appuntamento che ha portato in rassegna i vini provenienti da 60 cantine nazionali e internazionali del Presidente degli enologi mondiali.

Molti gli eventi collaterali legati al Merano Wine Festival (Foto © Marco Sciarrini).

Piazza della Rena ha ospitato invece il Wine Business Forum, per proseguire un’analisi dei lavori dei tavoli tematici sviluppati nell’ambito di Milano Wine Week 2019 con Silvana Ballotta Ceo di Business Strategies e Federico Gordini di Milano Wine Week, i giornalisti Andrea Radic, Andrea Guolo, Maurizio Di Maggio e Cantina Social.

Nella giornata di apertura del Merano Wine Festival 2019 si è svolto Naturae et Purae – bio&dynamica, convegno che è stato dedicato alla figura dell’enologo Rainer Zierock di cui ricorre il decimo anniversario della scomparsa, lo spazio è stato riservato ai vini biologici, biodinamici, naturali e ai vini bianchi macerati, i cosiddetti “orange wines”, e ai vini ottenuti da varietà di vite resistente alle crittogame (PIWI).

Nella giornata di sabato, presso il Teatro Puccini, è avvenuta la presentazione della guida Vinibuoni d’Italia.

Da “WineHunter Awards” alla selezione dei vini internazionali

Lo spazio del Kurhaus, edificio storico in stile Liberty, ha fatto da cornice a The Official Selection, cuore pulsante della manifestazione dove le migliori etichette presenti e premiate con i WineHunter Awards, i riconoscimenti della guida The WineHunter Award, hanno somministrato i prodotti premiati ed anche, nella giornata di lunedi alcune mini verticali di vecchie annate.

Molto interessante quest’anno la selezione dei vini internazionali, a conferma delle ambizioni di Helmuth Koecher, in particolare il sottoscritto ha apprezzato la qualità dei vini della Mosella, così come alcune cantine Georgiane che hanno portato la loro tradizione, accompagnata anche a tecnologia europea, della fermentazione e affinamento dei vini in anfora. Tradizione che in molti nel belpaese stano cominciando ad imitare.

Catwalk Champagne e il Fuori Salone

Nell’ultima giornata della kermesse meranese, il Kurhaus ha ospitato Catwalk Champagne, un appuntamento con lo Champagne in abbinamento a specialità gastronomiche d’eccellenza e prestigiosi cooking show.

54 tra le più famose case champagnistiche francesi hanno allietato il numeroso pubblico che ha potuto metter a confronto le bollicine nazionali con quelle dei cugini d’Oltralpe.

Gli appuntamenti per gli appassionati sono avvenuti anche con il programma del Fuori salone. Il Merano WineCitylife, in Corso Libertà, ha proposto un percorso creato ah hoc per visitatori e pubblico esterno proprio di fronte al Kurhaus, ospitando degustazioni, focus ed experience dedicate a territori, aziende e produttori emergenti del panorama italiano.

Fuori Salone del Merano Wine Festival
Il Fuori salone ha portato il Festival nella cittadina di Merano (Foto © Marco Sciarrini).

Lo stand della Camera di Commercio di Nuoro, sviluppato nell’ambito del concorso enologico nazionale B’NU, ha ospitato uno spazio dedicato alla Sardegna e ai suoi prodotti enogastronomici con approfondimenti, interventi, mini-lezioni e percorsi di degustazione alla scoperta di vini premiati B’NU 2019 e non solo.

La presenza dei Consorzi, con le loro proposte

Presente anche il Consorzio Garda DOC con un corner Spumante Garda DOC con tutte le etichette dei produttori provenienti dal territorio che si estende da Verona a Brescia passando per Mantova.

Il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, primo terroir produttivo della Lombardia, ha proposto anch’esso un corner Area Bollicine d’Oltrepò, fra esclusivi aperitivi e interessanti incontri in cui le aziende si sono raccontate. Infine, il Consorzio del Sannio ha offerto un programma di degustazioni guidate dall’AIS, riflessioni con comunicatori e degustatori, aperitivi e finger food.

Altro momento di incontro è avvenuto nello spazio The Circle in Piazza della Rena, teatro di racconti e confronti con un approccio non convenzionale al fine di coinvolgere il pubblico oltre ogni tecnicismo. Erano presenti Tinto, noto conduttore di Decanter su Rai Radio2 e Manuela Popolizio, curatrice dell’evento.

Helmuth Koecher (Foto © Facebook).

Helmuth Köcher, nell’incontro con i giornalisti, ha spiegato quanto sia forte il legame con la sua terra, che ospita il Merano Wine Festival:

«La mia famiglia si è insediata in Alto Adige oltre 150 anni fa e io sono nato a Merano. Mio nonno proveniva da una famiglia di maestri tessili della Boemia e mia nonna invece da una famiglia di viticoltori della Wachau dell’Austria. Queste due anime sicuramente mi hanno influenzato e mi hanno creato radici e fondamenta qui. Sono innamorato della mia terra e della sua natura. Vivere in Alto Adige, in particolare a Merano, mi ispira soprattutto grazie alle montagne e alla purezza della natura. Camminare in montagna, toccarne le rocce, mi riporta alle origini della natura e ispira la mia fantasia. Da questo connubio nasce la mia passione per gli aromi e i sapori, la passione per la storia e la cultura, per la tradizione e l’origine. Talvolta mi ritrovo vicino ad una cascata che scaturisce idee e ispirazioni. Le mie profonde radici in Alto Adige e la convinzione di vivere in un piccolo paradiso mi donano la possibilità di vedere l’essenziale, quello che è invisibile ma tocca il cuore».

L’ideatore della manifestazione ha anche spiegato il suo concetto di odierna qualità ed eccellenza:

«Quando ho iniziato con Merano WineFestival nel 1992 si iniziava a parlare di qualità, mentre la parola eccellenza era allo stato embrionale, perché non c’era la ricercatezza che c’è oggi. Il mercato della viticoltura non aveva a disposizione la tecnologia attuale e dopo 25 anni c’è stato un tale avanzamento, che produrre un prodotto di qualità non è più così difficile. La parola qualità diventa però difficile da interpretare e da usare nella comunicazione, così come la parola eccellenza: basta vedere quante volte questi termini vengono sfruttati, comparendo nelle pubblicità dei vari prodotti. Va fatta quindi una distinzione perché per me qualità, soprattutto nel segmento che riguarda il vino, è comunque da considerare a livello di emozione».

Altre domande dei giornalisti a Helmuth Köcher

Dopo oltre trent’anni di esperienza nel mondo del vino qual è, secondo lei, il fil rouge che dovrebbe unire passato, presente e futuro di questo affascinante mondo?
Sicuramente il fil rouge è la storia del vino, che ci racconta e ci dà la possibilità di assaggiare il DNA di un prodotto che è l’uva e di conseguenza la caratteristica di un territorio che diventa inconfondibile. Troviamo quindi rappresentato il passato, con i suoi 9000 anni di storia, ma anche il presente della viticoltura che è in continua evoluzione sia per quanto riguarda la cura dei vigneti che le varie fasi di produzione in cantina. Infine il futuro, che vuole coniugare storia, tradizione e cultura del territorio includendo il percorso di un’azienda che poi diventa una garanzia di fiducia per il consumatore che va ad acquistare il prodotto finale. Quando assaggio un vino o un prodotto deve esserci il valore emotivo e oltre a questo l’approccio con un’eccellenza deve darmi l’impressione di immergermi nel prodotto sia che si tratti di un vino, di un panettone o di un cioccolato. Quando la gente mi chiede come faccio a sapere se una determinata cosa è un prodotto qualitativamente buono o meno, io sono del parere che anche il fattore personale sia molto influente e che ognuno di noi sappia cosa piace o non piace perché possiede il valore emotivo che naturalmente anche i degustatori hanno.

L’Italia è una terra estremamente variegata in cui tradizione e innovazione si incontrano continuamente con risultati unici e spesso divenuti famosi in tutto il mondo. Qual è, invece, secondo lei un prodotto meno conosciuto ma dalle grandi potenzialità che ha scoperto in quest’ultimo anno? E quale la regione d’Italia con più potenzialità ancora nascoste?
Per quanto riguarda i prodotti vitivinicoli, l’Italia negli ultimi dieci anni ha riscoperto il territorio e le sue varietà autoctone; si parla di oltre 1000 varietà all’interno delle quali ogni regione ha una sua chicca e qualcosa di particolare. Ultimamente la mia attenzione è stata richiamata dai vitigni resistenti alle malattie fungine, i cosiddetti PIWI, come il Solaris o il Souvigner Gris che non sono particolarmente conosciuti ma il cui prodotto è notevole anche se ha bisogno ancora di un po’ di tempo per essere comunicato. Per quanto riguarda la regione d’Italia che ha più potenzialità nascoste ma che sta emergendo, questa è sicuramente la Puglia. Oltre alla sua storia, questa regione ha dei vitigni particolari come il Primitivo e il Negroamaro che fino a pochi anni fa erano utilizzati come vino per le grosse quantità e ora invece hanno visto il loro potenziale fortemente rivalutato e promettono bene per il futuro.

Ogni calice di vino e ogni prodotto gastronomico proposto in degustazione durante Merano WineFestival racchiude in sé una storia di eccellenza. Quanto è importante per lei la condivisione di queste storie con i visitatori?
Lo ritengo molto importante perché il vino ci racconta non solo la storia di un territorio, ma anche di un produttore. L’etichetta di un vino racconta il percorso che il produttore stesso ha fatto e con questa si vuole comunicare da una parte la filosofia che c’è dietro e dall’altra un’eventuale storia di famiglia. Quando si afferma che nel calice di vino troviamo anche l’anima del produttore, lo ritengo in parte vero. Ogni produttore cerca di dare la sua impronta al vino oltre a quella che viene conferita dal territorio, per cercare di trasferire il vissuto, il passato e la storia della famiglia stessa, soprattutto nel caso di aziende che sono alla ottava o decima generazione di viticoltori e vogliono valorizzare il lavoro dei propri padri e nonni. A questo punto la comunicazione è ampia perché racchiude la storia di un territorio, di una famiglia e di un vitigno. Faccio l’esempio del Pinot Nero in Alto Adige: il tutto risale al 1835 quando un arciduca portò la vite in questo terreno; ecco che dobbiamo partire da lì per arrivare ai giorni d’oggi in cui il Pinot Nero è considerato il miglior vino rosso dell’Alto Adige per eccellenza.

Lei è di natura un precursore, quali sono le prossime idee da realizzare nel campo della formazione e dell’innovazione legate al mondo del vino?
Sicuramente bisognerà puntare sulle nuove tecnologie di comunicazione come la realtà virtuale e la realtà aumentata cercando di formare persone che siano non solo interessate tecnicamente alla tecnologia, ma anche appassionate al tema del vino.

In una recente conferenza stampa ha annunciato l’idea di creare una fondazione legata all’attività del WineHunter. Ci vuole spiegare meglio di che cosa si tratta e quali le finalità che intende perseguire attraverso questa istituzione?
La volontà è quella di far diventare il WineHunter il primo riferimento di benchmark dell’alta qualità sia di vino che di prodotti tipici made in Italy. In Italia oltre a più di 15 guide e innumerevoli portali dedicati al vino e alle figure dei critici, vi è l’assoluta necessità di creare una referenza cappello che diventi un riferimento importante a livello nazionale e internazionale. Per dare la massima credibilità e anche imparzialità a The WineHutner Award è necessario creare una fondazione che ne sia garante. Faccio il riferimento ad altri premi come per esempio il premio Nobel oppure l’Oscar. Penso ad una fondazione con soci che rappresentano tutte le associazioni di categoria e tutti i critici del vino, un garante dell’alta qualità sia per il mercato nazionale che per quello internazionale.

C’è qualche esempio a cui si è ispirato nel suo passato? E attualmente, qualcosa che la ispira in vista del futuro?
Negli ultimi 30 anni ho visto crescere soprattutto la qualità ma anche il marketing e il posizionamento dei vini sui mercati internazionali. Ho cercato anche di analizzare i posizionamenti dei vini italiani sui vari mercati internazionali e la loro competitività nei confronti di altre nazionali come ad esempio la Francia. Quello che da sempre mi ha ispirato è lo sviluppo del valore dei vini e dei prezzi di mercato, sia quelli da collezione di annate vecchie che quelli di annate correnti. L’interazione con il mercato finanziario è un perno e un riferimento importante per posizionare e qualificare vini anche ad alti livelli di prezzo. Per la Francia lo sviluppo di un stock exchange come il Liv-ex, all’interno del quale viene dato il riferimento ai 100 migliori vini del mondo di ogni annata, è diventato fondamentale soprattutto per la vendita e il posizionamento dei vini sui mercati asiatici. Tra i 100 migliori vini l’Italia ogni anno ha un massimo di 3 – 5 vini, mentre la Francia ha oltre il 70 %. Questa disparità continua a dare più referenze al vino francese. Per questo motivo ritengo l’assoluta necessità di creare uno stock exchange solo per vini italiani. Ogni anno potrebbero essere valutati i migliori 100 vini con il cappello del WineHunter che all’interno di un algoritmo tenga conto anche delle valutazioni delle maggiori guide italiane ed estere. Il vino italiano in questa maniera otterrebbe maggiore attenzione e sicuramente anche maggiore richiesta. La conseguenza potrebbe inoltre essere quella che tra i 100 migliori vini del Liv-ex l’Italia iniziasse ad essere considerata alla pari con la Francia.

© Articolo di Marco Sciarrini

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