Suq Festival Genova 2017, quando il cibo diventa dialogo

Lo scorso giugno la città di Genova, nel suo stretto lembo di terra limitata dal mare e dai monti, ha ospitato la diciannovesima edizione della kermesse che ha fuso cultura, arte, sapori e profumi di diverse parti del mondo, confermando quanto sia bello conoscersi mangiando e mangiare conoscendosi.

A dispetto delle dicerie che ritraggono i genovesi come vecchi marinai salati, scorbutici e poco inclini all’ospitalità, dal 15 al 25 giugno, il capoluogo ligure ha ospitato – con successo – saperi e sapori di quattordici Stati del mondo durante il 19° Suq Festival, tenuto nel famoso Porto Antico di Genova.

Il termine suq (سوق) è un sostantivo arabo per identificare un mercato o una strada costellata da bazar, luogo di commercio e paesaggio caratteristico delle città arabe, dove si ritrovano colori, spezie e profumi di ogni tipo. Tutto questo è proprio quello che ha offerto il Suq Festival 2017 in quella zona di Genova che, durante l’inverno, è adibita a pista di pattinaggio sul ghiaccio. Un misto di aromi che hanno rievocato paesaggi tropicali e palme, fumi di incensi hanno riempito l’aria di profumi diversi e tantissime persone, provenienti da lontane parti del mondo, si sono riunite davanti ad un burrito messicano, dividendo una pita turca o degli involtini vietnamiti (che ricordano molto quelli primavera cinesi). Altri hanno avuto l’opportunità di assaporare un autentico thè arabo alla menta o un infuso mediorientale alla cannella.

L’incontro di culture enogastronomiche e civiltà diverse, ha reso superfluo l’abbinamento di cibo e bevanda dello stesso Paese ma, ad esempio, si sono accostati felicemente sangria e riso con salsa di arachidi, tipica ricetta ghanese. Ed è questa la bellezza del Suq: conoscersi mangiando, mangiare conoscendosi.

Il Suq a Genova è tappa fissa per chi, come me, è appassionata di cucina etnica. Quest’anno, a malincuore, mi sono ripromessa che non avrei assaggiato nuovamente le Harsha, focaccette marocchine preparate alla piastra a base di semola di grano duro, sale, burro e latte. Passando davanti allo stand indiano, ho ignorato i Samosa, un popolare street food indiano che si presenta sottoforma di triangolino succulento, fritto in una pastella e ripieno di patate, anacardi, zenzero, cumino, curcuma, peperoncino… insomma, un’esplosione di gusto e colori!

Anche la cucina persiana al Suq Festival Genova 2017

Era l’ora di provare qualcosa di nuovo! Indagando tra i vari stand di abbigliamento tradizionale, banchetti di gioielli in legno, cartomanti e corpulente donne intente a riempire la testa di una giovane di minuscole treccine, sono stata attratta da un nuovo profumo. Il mio naso è stato sedotto da una fragranza più agrodolce di quelle sentite finora, nella quale erano forti le note speziate, ma che aveva un retrogusto dolce e delicato.

Una giovane donna mi ha offerto in degustazione un vassoio contenente koresh, adas, kufte e hummus. I profumi, i colori, la preparazione e l’ottimo sapore mi hanno conquistata, confermandomi che la cucina persiana è caratterizzata da molte e squisite contraddizioni, una presenza di ying e yang anche in tavola. Si ritrovano, tra le altre cose, abbinamenti tra prelibatezze calde e contorni freddi in ottemperanza alle antiche credenze della medicina tradizionale iraniana che suggerisce questi accostamenti costrastanti per suscitare una maggiore appetibilità.

Il koresh è un’abbondante porzione di riso basmati con uno stufato di carne in salsa che, nel mio caso, era pollo con salsa di prugne secche, spinaci, cipolle, limoni e burro. La salsa di prugne conferisce al piatto un’intonazione dolce, intensa ma non fastidiosa per il palato mediterraneo non abituato a simili contrasti. La ricetta abbondava di pepe, zafferano e curcuma nel tradizionale mix di spezie che non manca mai nella cucina mediorientale.

Il piatto adas mi è parso meno articolato del precedente, ma non per questo deludente, anzi! Il riso basmati faceva da letto al pollo e a piccolissime lenticchie leggermente croccanti che si confondevano con l’uvetta morbida. Tra tutti questi ingredienti, quello che mi ha sorpreso di più è stato il riso, cucinato con il metodo tah-dig che consiste nel dare doratura e croccantezza al riso in una crema di burro spalmata sul fondo della pentola. Una delizia per gli occhi, per il palato e per il cuore di un buongustaio!

Per finire, le kafte con hummus, in apparenza delle normali polpette che – in realtà – di ordinario avevano poco. Si tratta di polpette in umido di carne di manzo tritata, leggermente fritte e avvolte da una squisita salsa agrodolce di cipolle, aceto, zucchero e curcuma. Una ricetta in cui le proporzioni sono fondamentali perchè è essenziale dosare, alla perfezione, lo zucchero e la curcuma per ottenere il giusto equilibrio di sapori e, nella mia esperienza genovese, è stato tutto perfetto. Come companatico, l’hummus, una salsa di ceci dal sapore leggero che si sposava bene con l’aroma delle polpette, senza superarle in creatività e sapore.

Il mio viaggio culinario nella diciannovesima edizione del Suq Festival di Genova finisce così, immersa negli odori, nei gusti, nei colori, nelle lingue, nelle risate, nelle forchettate, nelle storie, nelle tradizioni, negli occhi, nelle vesti e  nell’umanità che si respira in questo evento. Un’esperienza che non fa altro che confermare quanto l’eterogeneità e la convivenza di diverse culture sia una ricchezza e un privilegio per tutti, nonostante il parere contrario di chi vorrebbe provare a dividere e a mettere i popoli l’uno contro l’altro.

© Articolo di Alice Marchelli.