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Piange la mimosa: prezzi +20% e -40% di disponibilità per la Festa della donna

Allarme mimosa: per l'8 marzo +20% sul prezzo

L’omaggio femminile per l’8 marzo quest’anno sarà più caro.  Cia-Agricoltori Italiani stima un giro di affari da 12 milioni di euro ma anche un incremento di prezzo a fronte di una scarsità di prodotto per le fioriture anticipate a gennaio

La Festa della donna 2023 sarà caratterizzata dal “caro” mimosa, il fiore tipico dell’8 marzo e che, da solo, vale l’85% degli acquisti di stagione. Dalle stime di Cia-Agricoltori Italiani, il giro d’affari ruota intorno ai 12 milioni di euro, con 10 milioni di mazzetti pronti a essere regalati ad amiche, fidanzate, mogli e colleghe.

Quest’anno, tuttavia, l’omaggio sarà più costoso per tutti i cavalieri a causa della scarsità di mimose e di prezzi più alti. Le alte temperature di gennaio hanno determinato la fioritura anticipata degli alberi con la conseguenza che la produzione per la Festa della donna è calata del 40%. La siccità ha contribuito, soprattutto in Liguria da dove arriva il 90% della produzione nazionale.

Se i produttori floricoli sono, comunque, riusciti a mantenere prezzi stabili rispetto allo scorso anno, si segnala un +20% del costo al dettaglio sulla parte commerciale. Un mazzetto partirà dai 6 euro fino ad arrivare a 10-12 euro mentre le piante, il cui prezzo va in base alla grandezza del vaso, variano dagli 11 fino a 50 euro.

I rimedi sui ritardi della fioritura

Per far fronte agli effetti del climate change, il vivaismo nazionale sta ora studiando varianti tardive di mimosa che possano soddisfare la grande richiesta in occasione della festività dell’8 marzo.

Nella situazione complessivamente difficile per l’agricoltura a causa di siccità e aumento costi delle materie prime, l’associazione dei Florovivaisti Italiani di Cia segnala un buon livello di export. A causa degli eccessivi costi di trasporto si è, infatti, ridotta l’importazione in Europa di fiori dal Sud America e dall’Africa. La concorrenza di quei Paesi – dove spesso non vengono rispettati i diritti dei lavoratori e si produce con pesticidi vietati nell’Ue – è uno dei gravi problemi della floricoltura italiana. Significativo il caso delle rose vendute nelle catene della grande distribuzione che arrivano per la quasi totalità dal Kenya o delle orchidee, provenienti al 90% da Taiwan.

Cia ricorda, infine, come le vendite di mimosa abbiano tradizionalmente un effetto trainante per la commercializzazione di altre specie di fiori primaverili come anemoni, ranuncoli e margherite, con la possibilità di compensare la riduzione del 25% degli acquisti prodotti floricoli da parte dei consumatori, causata da un’inflazione che da mesi viaggia a doppia cifra.

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