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Le nuove tendenze del mondo della mixology: dai ready to drink agli analcolici

Cocktail pronti da bere e analcolici: la mixology si evolve

È boom di consumi di cocktail pronti da bere e di bevande analcoliche

Il covid ha segnato l’umanità in maniera profonda, con ripercussioni più o meno evidenti, a vari livelli. Alcuni di questi effetti sono stati palesi fin da subito, altri più lenti ma comunque destinati a cambiare le nostre abitudini, come nel caso della ristorazione e della mixology.

Se da un lato in tanti si sono ritrovati a sperimentare tra le mura domestiche, improvvisandosi barman e applicandosi nella realizzazione di drink famosi o sviluppandone di nuovi, c’è anche chi, nella solitudine, ha scoperto o riscoperto l’importanza di uno stile di vita più salutare che, in molti casi, non contempla l’alcol.

Il mondo dei cocktail pronti da bere

Le aziende più abili a leggere tempestivamente i nuovi trend di mercato, per cavalcarli in maniera vincente, non si sono fatte trovare impreparate: ecco, allora, che abbiamo potuto assistere all’avvento di interessanti novità.

Da un lato, realtà come Nio Cocktails o The Perfect Cocktail, hanno lanciato drink già pronti, ideali per il consumo domestico. La prima realtà si è affermata rapidamente come l’azienda italiana dei premium cocktail, grazie anche alle partnership con brand universalmente affermati, come Tanqueray Gin o Bulleit bourbon. The Perfect Cocktail, invece, è nata dopo cinque anni di progettazione e oggi, oltre alle bustine monodose, offre anche bag in box e fusti, per proporre il proprio prodotto anche sul canale Ho.Re.Ca.

Una delle box proposte da Nio Cocktails.

Un trend crescente anche tra gli stessi operatori del settore, come i ragazzi di Freni e Frizioni, storico locale di Trastevere, che ha lanciato i propri drink in fusto, riscuotendo un successo clamoroso.

«Cerchiamo di abbattere il pregiudizio dietro il premiscelato, mostrando al cliente non solo quanto sia facile e veloce ordinare un cocktail di questo tipo, ma anche quanto sia buono e di alto livello», spiegano i titolari Cristian Bugiada, Luca Conzato e Riccardo Rossi.

Un mondo, quello dei bar, profondamente sconvolto dalla pandemia, con la perdita di quasi 250 mila posti di lavoro, molti dei quali a tempo indeterminato e soprattutto di giovani e donne. Nel 2020 sono stati oltre 22 mila i pubblici esercizi, bar e ristoranti, che hanno chiuso a fronte delle 9.190 che hanno aperto, un saldo negativo di oltre 13 mila imprese (Dati Federazione Italiana Pubblici Esercizi). Tanti operatori del settore si sono orientati verso altri lavori, lasciando un buco di professionalità non indifferente.

Nel 2020 hanno chiuso oltre 22 mila pubblici esercizi, bar e ristoranti.

La diffusione di drink già pronti, allora, è stata vista in maniera positiva, per la sopravvivenza di numerose attività, capaci di poter offrire comunque un drink di livello accettabile alla propria clientela, anche senza un barman o una barlady di lungo corso dietro al bancone. Miscelare un cocktail sul momento, infatti, richiede non solo personale qualificato ma prevede un modo di servire, soggetto a diverse variabili difficili da preventivare e contenere.

Low e no alcol: nuovi prodotti e opportunità

La voglia di sperimentare, ha anche portato i consumatori a incuriorsi, studiare, provare nuovi prodotti e diventare anche più esigenti. Le tendenze “ipercritiche” figlie di trasmissioni come Master Chef, hanno preso piede anche nel settore della miscelazione, con consumatori sempre più pretenziosi ma anche attenti alla propria salute e desiderosi di uno stile di vita più salutare.

In particolar modo le bevande alcoliche sembrano oggi non esercitare più lo stesso fascino del passato sulle nuove generazioni. Ciononostante, Coca Cola e succhi di frutta, non sono più sufficienti per fornire alternative zero alcol che siano apprezzate: si ricerca e si desidera il gusto, magari con sfumature esotiche o particolari e non troppo zuccherate…

Un approccio nuovo al bere che si traduce in un nuovo segmento di consumatori e potenziali clienti per cui anche i produttori di vino hanno iniziato a seguire birrifici e distillerie, mettendosi in gioco per creare bevande senza o a basso contenuto alcolico.

A livello internazionale, inoltre, si registra l’interesse sempre più forte per il vino dealcolato, con la nascita anche di guide dedicate, come quella della Wine and Spirit Trade Association. Si stima un volume di affari per il vino dealcolato, nei soli Stati Uniti d’America, per l’anno 2023, pari a circa un miliardo di dollari.

I distillati zero alcol

Tuttavia è il mondo dei distillati zero alcol che fa parlare maggiormente di sè, con il lancio di nuovi prodotti sul mercato, che mantengano il gusto e l’aroma dei distillati tradizionali, ma senza contenere alcol. Sono ottenuti attraverso processi di distillazione e filtrazione che rimuovono l’alcol dal prodotto finito e impiegano una varietà di ingredienti, tra cui erbe, spezie e frutta, per creare una vasta gamma di sapori e aromi.

La multinazionale Diageo, dopo il successo del lancio della birra Guinness 0,0% e del Gordon’s 0,0%, nel 2021 ha lanciato sul mercato Tanqueray 0,0%, la versione zero alcol dell’inossidabile Tanqueray London Dry, registrando numeri decisamente superiori alle aspettative. Sono in arrivo anche le versioni Zero Alcol di Tanqueray Sevilla e, per quanto riguarda il mondo del rum, Capitan Morgan Spiced Gold 0,0%.

Pernod Ricard non sta a guardare e annuncia contromosse immediate, con il Beefeater 0,0% che sarà lanciato quest’anno in Spagna, per completare l’attuale gamma di bevande moderate di Beefeater, «offrendo ai consumatori una gamma completa di opzioni a basso o nullo contenuto alcolico», sottolinea il comunicato ufficiale della società.

A Bologna la prima fiera dedicata alle bevande analcoliche

«Il mondo degli analcolici è divertente, figo, giovane, e con una qualità sempre più alta. Anche in Italia, dove stanno spuntando tantissime novità che prendono ispirazione dall’estero» afferma Nicolò Pagnanelli che, assieme a Sofia Girelli, fondatrice de La Sobreria e Riccardo Astolfi, lo scorso 15 gennaio a Bologna hanno dato vita a “No/Lo Bolo Fair”, la prima fiera dedicata alle bevande analcoliche.

Sfruttando la tendenza anglosassone giunta anche da noi del “Dry January”, che invita le persone a non bere alcol nel mese di gennaio, per bilanciare gli stravizi delle feste, il 2024 è iniziato in un modo che, fino a pochi anni fa, non sarebbe stato nemmeno immaginabile. Del resto, ormai anche Halloween è entrato nelle nostre usanze. Siamo certi che sarà così anche per tutte queste nuove tendenze del bere.

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Raffaello De Crescenzo

"Enogastrocurioso", laureato in Tecnologie Alimentari ed in Viticoltura ed Enologia. Assaggiatore Esperto di oli d'oliva, assaggiatore di vini, degustatore di acque minerali, Sommelier e Videomaker. Sul web, dal 2013, è CulturAgroalimentare.

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