Franco Morando: «A Torino si mangia e beve di M***a»

Dichiarazioni di Franco Morando: le possibili conseguenze

Immediata l’indignazione di tantissimi ristoratori torinesi che, di fronte alle esternazioni sfuggite all’incauto produttore di vini, hanno dichiarato di voler togliere dalla carta il suo celebre Ruché. Protesta esagerata o irrimediabile caduta di stile che potrebbe compromettere l’azienda e il suo brand? Ne abbiamo parlato con chi a Torino vive e soprattutto lavora nel mondo del food

Nei giorni scorsi gli appassionati di vino e gossip avranno avuto modo di seguire la parabola mediatica (o meglio il volo libero senza paracadute) del produttore di vino Franco Morando. L’AD dell’azienda vinicola piemontese Montalbera, con sede a Castagnole Monferrato, è stato protagonista di una gaffe sui social che ora rischia di mettere in discussione la reputazione stessa del suo brand.

«Torino è una città di M***a, se volete mangiare e bere male venite qui. Fate 70 km in più, siete a Milano e vivrete meglio».

Le dichiarazioni di Franco Morando: una bufera comprensibile

Questa la frase che ha scatenato, giustamente, l’indignazione del mondo della ristorazione torinese (e non solo), pronunciata dall’incauto imprenditore in un video che ora è divenuto virale. Ad aggravare la sua posizione, come hanno rilevato in molti, è il fatto che una simile uscita provenga da un imprenditore del vino, che lavora a stretto contatto con i ristoratori e che dovrebbe conoscere perfettamente le fatiche e l’impegno, la passione e la dedizione che ognuno di loro profonde quotidianamente. Soprattutto al termine di un periodo complesso come quello della pandemia che ha costretto tutti a rimettersi in gioco.

A dire il vero, il video incriminato risale al novembre 2022, quando fu caricato (poi subito rimosso: evidentemente qualcuno aveva annusato la gaffe) sul profilo Instagram @DC_Legal Show, una sorta di Sex and the City in versione sabauda gestito da un’amica di Morando: l’avvocata Alessandra De Michelis.

A mesi di distanza, e in concomitanza con l’inclusione tra i concorrenti di Pechino Express 2023 della sedicente influencer (che all’attivo ha 16.400 follower), qualcuno ha ripescato la “chicca” sganciando la bomba. Le reazioni dei follower di Alessandra De Michelis, infatti, non si sono fatte attendere: al momento, i commenti negativi non si contano più e molti utenti chiedono a Sky Tv (il canale che trasmetterà Pechino Express) di sospendere il programma.

Le conseguenze per l’azienda Montalbera

Ma a uscirne ammaccata è soprattutto l’azienda vinicola Montalbera – che in questi giorni è impossibile taggare – a seguito della forte presa di posizione di molti operatori del food&beverage, sostenuti dalle rispettive associazioni di categoria. Gli interessati, infatti, hanno fatto sapere che ritireranno dalla propria carta dei vini l’etichetta dell’azienda, celebre per il suo Ruché.

La polemica dai social è presto passata alle pagine dei quotidiani e delle testate di settore. Da un lato i ristoratori torinesi, giustamente risentiti; dall’altra le scuse un po’ goffe e mal riuscite dell’imprenditore.

Al di là dell’inopportunità di quelle che avrebbero potuto restare battute infelici scambiate tra due amici, in un contesto evidentemente sopra le righe, abbiamo voluto chiedere un parere a chi a Torino – direttamente o indirettamente – lavora nell’ambito food e conosce bene il settore, per capire a cosa potrebbe portare la polemica.

Le opinioni sulle dichiarazioni di Morando

La protesta dei ristoratori è stata esagerata?

«No assolutamente. Non si può non essere d’accordo con i ristoratori di Torino che hanno giustamente deciso di boicottare l’etichetta» afferma Rosa del Gaudo, cuoca e food blogger (Il Folletto Panettiere). «E la cosa incredibile è che nel 2023 ci sia ancora qualcuno che sottovaluta la portata di un simile exploit affidato ai social. Inutile poi il tentativo di metterci una pezza, come si suol dire, adducendo puerili motivazioni e con delle scuse a posteriori che non fanno altro che aumentare l’indignazione di chi in questa vicenda si è sentito coinvolto in prima persona!». Nei giorni scorsi in effetti, Franco Morando ha rilasciato una serie di controdichiarazioni che la sintesi di certi titoli di giornali ha reso perfino grottesche: «Scusatemi, ero arrabbiato perché mi avevano rigato la Porsche» titolava qualche giorno fa un’intervista apparsa sul quotidiano La Stampa.

Perché tanta “leggerezza” di giudizio proprio da un imprenditore che lavora nel food?

Tutta la vicenda, sicuramente, fa riflettere sull’uso e l’abuso dei social. L’avventatezza stessa con cui l’imprenditore ha affidato le sue dichiarazioni al Web, senza pensare alle conseguenze, è sintomo di un delirio di onnipotenza che oggi sembra governare molti personaggi esposti mediaticamente.

«Siamo di fronte ad un epic fail – commenta Federica Lago, PR&Communication consultant – ovvero uno sbaglio sui social che va ad intaccare un asset importate per un imprenditore e di conseguenza per i relativi prodotti, la reputazione. Ricordiamoci che la brand reputation va di pari passo con la web reputation, e il caso ce lo dimostra».

Una vera e propria crisis aziedale, quindi, e un errore che potrebbe prima o poi capitare a tutti proprio a causa dell’eccessiva confidenza che spesso siamo portati a dare ai social.

In casi come le dichiarazioni di Franco Morando, una semplice scusa sulla carta stampata o su Instagram non è sicuramente sufficiente a rimediare.

«No assolutamente. – prosegue Federica Lago – Bisogna dedicare tempo per ricostruire una relazione compromessa. Il mio consiglio? Uscire dalla bolla social e andare di persona a ricostruire una relazione vera, fatte di strette di mano e di confronti sinceri.».

Impariamo, quindi a pesare le parole e a non agire di impulso. È forse questa la lezione più importante di tutta la vicenda?

«Il “Morando-gate” riguarda tutti noi, e non solo i torinesi o i ristoratori». Ne è convinta Graziella di Paola, autrice di Papille Brille e ambassador di alcune eccellenze enogastronomiche del territorio piemontese. «Le parole sono importanti, hanno un peso e chi le pronuncia deve assumersene la responsabilità».

Lo sdegno per la triste vicenda è indiscutibile.

«Quello di cui varrebbe la pena discutere invece è il valore della comunicazione. – aggiunge Graziella di Paola – I social media hanno azzerato le distanze e amplificato la portata delle nostre azioni. Il mondo virtuale potrebbe essere uno spazio migliore di quello reale, ma lo stiamo privando di contenuti in nome del nostro egocentrismo. Se le nostre vite sono sempre più influenzate dal circo mediatico, certi fatti però non dovrebbero restare impuniti. E proprio l’avvocata coinvolta dovrebbe conoscere l’iniziativa “Odiare ti costa” ideata da una sua collega. E se non ne fosse a conoscenza, sarebbe il caso di informare sia lei sia il suo amico di merende sinoire (merenda serale della tradizione contadina piemontese; nda)».

Torino vs Milano: confronto o scontro?

Tornado al tema cruciale sollevato da Morando, ancora una volta ecco che troviamo Torino vs Milano. Perché?

Nella sua prosaicità, la frase incriminata sembra riassumere quello che è l’eterno – e assurdo – confronto/scontro tra Milano e Torino. Diatriba che qui è spostata sul piano culinario e della ristorazione. Il giudizio tranchant di Franco Morando sembra rispecchiare un modo di pensare assolutistico e poco attento a quella che invece è una realtà in grande fermento e trasformazione. Ne è convinta Federica Piccoli, PR & Communication Consultant torinese che per lavoro ha vissuto parecchi anni nei Paesi scandinavi:

«Vorrei ricordare che Torino ha un’offerta che è in grado di competere con le grandi capitali del Nord Europa, come vivacità dell’offerta. E che Torino e Milano insieme sono una potenza gastronomica di cui dovremmo essere fieri e ben contenti».

Questo non significa non avere una visione critica e orientata alla crescita costante, come fa giustamente osservare Paola Uberti, Social Media manager e autrice del progetto editoriale Libricette.eu.

«Torino ha luci e ombre, pregi e difetti, come qualsiasi luogo sul Pianeta, dalle metropoli alla vetta dell’Everest, ma ha tanto, tantissimo da dare a occhi, orecchie, cervello, cuore e papille gustative di chi la vive, per una vita intera o solo per una serata».

Ascoltando tutto il video appare evidente, nello scambio di battute tra Morando e l’amica influencer, che secondo loro la colpa di questa sorta di “decadenza gastronomica della città” sarebbe da attribuire ai cosiddetti “poveri” di cui Torino sarebbe piena.

«Di fronte a una simile affermazione mi limito a sottolineare che la cucina piemontese, quindi torinese, sia essa classica, storica, tradizionale, moderna o avanguardistica, muove proprio (anche) da una meravigliosa fusione tra suggestioni di corte e cucina popolare, contadina. Sì, quella dei poveri che qualcuno accusa di avere la chiave facile usata come strumento di offesa nei confronti delle lucide livree delle Porsche. Gli stessi poveri che hanno inventato la Merenda Sinoira, il pasto unico nel suo genere che dai filari ha saputo arrivare nei salotti dell’allora borghesia e ai locali contemporanei. Gli stessi poveri che hanno trasformato l’agnolotto in un manifesto sociale, nel senso che osservandone il contenuto – soprattutto la proporzione tra verdure e carne – era possibile capire se fosse stato confezionato in una cucina nobiliare o povera (eh ma allora è un vizio!)» conclude Paola Uberti.

A tal proposito, vogliamo allora dare un piccolo consiglio a chi in generale ama frequentare i social e di tanto in tanto si abbandona a qualche recensione ai ristoranti?

«Forse sarebbe il caso, qualche volta, di sospendere il giudizio su una categoria martoriata dal Covid prima e dalla mancanza di personale qualificato poi, per godersi semplicemente un pasto senza shooting e recensioni al vetriolo. Farebbe bene a tutti» chiosa Graziella Di Paola.