Dalla lotta al caporalato all’impatto ambientale della catena produttiva: il consumatore, con il suo potere di scelta, può veicolare un messaggio importante, ovvero che il prezzo non è il solo fattore dirimente per il proprio carrello della spesa
Dietro ogni prodotto si cela un’etica di produzione e questo principio interessa tantissimi settori merceologici, compresi i beni agricoli e agroalimentari.
Il 6° Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia, l’ultimo in ordine di redazione, focalizza l’attenzione sul tema delle certificazioni volontarie, un sistema che recepisce una crescente esigenza di tracciabilità e trasparenza informativa a beneficio del consumatore. Ma non solo. È un mezzo che intercetta la volontà degli acquirenti di influenzare l’andamento della società. Queste preferenze, infatti, hanno una potenziale incidenza sulla stessa organizzazione dei processi di produzione.
La blockchain e la digitalizzazione agroalimentare
Accanto alle certificazioni rimesse all’iniziativa degli operatori del settore, figura anche la tecnologia blockchain, che offre la possibilità di verificare tutte le fasi della catena di approvigionamento attraverso un grande libro mastro digitale, condiviso e decentralizzato, i cui dati sono accessibili in ogni momento. Un flusso di informazioni dalla portata rivoluzionaria perché intangibili e fuori dagli attuali schemi, a volte imprecisi e non sufficientemente sicuri.
Attualmente, in molte confezioni di prodotti alimentari presenti sugli scaffali dei supermercati troviamo impressi dei QR Code che dettagliano la lavorazione della merce, il numero del lotto di appartenenza, le specifiche dell’origine e delle fasi di lavorazione, le modalità di conservazione, le condizioni di utilizzo, le eccezioni, le dichiarazioni nutrizionali, la storia dell’azienda produttrice. Ma siamo sicuri che queste indicazioni assicurino anche la probità del prodotto stesso?
A step forward: i profili sensibili dell’informazione
Sempre più aziende stanno investendo su un profilo narrativo più profondo, che trasmette dati incidenti su profili sensibili. Particolari divulgativi che spaziano dalle dimensioni aziendali, con la specificazione delle superfici a disposizione e degli addetti impiegati, fino a quelli sull’impatto ambientale. Per un litro di latte, quindi, si è potenzialmente in grado di conoscere – ad esempio – quanta acqua è stata utilizzata, oppure quanta e quale energia e manodopera è stata impiegata.
Cosa prevede il DL Agricoltura
Questi nuovi strumenti di selezione, oltre a dissipare opacità, danno anche l’opportunità di contrastare indirettamente la grave piaga dello sfruttamento del lavoro nel comparto primario, questione affrontata nel DL Agricoltura, di recente licenziato dal Parlamento. In questo senso, proprio nella prima lettura in Senato è stato introdotto un articolo teso a rafforzare le attività di controllo attraverso l’assunzione presso Inail e Inps di nuove unità da inquadrare nel ruolo dei funzionari impiegati in attività di vigilanza.
È stato poi introdotto il “Sistema informativo per la lotta al caporalato nell’agricoltura” con la finalità di promuovere la strategia per il contrasto all’increscioso fenomeno, di favorire l’evoluzione qualitativa del lavoro agricolo, nonché di incrementare le capacità di analisi, monitoraggio e vigilanza sullo sfruttamento. Un apparato che vuole mettere a fattor comune tutte le informazioni in possesso delle amministrazioni centrali e regionali con una condivisione attiva dei dati e delle capacità di analisi e monitoraggio. Alla sua costituzione concorrono vari organi, tutti coinvolti in prima linea: i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, e dell’interno, Inps, Inail, Inl, Agea e Istat.