Luca Ficara, lo chef siciliano che cucina nel gelo dell’Antartide

Per il giovane Chef Luca Ficara la sfida era difficile: cucinare, usando prodotti non freschi, per un team internazionale che lavora nel cuore dell’Antartide.

Luca Ficara, chef trentenne di Catania, rappresenta il tipico esempio di come dovrebbe essere un giovane che vuole costruirsi una brillante carriera. Ad una buona preparazione tecnica vanno associati intraprendenza, tenacia, voglia di viaggiare e, nello stesso tempo, capacità di restare legati alle proprie origini e tradizioni perché la cucina è soprattutto amore e rispetto per il cibo. Solo così si alimenta un bagaglio di conoscenze umane e professionali che migliora la qualità del proprio lavoro.

Nato nel 1985, Luca si diploma all’Istituto Alberghiero IPSSAR di Catania e inizia subito a lavorare in Italia, Inghilterra, Spagna e Australia. Grazie all’esperienza all’estero, impara l’inglese e lo spagnolo, incontra tanta gente e soprattutto, entra in contatto con le cucine internazionali fino a quando, nel novembre 2014, assume il prestigioso incarico di chef ufficiale della “Concordia”, una stazione scientifica italo-francese, posizionata nel cuore dell’Antartide ed in cui uno staff di tecnici e ricercatori internazionali conduce studi ed esperimenti di astronomia, glaciologia e scienze atmosferiche.

L’Antardide è un luogo glaciale, arido ed isolato dal resto del mondo, non facilmente raggiungibile per le condizioni ambientali e climatiche; l’inverno australe dura da novembre a febbraio, con circa tre mesi di buio completo in cui il sole non sale mai sopra l’orizzonte e le temperature scendono fino a 80 gradi sotto lo zero. In queste condizioni, i pasti non sono solo un’esigenza fisiologica ma rappresentano momenti di aggregazione, socializzazione e convivialità. Dalle cucine devono uscire piatti appetibili per un equipaggio di differenti nazionalità ma anche bilanciati ed equilibrati per una dieta specifica da seguire in questi climi estremi. Un obiettivo simile è ancora più difficile se si pensa che si devono utilizzare solo materie prime congelate, disidratate o in scatola poiché gli approvvigionamenti sono possibili solo a febbraio, ossia alla fine della stagione estiva.

Luca Ficara ha accettato la sfida e l’ha vinta brillantemente, mantenendo alta la bandiera della cucina italiana nel mondo. L’abbiamo raggiunto via Skype per farci raccontare di questa avventura difficile ma anche affascinante.

Benvenuto Luca, è un piacere incontrarti, anche se virtualmente.
Grazie il piacere è il mio di poter arrivare a voi da cosi lontano.

Spiegaci esattamente cos’è la base scientifica Concordia e che attività svolge.
La base Concordia si trova nel pieno del plateau antartico, a 1300 km dalla costa e ad un’altitudine di oltre 3000 metri s.l.m. E’ una base Italo-Francese, quindi qui c’è personale italiano e francese ma anche una rappresentanza svizzera ed inglese. Si può dire che siamo l’ultimo avamposto umano sulla terra, con lo scopo di studiare e fare ricerca in settori quali glaciologia, astronomia e scienze atmosferiche. Inoltre, su di noi, vengono condotti degli studi da parte dell’ Agenzia Spaziale Europea e della NASA perché la vita d’isolamento e le condizioni estreme in cui siamo rappresentano la riproduzione più realistica sulla terra delle missioni di lunga durata nello spazio.

Come si arriva da Catania all’Antartide?
Il viaggio è ovviamente molto lungo; nel mio caso è durato circa 4 giorni dopo molti scali. L’ultimo tratto, cioè dalla Nuova Zelanda all’Antartide, viene effettuato esclusivamente con voli militari.

Questo incarico è molto prestigioso. Come sei riuscito a sbaragliare la concorrenza?
Sono stato selezionato dall’ente governativo l’ ENEA-PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide) che mi ha scelto come Chef ufficiale. Trattandosi di una selezione a concorso, effettivamente la competizione era molto agguerrita.

Sei diplomato all’Istituto alberghiero; quali sono stati i passi successivi per entrare nel mondo del lavoro?
Dopo il diploma conseguito all’Istituto Alberghiero I.P.S.S.A.R. di Catania, ho subito sentito il desiderio di intraprendere un percorso di esperienza in questo campo che rappresenta la mia passione.

Hai solo 30 anni e, oltre a quest’anno in Antartide, hai già lavorato diversi anni sia in Italia che all’estero. Cosa ti ha portato fuori dall’Italia?
Sono stato da sempre un gran viaggiatore e sognatore, così dopo il diploma ho potuto coniugare questi aspetti della mia personalità e passione verso la mia professione, cogliendo le maggiori possibilità di lavoro che vengono offerte all’estero.

Perché, per un giovane che non trova lavoro in Italia, è così importante fare un’esperienza all’estero.
A fronte della mia decennale esperienza fuori dall’Italia posso sicuramente affermare che lavorando all’estero si riesce a maturare un bagaglio culturale che apre la mente, non solo a nuove culture ed ambienti diversi, ma permette anche di conoscere nuove lingue e tradizioni.

Come si prepara un menu internazionale utilizzando solo ingredienti congelati o in scatola?
È una vera sfida! Partendo infatti dal presupposto che non dispongo di alimenti freschi, cerco costantemente d’incrementare il gusto con piccoli segreti che conosciamo noi chef. Per soddisfare le esigenze di tutti, cerco di realizzare una cucina internazionale avendo cura dei gusti e delle tradizioni insite nelle varie culture culinarie del gruppo. Il momento del pasto è un’occasione di delizia per il palato e di socializzazione per l’intero team.

Cosa hai portato della cucina italiana in Antardide?
Ho portato nel cuore, come del resto faccio sempre quando viaggio, i profumi e i sapori della mia calda Sicilia.

Vi trovate nel continente più meridionale della Terra dove l’inverno dura 10 mesi, dei quali 3 di buio totale. Come fa un siciliano ad abituarsi a questo ambiente?
Non ci si abitua mai, ovviamente. Il sole per un siciliano è tutto; alle volte dico ai miei compagni di avventura che l’Inferno per un siciliano non è il caldo ma un posto freddo e senza sole.

Ti capitano momenti di malinconia e di depressione? Come si superano?
Diciamo che in una condizione d’isolamento i momenti di malinconia non mancano, ma non possiamo però parlare di depressione. Nei momenti tristi mi è di grande conforto la musica, rifugiarmi nei bei ricordi, passare del tempo con i componenti del gruppo. È anche vero che a volte si scopre di avere dentro di sé delle forze e delle risorse inaspettate. Questa è la forza della vita.

Cosa fai, nella base, quando non sei occupato a cucinare?
Nel tempo che mi avanza cerco di stare con gli altri componenti del team e qualche volta affronto le basse temperature facendo una passeggiata all’esterno della base.

A novembre si conclude il tuo incarico. Cosa ti aspetta o cosa ti auguri dal punto di vista professionale?
Quello che mi auguro è che la voglia di conoscere non mi venga mai meno; nella vita non si finisce mai di imparare perché bisogna rimanere curiosi per restare giovani.

Cosa ti lascerà questa esperienza suggestiva ma anche difficile?
Saranno tanti i ricordi che mi porterò legati all’apprezzamento di questo peculiare ambiente che insegna a conoscersi profondamente e riscoprire, dopo un lungo isolamento, quanto può mancare la libertà e le piccole cose della vita quotidiana che magari non si valorizzano adeguatamente. A me in particolar modo manca il mare, il sole, gli amici e il cibo fresco.

Immagino che diventare uno chef sia un’ambizione già realizzata. Cosa sogni per il futuro?
Il sogno nel cassetto è poter organizzare viaggi culinari in Sicilia, una sorta di scuola di cucina per stranieri. Visto che girando per lavoro e per svago ho sempre parlato molto della mia Terra, in futuro vorrei che tutti potessero avere l’occasione di poter vedere e gustare i sapori dei cibi e dei vini, una vera full-immersion nelle tradizioni della mia amata Isola.

Come hai conosciuto La Gazzetta del Gusto?
Sono un appassionato di cucina quindi non potevo non conoscervi…

Grazie ancora di esserti messo a nudo con i nostri lettori. Ti saluto, facendoti moltissimi complimenti per il tuo carattere, la serietà e la disponibilità dimostrata.
Ho fatto mio il motto di Niccolò Machiavelli “Dove c’è una grande volontà non possono esserci grandi difficoltà”. Saluti a tutti Voi.