Riforma del mercato interno del riso: etichette “trasparenti” a tutela del prodotto italiano

Riforma del mercato interno del riso

Con l’approvazione di un decreto interministeriale, viene imposto l’obbligo di trasparenza sulla reale provenienza del riso e disciplinato l’utilizzo del termine “classico” sulle confezioni. Stop, quindi, ad inganni e importazioni incontrollate.

Dal 7 dicembre 2017 entrerà in vigore la riforma approvata dal Consiglio dei Ministri recante disposizioni inerenti al mercato interno del riso ed, in particolare, viene regolamentata la denominazione del riso “classico” riportata sulle confezioni: il contenuto dovrà obbligatoriamente essere in purezza e della stessa varietà, appartenente ad una delle tipologie tradizionali nazionali: Carnaroli, Arborio, Roma, Baldo, Ribe, Vialone Nano e Sant’Andrea; dal 16 febbraio 2018 decorrerà invece l’obbligo di tracciabilità circa l’origine e la provenienza del prodotto.

Per l’occasione, saranno rafforzati i controlli e sancite sanzioni per chiunque utilizzi designazioni e presentazioni del prodotto che possano indurre in errore il consumatore circa l’origine e/o la qualità del chicco.

«Sulle confezioni di riso arriva l’indicazione “classico” solo nel caso in cui sia presente una delle varietà nazionali tradizionali in purezza, e a condizione che sia garantita la tracciabilità varietale», così annuncia Coldiretti in occasione dell’evento “Il riso è tutto uguale? Ma che riso è?” nel quale si fa chiarezza circa la nuova riforma del settore del riso.

Si avvia così la riorganizzazione di una legge risalente al 1958, spinti dalla necessità di riequilibrare il traballante mercato del riso messo in crisi dai prezzi di mercato che hanno subito un ribasso significativo a causa dell’Import selvaggio dai Paesi PMA (Paesi Meno Avanzati), dal prezzo del prodotto finito di gran lunga inferiore ai costi di produzione e dalle condizioni ambientali- meteorologiche avverse cui devono far fronte i risicoltori.

Riforma del mercato interno del riso, cosa prevede

Il nuovo decreto legge si pone come obiettivo la semplificazione delle norme tecniche del settore, la salvaguardia delle varietà tradizionali di riso italiane e la valorizzazione della produzione nazionale, ottima per quantità e qualità, difendendola dalla concorrenza di mercato sleale.

«Finisce l’inganno del riso importato e spacciato per Made in Italy e il consumatore sarà libero di scegliere tra la qualità, la tipicità e la sostenibilità del prodotto nazionale, e quello d’importazione.», chiosa la Coldiretti.

Dapprima varietà differenti di riso, simili solo per lunghezza e larghezza del chicco, erano commercializzate e miscelate come riso “classico” pur non appartenendo alla medesima varietà. Nella maggior parte dei casi, infatti, il 25% del prodotto in una confezione era riso straniero d’importazione: all’estero però non sempre vengono applicati gli stessi criteri e standard di produzione confacenti alla qualità del prodotto italiano. Attualmente siamo di fronte ad uno sforamento del limite di riso importato sul nostro territorio, a discapito delle risaie europee travolte dalle importazioni asiatiche a basso prezzo: basti pensare che circa l’ 800% delle importazioni proviene dalla Birmania, Paese a Sistema Tariffario Agevolato da parte dell’ UE, a dazio zero.

A livello europeo, l’Italia continua ad essere il primo Paese per produzione ed esportazione di riso, raccogliendo e presentando un alimento sano e di qualità. Con la riforma i consumatori potranno scegliere di consumare con coscienza e conoscenza un prodotto migliore e interamente Made in Italy, a sostegno dell’Italia, della sua agricoltura, dell’industria e dell’economia.