Il libro inchiesta del giornalista americano Michael Pollan, pubblicato nel 2006, aiuta a districarsi nel mondo dell’industria alimentare e oltre
“Il Dilemma dell’Onnivoro” (edizione italiana a cura di Adelphi) è un saggio-inchiesta del giornalista Michael Pollan il quale indaga sulle abitudini alimentari dell’americano medio.
In realtà, i problemi trattati sarebbero applicabili anche all’Europa perchè si discute di impatto ambientale degli allevamenti e di agricoltura intensiva, del variegato mondo del biologico, della questione etica del mangiare carne e del generale scollamento dell’uomo dalla natura. Il tutto (e molto di più) in un viaggio di circa 500 pagine, al termine del quale non guarderete più un supermercato nello stesso modo.
Il Dilemma dell’Onnivoro: la ricerca condotta negli USA
La ricerca di Pollan parla degli Stati Uniti e questo incide non poco: gli americani sono più impressionabili riguardo al cibo rispetto a noi europei. Sono una nazione relativamente giovane, non hanno una cultura gastronomica radicata come la nostra e i migranti da tutto il globo hanno aggiunto propri elementi/alimenti alla cucina che hanno trovato, senza stravolgerla.
Gli americani, dunque, si lasciano trascinare dalle mode del momento, odiano i carboidrati o gli zuccheri a seconda del tempo, considerano le barrette energetiche veri pasti, pranzano spesso in automobile tornando a casa. C’è da immaginare il lettore medio, da qualunque posto provenga, come Alex, il leone della serie animata Madagascar, convinto che le sue bistecche nascano già fatte e finite dal nulla, con il loro bello strato di grasso.
Naturalmente è difficile trovare qualcuno tanto ingenuo, anzi si presume che il lettore che prenda in mano questo volume qualche domanda se la sia già posta. E magari che abbia guardato con disgusto il film documentario Super Size Me, uscito nel 2004, appena due anni prima della pubblicazione de Il Dilemma dell’Onnivoro.
Le due opere non hanno molto in comune ma entrambe invitano alla riflessione alimentare, a pensare al mangiare come un atto sociale, “agricolo e politico” scrive Pollan. In entrambi i prodotti, i “protagonisti” si mettono all’opera e si sporcano le mani con la loro inchiesta. Micheal Pollan non solo va di persona a visitare gli allevamenti, da quelli industriali alle fattorie con animali che vivono felici sul prato, ma fa molto di più. Sgozza e macella di persona un pollo, va a caccia, uccidendo un maiale, va alla ricerca di funghi, cucina. Addirittura diventa vegetariano, anche se per un periodo effimero.
Per lui smettere di mangiare carne non è la soluzione ma il miglior modo di opporsi agli allevamenti intensivi è ripensare la produzione del cibo, accorciare la catena alimentare (che l’uomo ha stravolto). La strada giusta è il consumo consapevole, nonostante non sia sempre la più facile da percorrere.
Per fare un esempio, Pollan nell’ultima parte si cimenta nella preparazione di una cena in cui tutto (o quasi) fosse cacciato, raccolto, coltivato e cucinato da lui (ed è qui che studia un mese per avere la licenza di caccia). Molti considerano questa parte finale debole rispetto alle due precedenti, invece è intima, coraggiosa, rimane impressa e differenzia “Il Dilemma dell’Onnivoro” da altri saggi sullo stesso argomento.
Il Dilemma dell’onnivoro
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