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Il segreto del successo di un grande chef? Il gusto della vita

Romanzo di Roberta Schira: I fiori hanno sempre ragione

“I fiori hanno sempre ragione”, romanzo d’esordio della critica del Corriere della Sera, Roberta Schira

È ambientato nel mondo dell’alta ristorazione il primo romanzo di Roberta Schira, “I fiori hanno sempre ragione“, apparso di recente per Garzanti.

Un universo scintillante e dorato, questo della cucina gourmet – o almeno così è come viene percepito dalla società – che si è ritagliato negli ultimi tempi uno spazio sempre più importante nel panorama mediatico, italiano e non solo. Basti pensare a fortunati programmi come MasterChef che hanno catturato e continuano a intrigare schiere appassionate di fan, che mai si sognerebbero di riversare poi le stesse passioni cimentandosi in prima persona ai fornelli.

I fiori hanno sempre ragione, il romanzo di Roberta Schira

E tuttavia è indubbio che questo microcosmo dorato – di cui è esponente anche la protagonista del romanzo, la giovane chef Eleonora Blanck – viene restituito in queste pagine in tutta la sua allure dall’autrice che, proprio nella vita reale, è critica gastronomica del più prestigioso quotidiano italiano, il “Corriere della Sera”. Eppure, dicevamo, molta è l’apparenza dietro le luci sfavillanti di questo teatro gastronomico.

«Non avere paura di sbocciare» – è il sottotitolo che occhieggia dalla copertina e che ci indirizza sulla buona strada della comprensione: perché la giovane chef è stata vittima di un brutto incidente che l’ha portata in coma e da cui, proprio all’inizio del romanzo, riesce a riprendersi, nello stesso momento in cui, però – ci dice la scrittrice –, la presenza più importante della sua vita, nonna Ernesta, chiude i suoi occhi per sempre.

Roberta Schira (Foto © Francesco Bozzo).

Sarà un risveglio particolarmente traumatico, quello della brillantissima cuoca, anche perché come sgradito lascito la vedrà privata tanto della capacità di sentire profumi e odori che di afferrare e distinguere i sapori: un vero disastro, com’è facile immaginare, ancora più frustrante per chi come Eleonora vive da sempre immersa nel mondo ultra-competitivo e spietato dell’alta cucina milanese che la vede e l’ha vista, insieme ad altri pochi talentuosi eletti, riversare ogni energia con l’unico obiettivo di emergere.

Che fare allora – si chiede angosciata Eleonora – se rendere participi della sua attuale e persistente menomazione le persone del suo ristorante Hamlet sui Navigli significa rischiare di perderle? Non abbandoneranno dopotutto, costoro, la nave in difficoltà dal momento che la loro leader non saprà più guidarle verso la terra promessa dell’agognata gloria?

A soccorrere Eleonora non sarà certo una bacchetta magica che le restituirà d’incanto il maltolto. Sarà piuttosto l’ultimo prezioso dono di nonna Ernesta, un bauletto di lettere ricche di amore e saggezza, a indirizzarla su una strada non meno impegnativa di quella finora percorsa solo professionalmente: su di un cammino faticoso cioè che Eleonora dovrà compiere in prima persona e che sarà punteggiato tanto dal recupero del rispetto di sé e degli altri che dall’accettazione di antiche ferite, come ancora dal riconoscimento dei proprie limiti e che sarà infine strettamente legato all’ascolto dei desideri più intimi e profondi che da lei reclamano il diritto di esprimersi, per non venire invece solo sacrificati sull’altare del successo e del lavoro.

Insomma – l’invito affettuoso, giocoso, ma serio di nonna Ernesta – passa attraverso ricette assai particolari il cui ingrediente principale non sarà il cibo, ma il gusto della vita: che il recupero di ogni senso smarrito passi sempre e per chiunque proprio di qui?

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Giovanni Caldara

Cronista di cose buone e talvolta di altre un po’ meno. Ispettore per alcune guide gastronomiche. Bergamo gli diede i natali. Ama Venezia, le montagne, la musica e il Settecento: di quello prima, però, che rotolassero teste. Tra le testate, invece, con cui collabora o ha collaborato: Avvenire, Civiltà del Bere, Elle (Gourmet), Il Giornale.it.

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