Piemonte Vino

In Val Germanasca per scoprire la Doc più piccola d’Italia

Pinerolese Ramìe, la piccola DOC della Val Germanasca
La visita alle vigne panoramiche della DOC Pinerolese Ramìe (Foto © Coldiretti).

Vino e alta quota sono un binomio sempre più diffuso, complice il cambiamento climatico e la voglia di molti produttori di recuperare antichi appezzamenti di vite oggi minacciati dall’abbandono e dal propagarsi del bosco. Noi siamo andati alla scoperta della Pinerolese Ramìe, una delle Doc più piccole d’Italia, che attualmente produce circa 10 mila bottiglie

Visitare una miniera di talco, ancora attiva, e degustare uno spumante affinato 36 mesi in una delle sue gallerie più interne, a un km di profondità nella montagna è sicuramente un’esperienza di gusto che resterà a lungo nella memoria. Così come arrampicarsi sulle pendici montane e passeggiare tra filari di viti dai nomi che ricordano ancora la ruvida dolcezza della lingua occitana, Avanà, Chabbro-Bequet, Avarengo.

Pinerolese Ramìe, la piccola DOC italiana della Val Germanasca

Siamo nel cuore delle Alpi piemontesi, in Val Germanasca, dove si trova una delle DOC più piccole d’Italia: la Pinerolese Ramìe che comprende una manciata di produttori e si estende su un territorio stretto tra i comuni di Pomaretto e Perosa Argentina.

La produzione arriva a 10 mila bottiglie all’anno, quando va bene, ma sta dando nuovo impulso a tutta la vallata, visto che la “viticoltura eroica” sta diventando un forte richiamo turistico, un nuovo modo per comprendere la montagna e i suoi tesori.

Alcune etichette di Pinerolese Ramìe Doc (Foto © Silvia Fissore).

Il nome “Ramìe” viene dal termine dialettale (occitano) con cui gli abitanti della zona definivano le operazioni di disboscamento delle pendici montane effettuate proprio per impiantare nuovi vitigni. Il legname ottenuto veniva sistemato in caratteristiche cataste, “ramìe” appunto, sistemate nei pressi dei filari: per questo il vino, inizialmente, veniva chiamato “vino delle ramìe”.

Le caratteristiche della Denominazione

La Pinerolese Ramìe DOC, che ha ottenuto il riconoscimento nel 1996, è riservata a un vino rosso ottenuto dalle uve autoctone provenienti da vigneti composti al 30% da Avanà, da un 35% minimo di Avarengo e da un 20% di Neretto. Possono ovviamente concorrere alla produzione altri vitigni a bacca di colore analogo non aromatici, da soli o congiuntamente per un massimo del 35%.

La vinificazione regala un vino dal colore rosso intenso e dal caratteristico profumo fresco e delicato, dal sapore asciutto e armonioso.

Glamping tra le vigne di Ramìe

Oggi il territorio dei due comuni di Pomaretto e Perosa Argentina è interessato da una serie di progetti di valorizzazione turistica che ruotano proprio intorno alla produzione vinicola, ripresa dalle nuove generazioni dopo anni di abbandono.

Attualmente i produttori sono riuniti nel Consorzio Terre del Ramìe e assemblano uve autoctone come Avanà, Avarengo, Becuet, Chatus, Blanchet per ottenere un vino rosso che con il cambiamento climatico sta modificando le sue caratteristiche raggiungendo livelli di qualità un tempo difficili da ottenere.

Come ha spiegato il sindaco di Pomaretto Danilo Breusa (anch’egli produttore di Ramìe) al consorzio aderiscono 9 agricoltori per una produzione di circa 10.000 bottiglie annue.

«Si tratta essenzialmente di una produzione di nicchia che con il supporto di Coldiretti Torino stiamo promuovendo a livello turistico sfruttando anche la vista panoramica che di gode dai filari».

Per questo è stato realizzato un punto di osservazione e degustazione, “Il Ciabot di Pomaretto” aperto da marzo a novembre e circondato da casette in legno per soggiorni romantici in vigna, le “Ramìe Glamping”. Dallo stesso versante, inoltre, parte una vertiginosa zipline (“Il volo del Dahu”) dove dalle vigne si può raggiungere il fianco opposto della valle, “volando” a oltre 100 all’ora, assicurati a una fune d’acciaio.

Punto degustazione “Il Ciabot di Pomaretto” (Foto © Silvia Fissore).
Le “Ramìe Glamping”, per un soggiorno tra le vigne (Foto © Silvia Fissore).

Turismo minerario e L’Autin, lo spumante della miniera

I turisti, inoltre, possono visitare le vicine gallerie delle miniere di talco di Fontane, nel comune di
Prali, dove, nelle miniera Paola e Gianna – ancora attive – vengono affinati gli spumanti della cantina “L’Autin”.

L’ingresso nella miniera “Paola”, al seguito di Mauro Camusso (Foto © Silvia Fissore).

Qui, nei “vuoti” a un km di profondità in mezzo ai filoni di talco, il fondatore di L’Autin, l’imprenditore del settore lapideo (Pietra di Luserna) Mauro Camusso accoglie abitualmente i visitatori per raccontare il metodo di vinificazione dei suoi spumanti ottenuti da uve Pinot Nero e Chardonnay vendemmiate tra Bagnolo e Barge, in provincia di Cuneo.

«In queste gallerie al buio totale a 10 gradi di temperatura e 90% di umidità costanti, affiniamo le nostre bottiglie per almeno 36 mesi. Un’idea che è nata nel 2012, in collaborazione con il museo della miniera».

L’affinamento degli spumanti (Foto © Silvia Fissore).

Dopo un percorso a piedi e circa 10 minuti a bordo di un trenino sotterraneo, è possibile arrivare in quella che era l’antica mensa dei minatori, scavata tra le rocce, dove oggi è nato un punto di degustazione degli spumanti. Una location decisamente unica, ma da consigliare a chi non soffre di claustrofobia o di problemi respiratori. Naturalmente, consigliatissimo un abbigliamento comodo, con calzature adeguate per i brevi tratti a piedi alla scoperta della miniera.

La degustazione degli spumanti, nel cuore della miniera (Foto © Silvia Fissore).

In agriturismo per degustare la cucina del territorio

Per chi ha voglia di gustare i salumi e i formaggi tipici della zona, tra cui il celebre “dahu”, formaggio di capra che prende il nome da un animale mitologico che nelle leggende si arrampicava proprio sulle pendici di queste montagne, suggeriamo l’agriturismo La Chabranda, a Pomaretto (TO).

L’agriturismo La Chabranda, a Pomaretto (Foto © Silvia Fissore).

La graziosa azienda agricola, guidata con garbo e passione dalla signora Lara Ribet, si occupa di produzione orticola, frutticola, vitivinicola, allevamento bovino e soggiorni educativi. Qui, è possibile gustare sia i piatti classici piemontesi come il bollito misto, sia alcune pietanze tipiche della tradizione valdese, come la “soupa barbet” una semplice quanto saporitissima zuppa di grissini imbevuti nel brodo di carne e conditi con burro di montagna.

La “soupa barbet”, tipico piatto della tradizione valdese (Foto © Silvia Fissore).

La Chabranda fa parte della rete degli agriturismi Terranostra di Campagna Amica, l’associazione ambientalista di Coldiretti che si propone di promuovere e sostenere l’attività agrituristica in un’ottica di protezione e valorizzazione delle risorse naturali del mondo rurale.

«Il cambiamento climatico – osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – apre una
prospettiva nuova per una viticoltura che ha sempre lottato con le temperature basse e con le difficoltà ad arrivare alla completa maturazione dei grappoli. Oggi i nostri rossi alpini come il Ramìe possono giocarsela con tutti gli altri vini raggiungendo alte gradazioni e contenendo l’acidità. Addirittura si assiste a vendemmie precoci proprio per evitare gli eccessi che potrebbero compromettere i profumi piacevoli che rilasciano all’assaggio».

Per informazioni:

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Silvia Fissore

Milanese sotto la Mole, giornalista e pr. Nel 2007 sono entrata nel food come addetta stampa, col lancio di FoodLab, scuola di cucina torinese tra le prime a estendere l'impostazione professionale ai corsi amatoriali. Seguo l’ufficio stampa del Festival del Giornalismo Alimentare. Di Milano conservo la mente aperta e lo snobismo, a Torino devo la capacità di riflettere e ripartire da zero.

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