Bevande

Quien saba: un viaggio alla scoperta del prezioso sciroppo

Sapa o Saba, tutto sul mostro cotto usato come condimento e ottenuto principalmente da uve trebbiano. Scopriamo la lunga storia e i suoi utilizzi in cucina.

Al bando i soliti topping e le guarnizioni improvvisate. Chi conosce il dolce sciroppo che si ottiene facendo bollire il mosto d’uva? Usata in passato come semplice condimento, questa riduzione si presta a tantissimi utilizzi.

Sapa o Saba, tutto sul mosto cotto usato come condimento
La saba con il gelato e la piadina (Foto © Milena Ferrari).

Il grande Pellegrino Artusi della saba ha scritto:

«È sempre gradita ai bambini che nell’inverno, con essa e colla neve di fresco caduta, possono improvvisar dei sorbetti».

Con tutta la stima provata per il “Maestro” artusi, puntualizziamo però un paio di cose. La saba o sapa o vino cotto – paese che vai, riduzione di vino che trovi – non è gradita solo ai bambini (io ne vado pazza e non sono ahimé più una bambina) e non poniamo limiti stagionali al suo utilizzo.

Sapa o Saba, tutto sul mosto cotto usato come condimento

Tra i prodotti agroalimentari tradizionali, la saba è la guarnizione e l’insaporitore ideale di frutta fresca e gelati di crema. Chiamata sapa nel cesenate e nel riminese, si ottiene dalla lenta cottura del mosto e sobbolle tra le dieci e le sedici ore fino a una riduzione di oltre 2/3 del volume iniziale. Si ricava da uve bianche – generalmente di varietà  Trebbiano – che vengono pigiate fresche e, durante la cottura dello sciroppo all’interno del paiolo di rame, si aggiungono delle noci con i gusci per evitare che il liquido si attacchi sul fondo.

Storia della saba e i suoi usi in cucina

La preparazione della saba ha origini antichissime e, quando lo zucchero non era ancora conosciuto, veniva utilizzata insieme al miele come dolcificante. Il nome deriva dal termine latino sàpor (sapore) e, come testimoniano alcuni scritti del cuoco Apicio, il dolce sciroppo era un ingrediente noto e molto utilizzato in cucina in epoca romana.

Questa antica preparazione fa ancora parte della tradizione gastronomica locale di diverse regioni – Emilia Romagna, Marche ma anche Puglia, Sardegna e Campania – con differenti utilizzi, soprattutto in pasticceria. In Sardegna, ad esempio, viene impiegata con i fichi per realizzare il tradizionale Pan’ e Saba, dolce dal gusto deciso che viene preparato principalmente nel mese di novembre. Nelle Marche è un ingrediente fondamentale per la farcitura dei cavallucci, biscotti ripieni di frutta secca preparati in passato per l’Epifania. Nel vino cotto prodotto in Puglia, si immergono cartellate e calzoncelli mentre in Romagna la saba è l’ingrediente base del savor, marmellata contadina fatta con mele e pere cotogne, fichi, polpa di zucca, mandorle, noci, nocciole, pinoli e uva passa oltre a sabadoni e sugali, biscotti ripieni di savor e imbevuti nella saba.

Proprietà terapeutiche ed estetiche della saba

Volendo interpretare alcuni passi della Bibbia, sembra che la saba fosse conosciuta persino da Mosè che la utilizzava per curare alcuni disturbi. Cosa certa e non passabile di interpretazioni è che questo sciroppo vanta preziose proprietà terapeutiche. Attenua fastidiosi bruciori di stomaco e, sciolta in un po’ di latte caldo, è un toccasana per il mal di gola e i sintomi influenzali. Mescolata con acqua calda e menta piperita conferisce luminosità, freschezza e idratazione alla pelle del viso.

Ricette a base di saba

Alessandra Ravagli, titolare dell’omonima azienda agricola con sede a Ragone in provincia di Ravenna, oltre al vino produce anche la saba e consiglia di impiegarla come condimento per le fresche insalate estive e insieme ai formaggi stagionati.

Azienda Agricola Alessandra Ravagli
Alessandra Ravagli dell’omonima azienda agricola di Ragone (RA).

Sul suo blog suggerisce di condire con la saba un misto di insalata gentilina, valeriana, rucola, mela tagliata a fettine sottili e noci. Altro piatto fresco è quello realizzato con radicchio rosso, gorgonzola, fragole, olio, saba e sale.

– SABA O VINO COTTO –
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Milena Ferrari

«So di non sapere». Mi permetto di scomodare Socrate perché non c’è frase migliore per descrivermi. Sono una giornalista e sommelier Ais ma sono all’inizio di questo cammino colmo di fascino e complessità. Mi occupo di enogastronomia da alcuni anni ma posso assicurare che, in questo mondo, ogni volta è come se fosse la prima.

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