Specialista in medicina interna, fisiopatologia della nutrizione e metabolismo, la scienziata ci spiega come l’olio di buona qualità sia un alimento funzionale a cui non rinunciare e sul quale insistono ancora luoghi comuni, superati dalle ricerche scientifiche
L’olio extravergine di oliva di alta qualità fa bene alla salute. Lo sappiamo grazie alle ricerche e alle sperimentazioni che si sono susseguite nel corso degli ultimi 60/70 anni, a partire dagli studi svolti in Italia dal padre della Dieta Mediterranea, Ancel Keys.
Ma questa è storia. Il presente ci riserva ulteriori informazioni utili e gradite a tutti, in particolare a chi si sforza di seguire regimi alimentari spesso demoralizzanti. Non solo l’olio di qualità fa bene, ma è buono, sazia, mantiene in forma. È l’ingrediente segreto di ricette perfette, anche in cottura. Lo assicura la dottoressa Sara Farnetti, specialista in medicina interna, fisiopatologia della nutrizione e metabolismo (qui abbiamo scritto del suo ultimo libro).
L’approccio nuovo della medicina di precisione
Attraverso la medicina di precisione e la nutrizione funzionale – che ne è uno strumento – Farnetti propone di cambiare completamente approccio indicando una via sulla quale non sono le diete improvvisate o alla moda quelle che ci faranno stare meglio, ma la consapevolezza che la salute non può prescindere dal rapporto causa-effetto che gli alimenti hanno sul buon funzionamento dei nostri organi.
Purtroppo tra i luoghi comuni che continuano a circolare in fatto di diete c’è quello di ridurre il più possibile i grassi, così come i carboidrati. Oppure evitare i soffritti o la pasta alla sera perché fa ingrassare. Oggi questi concetti possiamo lasciarceli alle spalle, sapendo che il cibo è medicina e un valido alleato per prevenire le malattie e vivere meglio e più a lungo.

«La Medicina di Precisione – afferma la dottoressa – propone un approccio personalizzato in funzione della propria, specifica biologia, dello stile di vita e, sulla base dell’interpretazione di test genetici, ematochimici, del profilo lipidico, e delle verosimili evoluzioni del proprio stato di salute per avere una visone predittiva e attuare una vera prevenzione primaria».
E in tutto questo la nutrizione che ruolo ha?
«Nutrirsi equivale a curarsi in maniera personalizzata, assecondando le proprie esigenze biologiche e funzionali. L’obiettivo è quello di ottimizzare le funzioni dei vari organi. Un regime alimentare deve poter rigenerare, donare splendore all’incarnato, migliorare l’efficienza mentale e le prestazioni psicofisiche e questo è possibile solo se il dimagrimento avviene seguendo una dieta che fornisce un adeguato apporto lipidico. La forma ideale, dunque, non è estetica, ma funzionale, e si ottiene combattendo «dall’interno» l’infiammazione, che brucia le difese immunitarie e attiva le malattie, e non certo inseguendo diete last minute, senza grassi, sconsiderate, che non consentono di abbandonare stili di vita rischiosi per il proprio benessere futuro. Le sostanze contenute in quello che mangiamo e i giusti abbinamenti sono funzionali, cioè attivano o inibiscono i processi ormonali del nostro organismo e dialogano con il nostro genoma, facendolo evolvere».

Parliamo di extravergine di qualità…
«È un alimento funzionale, un alimento – medicamento, perché ne traggono beneficio tutti i nostri organi e le loro funzioni. Contiene almeno 230 sostanze diverse, che costituiscono il 2-3 % del peso secco, oltre alla frazione saponificabile costituita da glicerina, acidi grassi, specie monoinsaturi e acidi grassi essenziali della serie Omega 3. Le informazioni sulla qualità dell’extravergine sono racchiuse nella bottiglia, più che esposte in etichetta. Sono dati olfattivi e organolettici, non sempre apprezzati fino in fondo dal consumatore, come l’amaro e la piccantezza. Queste caratteristiche al gusto indicano una composizione ricca di sostanze dai riconosciuti ed efficaci effetti benefici: l’acido oleico e gli esclusivi bio-fenoli, significativamente presenti ed esclusivi dell’extravergine di qualità».

Allora proviamo a sfatare certi luoghi comuni: bisogna usarne poco perché ingrassa.
«È da usare più volte al giorno, e non certo con il “contagocce”, per assumere una sinergia di sostanze antiossidanti, ipoglicemizzanti, antibiotiche, anticancro e antinfiammatorie. Il grasso non ingrassa. Al contrario, l’assunzione di un pasto privo di grassi e ricco di carboidrati, come pasta, riso, patate o frutta, determina un aumento rapido e consistente della glicemia nel sangue con liberazione di insulina, l’ormone che fa depositare il grasso a livello della pancia con aumento del rischio di tumori, diabete e malattie cardiovascolari. In particolare, quando lessiamo cibi che contengono amidi, come la pasta o il riso, rendiamo disponibili gli zuccheri. L’aggiunta di olio a crudo rallenta l’assorbimento degli zuccheri del pasto perché lo svuotamento gastrico è più graduale e aumenta la viscosità del contenuto intestinale».
Il famoso filo d’olio aggiunto alle pietanze?
«Quanto ho detto vale anche se usato in cottura. Tra una pasta saltata in padella con l’olio e una semplicemente bollita e scondita è preferibile quella condita se teniamo alla linea e alla salute. La prima ricetta ha un indice insulinico più basso perché l’olio extravergine d’oliva usato in cottura, per mantecare, riduce l’assorbimento dei carboidrati. In cottura, infatti, si formano amidi resistenti non assorbibili, o complessi amilosi lipidi non attaccabili dagli enzimi pancreatici. Inoltre, piuttosto che favorire l’aumento di peso, migliora le funzioni del metabolismo grazie ai carotenoidi e alla clorofilla che contiene. Rinunciare al gusto, fa male all’umore e non ci guadagna la forma fisica».

È vero che l’utilizzo di extravergine aiuta a controllare l’appetito?
«Sì, aggiungere olio riduce il senso di fame e, quindi, la quantità di cibo assunto perché controlla la velocità di assorbimento dei carboidrati e quindi l’insulina che viene prodotta con l’assunzione del pasto. Condire gli alimenti con l’olio rende più gustosi tutti i piatti senza bisogno di ricorrere a condimenti elaborati e dannosi, la dieta diventa un piacere e il pasto sazia di più».
Insomma un ottimo alleato in cucina
«Certo, una pietanza senza olio è mortificata. L’extravergine ne esalta i sapori e il colore. Trova impiego a crudo e in cottura, è il miglior olio per cucinare e friggere. È un luogo comune pensare che in cottura sia tossico e faccia male alla salute, aumentando glicemia, colesterolo e rallentando la digestione. L’olio scaldato non aumenta il colesterolo, essendone privo, piuttosto ne agevola l’escrezione. Migliora i processi digestivi in modo sostanziale. Pensiamo alle verdure cotte direttamente in padella con olio evo: sono più digeribili di quelle lesse, attivano la funzione del fegato, in quanto stimolano la liberazione di bile nell’intestino. La condizione è che ci si attenga a certe regole precise».
E quali sono queste regole?
«È proprio in cottura che l’olio subisce lo stress maggiore e quindi è per cucinare che dobbiamo usarne uno ottimo. Il punto di fumo di un olio di alta qualità raggiunge i 200 °C, uno di bassa qualità può non arrivare a 150 °C. Il punto di fumo è la temperatura a cui l’olio fuma ed emette un odore acre e si sviluppa acroleina, sostanza tossica. Inoltre, bisogna fare attenzione ai tempi di cottura: è necessario evitare che gli alimenti si colorino troppo, perché nelle parti bruciacchiate o scure si forma l’acrilamide, una sostanza cancerogena».

Le regole della frittura
- Utilizzare esclusivamente olio extravergine di oliva di ottima qualità.
- Massima temperatura dell’olio 160°C – 180°C. Se l’olio fuma ed emette un odore acre si sta liberando l’acroleina, sostanza tossica e cancerogena.
- Evitare di riutilizzare più volte l’olio della frittura.
- Ridurre i tempi di cottura per evitare che gli alimenti fritti si colorino eccessivamente. L’acrilamide è una sostanza cancerogena che si trova nelle parti bruciate o scure.
- Gli alimenti da friggere devono essere a temperatura ambiente, asciutti e non salati
- Preferire padelle o cestelli di friggitrici in acciaio inox.