Vini dell’Etna, la forza del vulcano nel bicchiere

Mix di tradizione e innovazione per la viticultura catanese 

Buona la prima. Sì, perché l’educational “Crossing Etna” organizzato dalla Strada del Vino dell’Etna, nonostante le difficoltà iniziali, ha raggiunto il suo scopo: far conoscere il territorio catanese, in primis il suo ricchissimo patrimonio enogastronomico, ai numerosi partecipanti (tour operator e giornalisti), valorizzando le tipicità locali e le singole aziende.

Plasmato dal vulcano e forgiato dagli elementi – vento sferzante e sole cocente determinano forti escursioni termiche, con ricaduta sui vigneti secolari – il genius loci è un microcosmo naturale di rara bellezza (suolo lavico, rocce nere, crateri spenti) tradizionalmente vocato alla coltivazione della vite e dell’ulivo.

Questa parte della Sicilia Orientale ospita numerose cantine, riscattatesi da un passato oltremodo individualista – tanti i piccoli produttori – a favore di un più utile gioco di squadra per affrontare il mercato nazionale ed estero.

Carattere unico dei vini dell’Etna

Contestuale agli orientamenti della moderna viticoltura (i sesti di impianto, le forme di allevamento e potatura), l’ascesa del brand “Vini dell’Etna” testimonia un “modus operandi” altamente qualificato, dove c’è spazio anche per la manualità (raccolta dell’uva).

L’ubicazione dei vigneti, piegati quasi a ghermire la terra, oltre a rappresentare l’asperità e la forza della natura, talvolta violenta, più spesso magnanima, determina il carattere “unico” dei vini, diversi persino nei cru delle varie contrade (piccoli appezzamenti).

Gli stessi vini, nelle denominazioni Etna Bianco DOC e Etna Rosso DOC, appaiono talvolta essenziali (bianchi), corposi (rossi), infine autentici, come ho avuto modo di sperimentare durante l’educational “Crossing Etna”, visitando numerose cantine: Benanti, Barone di Villagrande, Cantine Russo, Donnafugata, La Gelsomina, Nicosia, Palmento Costanzo, Terra Costantino.

Accoglienti e generose, queste realtà strizzano l’occhio al futuro, dopo aver trasformato – elevandola a professione – l’originaria passione per il vino, mediante cospicui investimenti in ricerca e nelle strutture.

I bianchi e i rossi legati al territorio

Tra i bianchi, spiccano vini prodotti con Carricante in purezza, dalle note agrumate e sferzante acidità, mentre i rossi etnei sono quasi tutti realizzati con Nerello Mascalese in purezza.

L’Etna Bianco DOC – prodotto con gli autoctoni Carricante (minimo 60%) e Catarratto (massimo 40%) –, è un vino fresco, rispondente al gusto del moderno consumatore. Nerello Mascalese (80%) e Nerello Cappuccio (20%), invece, originano il maestoso Etna Rosso DOC, fiore all’occhiello della produzione locale, un vino di odore intenso e sapore caldo. Racchiusi nel bicchiere i colori e i profumi del suolo lavico, l’asprezza della montagna, il calore del mare Mediterraneo.

Le etichette che hanno incontrato il mio gradimento sono state: De Aetna Bianco DOC 2017 di Terra Costantino, un vino equilibrato di buona struttura; l’Etna Bianco DOC Superiore 2016 Barone di Villagrande, di spiccata acidità e persistente mineralità; il Sicilia rosso IGP “Tancredi” 2016 di Donnafugata, un vino elegante, di grande complessità; il contrada Crasà 2014 delle Cantine Russo, fresco e mediamente intenso; l’Etna Rosso DOC “Nero di Sei” 2015 di Palmento Costanzo, morbido e vellutato.

A conclusione dell’interessante esperienza, gli operatori hanno potuto incontrare le aziende associate alla Strada del Vino e dei Sapori dell’Etna, nell’ambito di una giornata BtoB promossa dalla Camera di Commercio di Catania.