Nicola Biasi: dalla voglia di osare, un vino che è una dichiarazione d’amore alla Val di Non

Nicola Biasi, incontro col creatore del Vin de La Neu

Con l’enologo friulano scopriamo il percorso che l’ha condotto alla sua ultima creazione in alta montagna: Vin de La Neu. Un viaggio emozionante alla scoperta della Val di Non e il racconto della sua sfida di voler impiantare un vigneto in un territorio vocato, sin dai tempi antichi, alla coltivazione della mela

La passione schietta di Nicola Biasi per l’arte di fare il vino, unita alla spontaneità dell’istinto e alla voglia di sperimentare, si ritrova nel suo progetto inedito: Vin de La Neu. L’amore per il vino è qualcosa che nasce da dentro e scandisce le giornate lavorative e di svago del giovane enologo friulano, con un solido bagaglio di esperienze professionali di alto profilo in Italia e all’estero, e lo porta a viaggiare spesso oltreoceano.

Il cuore di Nicola, però, resta sempre aggrappato a Coredo, in Trentino-Alto Adige, dove c’è la casa dei nonni paterni. La sua infanzia, infatti, si è svolta in questo pittoresco borgo, popolato da circa milleseicento anime, con un bellissimo panorama sulle Dolomiti del Brenta, nel cuore della Val di Non. E proprio qui, tra manti di verdeggianti colline, che ricordano i paesaggi spolverati da macchie di colori brillanti di un quadro dipinto da Monet, nasce la storia di Vin de La Neu.

La Val Di Non è di una bellezza emozionante: tutto un susseguirsi di morbidi pendii intatti, dove regnano incontrastati i rigogliosi meleti d’alta quota, con boschi, laghi, villaggi, vette e castelli a far da cornice a questo malioso scenario di montagna dalla silenziosa armonia, quasi perfetta. Con una scelta coraggiosa e con la voglia di osare, Nicola decide di impiantare qui un piccolo vigneto, incontrando, inizialmente, il parere sfavorevole del padre Oscar, pronto a ricordargli che quel territorio è da secoli vocato alla coltivazione delle mele. Nicola riesce a vincere la sua diffidenza e intraprende una sfida ancora più ardua coltivando lo Johanniter, varietà d’uva da vino che fa parte dei PIWI (acronimo di Pilzwiderstandfähig): i vitigni resistenti alle malattie fungine. Il suo obiettivo principale, difatti, è quello di continuare a preservare il territorio incontaminato della Val di Non e di ottenere i migliori risultati in termini di qualità.

Affiancato e sostenuto in seguito dal padre, Nicola non ha avuto paura di scardinare le vecchie credenze che vedevano quasi impossibile coltivare uva in quella particolare area del Trentino.

Nicola Biasi, incontro col creatore del Vin de La Neu

Ho incontrato per la prima volta Nicola Biasi, lo scorso 20 ottobre a Venezia, alla presentazione della Guida Oro Veronelli 2018, durante la quale gli è stato conferito il Sole, un importante riconoscimento che la Redazione attribuisce ai vignaioli distintisi per creatività e ingegno. Ho capito subito di trovarmi di fronte a un giovane competente, garbato e umile, e pronto a condividere la sua passione per il vino.

Nella sua sfida creativa, a quasi mille metri sul livello del mare, Vin de La Neu racconta di quel terroir di montagna che lui tanto ama: un luogo inalterato il cui terreno è composto principalmente da dolomia principale, con stratificazioni sedimentarie di marne, argille e calcari – in cui le radici della vite trovano le sostanze naturali che influenzano il carattere del vino – e la forte escursione termica fra giorno e notte, un fattore pedoclimàtico fondamentale per avere una buona concentrazione di sostanze aromatiche.

L’intervista

Nicola Biasi, incontro col creatore del Vin de La NeuAl tuo Vin de La Neu IGT Vigneti delle Dolomiti Johanniter 2015 è stato assegnato – dalla Redazione della Guida Oro I Vini di Veronelli 2018 – il Sole, il premio speciale dedicato ai vignaioli distintisi per intelligenza, creatività e dedizione. Qual è l’ispirazione creativa che ha fatto nascere questo vino?
Diciamo che i motivi per cui è nato sono diversi. Il primo era senz’altro quello di fare qualcosa di nuovo, e quindi l’idea è stata di riportare la viticoltura in alta montagna e di piantare un vigneto in Val di Non, a quasi 1000 metri di altezza. Il secondo motivo riguarda il fatto di aver scelto Coredo perché, essendo i miei nonni originari di lì, era il paese col quale ho un legame molto forte; questo è il lato più romantico, rispetto a quello tecnico. Volevo una scusa per tornarci più spesso, e creandomi un lavoro in quel posto dovevo tornarci per forza. Naturalmente, dovevo decidere cosa piantare. Ho voluto fare qualcosa di abbastanza innovativo, piantando un vitigno resistente: lo Johanniter, varietà scarsamente diffusa e non presente in quella zona, che richiede al massimo due trattamenti a seconda di dove venga piantato. Si tratta di un vitigno che permette di preservare e d’inquinare il meno possibile l’ambiente circostante. Questa era una cosa a cui tenevo profondamente. Nel 2011 ho installato questo vigneto molto piccolo – oggi di 0,35 ha – e siamo partiti. Il 12 ottobre 2013 fu fatta la prima vendemmia. In quel momento lavoravo ancora da Allegrini, ma quel giorno dovevo vendemmiare. Arrivai il venerdì sera in Trentino e il sabato mattina, giorno previsto per la vendemmia, era tutto bianco. La notte aveva fatto una nevicata veramente copiosa, cosa stranissima ad ottobre: un evento più unico che raro. Iniziò la vendemmia e il vino venne bene. A quel punto decisi di chiamarlo Vin de La Neu che, nel dialetto noneso della Val di Non, significa “vino della neve” proprio perché il giorno della prima vendemmia c’era stata questa grande nevicata ed il vino fu battezzato così.

Vin de La Neu è Johanniter in purezza, raccontaci meglio questo vitigno e perché hai deciso di portarlo in questo posto particolare della Val di Non?
Lo Johanniter è un ibrido resistente, ottenuto da un incrocio tra Pinot Grigio e Riesling in aggiunta ad una vite asiatica, che conferisce la resistenza alle malattie. E’ un ibrido fatto per impollinazione, quindi non si tratta di OGM. Nel vigneto è stata forzata l’impollinazione, prendendo il polline di una varietà e incrociandolo con il fiore di un’altra; poi, dai semi ottenuti dal grappolo, sono state riprodotte le piante per trovare le caratteristiche cercate. Lo Johanniter è stato selezionato negli anni ’50 dall’Università di Friburgo, in Germania. Inizialmente, si ricercava la resistenza al freddo. Per tale motivo sono state utilizzate le viti asiatiche, le quali crescono e sono coltivate in zone più fredde delle nostre. È emerso dagli studi che queste piante sono resistenti, in maniera naturale, anche alle malattie fungine: peronospora, oidio e botrite. Questi ibridi sono resistenti alle malattie, ma non immuni. In base al luogo di coltivazione, e di conseguenza alla pressione esercitata dalle malattie, non richiedono alcun trattamento, come faccio io in montagna a quasi 1000 metri di altezza. Se vengono piantate, magari, in zone più favorevoli alle malattie, dove la piovosità e l’umidità sono più elevate, sono necessari due o tre trattamenti all’anno invece che dieci o quindici. Pertanto, lo Johanniter permette di ridurre drasticamente i trattamenti anticrittogamici.

Perché hai scelto di piantare lo Johanniter proprio in Val di Non, territorio da sempre vocato alla coltivazione della mela?
Lì, a Coredo, come ho già detto, c’è la casa di famiglia dei miei nonni con un ettaro di meleto perché, naturalmente, in Val di Non, c’è una sorta di obbligo morale a piantare le mele negli appezzamenti di terreno. Devo dire che a me le mele non piacciono molto; in realtà sono molto più attratto dal fascino particolare dei vini di montagna. Di conseguenza, sono riuscito a convincere mio padre a togliere parte delle piante di mele e a piantare questo vigneto. Inizialmente, lui non era convintissimo dato che non c’era un vigneto nel raggio di 10/20 km; inoltre, l’esposizione a nord-est non è proprio favorevole. Abbiamo piantato, ma è stato principalmente un azzardo poiché la mia scelta non era dettata da un approccio scientifico; in realtà mancavano riscontri di viticoltura in Val di Non. Io ci credevo molto ed ero convinto riguardo allo Johanniter del quale un genitore è il Riesling, che a me piace molto. Volevo piantarlo, ma c’era un limite dato dall’ibridazione con la vite asiatica, la quale ritarda un po’ la maturazione. Per me era un aspetto un po’ negativo poiché, essendo già a 1000 metri di altezza, la maturazione tardiva avrebbe potuto causare un problema. Raccogliamo facendo ½ kg per pianta, a metà ottobre, con 12,5% vol. di alcol: una situazione limite! Tutto questo porta a dei bei risultati, poiché si vendemmia con un’escursione termica fortissima, nel corso dell’ultimo mese di maturazione. Durante la notte la temperatura scende sotto i 10°C, e questo per il profilo aromatico è importantissimo.

Per quale caratteristica particolare pensi che il tuo vino si faccia ricordare?
La caratteristica principale, secondo me, è data di sicuro dalla spiccata acidità e dal fatto di essere un vino cristallino, dà l’idea di purezza.

Se dovessi scegliere tre aggettivi per descrivere il tuo vino, quali sceglieresti?
Cristallino, puro ed elegante.