Vitigni resistenti: una giornata alla scoperta di nuovi percorsi etici e sostenibili

Convegno PIWI sui vitigni resistenti, esperti a Bassano del Grappa

Lo scorso 23 marzo il Museo Civico di Bassano del Grappa ha ospitato il convegno, organizzato dall’Associazione PIWI Veneto, sulle viti resistenti per un’agricoltura sostenibile nel nord-est.

Negli incantevoli spazi di uno dei musei più antichi del Veneto, situato nell’ex convento dei frati francescani, si è svolto un percorso affascinante tra scienza e arte della viticoltura sostenibile dedicato ai PIWI (acronimo dal tedesco PilzWiderstandfähig, ossia “resistente ai funghi”), vitigni sempre più diffusi in Europa e, da qualche anno. autorizzati anche in Italia.

Cosa sono i PIWI?

I PIWI sono vitigni resistenti alle malattie fungine nati da incroci effettuati circa due secoli fa da una decina di istituti agrari, università e vivaisti, tra le varietà di vite europea (Vitis vinifera) e quelle di vite americana o asiatica resistenti a peronospora, oidio e botrite. Le prime due malattie, importate in Europa nel corso del XIX secolo con l’introduzione di nuove varietà di viti americane, richiedono un intervento fitosanitario.

Al fine di ottenere vitigni ibridi resistenti e meno costosi dal punto di vista della gestione ambientale del vigneto, si è pensato di incrociare una varietà sensibile alle malattie crittogramiche – merlot, sangiovese, glera, ecc. – e una specie di viti americane (o asiatiche), resistenti ai funghi.

Questa è l’origine delle PIWI, viti resistenti nate per impollinazione tramite incroci totalmente naturali, ma non del tutto immuni agli attacchi fungini. In base al luogo di coltivazione, e di conseguenza alla pressione esercitata dalle malattie, non richiedono alcuna copertura fitosanitaria.

Se sono piantate in zone più favorevoli alla presenza dei funghi, con piovosità e umidità più elevate, sono necessari due o tre trattamenti all’anno rispetto a dieci o quindici. Pertanto, le varietà resistenti costituiscono la soluzione migliore per una viticoltura senza chimica.

Centri di ricerca specializzati quali Friburgo e l’Università di Udine lavorano da anni per ottenerere nuovi vitigni con caratteristiche agronomiche ed enologiche migliori. Le varietà resistenti sono promosse da PIWI International, fondata nel 2000 e con circa 400 soci.

Gli interventi dei relatori tra sfide del presente e opportunità del futuro

Durante il recente convegno, un ricco panel di esperti e specialisti in questa tipologia di vitigni ha illustrato l’importanza dei PIWI in vitivinicoltura e ne ha raccontato la storia, il presente e le prospettive future.

Dopo l’introduzione dell’architetto Massimo Vallotto dell’Associazione Territori del Brenta, i saluti di Giovanni Cunico, assessore alla cultura, turismo e attività produttive del comune di Bassano del Grappa, e di Giampaolo Ciet, presidente di PIWI Veneto, associazione con sede a Mel (BL) che promuove la conoscenza dei vitigni resistenti, è toccato a Marzio Zanin, tecnico-potatore. Zanin, trascorrendo 300 giorni all’anno in vigneto, considera il fattore tempo fondamentale in viticoltura e ha sottolineato la necessità di creare viti salubri e longeve poiché la longevità è indice di una pianta sana e integra.

Werner Morandell, viticoltore pioniere dei PIWI in Italia e proprietario della Tenuta Lieselehof in Caldaro (Bz), ha fatto un’interessante carrellata sui due principali rami di ricerca afferenti a Friburgo e all’Università di Udine, sostenendo che l’impiego delle varietà resistenti in viticoltura tutela maggiormente l’ecosistema ambientale grazie a un suolo meno compattato, minori spese, vini ottimi e più salubri.

Alessandro Magrin, enologo, ha parlato in rappresentanza di Helmut Köcher, Presidente e fondatore del Merano Wine Festival, ponendo l’accento sulle sfide future della viticoltura tra cambiamenti climatici, opportunità produttive e aspettative dei consumatori.

La temperatura è il principale motore della fenologia della vite. Diversi studi, tra cui quello condotto da Fondazione Edmund Mach, Centro Alimentazione Agricoltura Ambiente (C3A) con l’Università di Trento e Fondazione Bruno Kessler hanno indagato l’impatto dei mutamento climatico sulle fasi fenologiche della vite.

Le simulazioni degli effetti di tali cambiamenti sulle suddette fasi, riportate nell’articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Agricultural and Forest Meteorology indicano che, in futuro, ci saranno mutamenti significativi in agricoltura con stagioni di crescita più brevi: inizio anticipato e durata più corta del ciclo fenologico a seconda della regione studiata e del suo microclima.

Entro il 2050 le regioni viticole più importanti del mondo vedranno diminuire le loro areee coltivabili dal 25% al 73%, costringendo i viticoltori a piantare le proprie viti a latitudini più alte o altitudini più elevate. In particolare, l’aumento della temperatura influirà molto probabilmente sulla qualità dell’uva e del vino.

Di fronte ad un mutamento climatico che sicuramente cambierà il gusto dei vini di vitigni classici più vocati, i vini ottentuti da PIWI possono avere un grande futuro considerando anche l’attuale trend di mercato che segna da alcuni anni maggiore attenzione a un vino più naturale e senza chimica.

Dello stesso parere è Nicola Biasi, enologo e tra i primi a puntare sui PIWI come produttore di un vino ottenuto da uve Johanniter – Vin de La Neu – a Coredo, in alta Val di Non, il quale considera gli ibridi resistenti una valida risposta ai problemi ambientali e di riscaldamento globale a patto che vengano gestiti con razionalità. Difatti, dal punto di vista della sostenibilità, si ha un grande beneficio riducendo le emissioni di CO2 e il consumo dell’acqua.

Biasi, dopo aver elencato vantaggi e svantaggi dei PIWI, ha affermato che la strada da seguire non è facile ma intraprendendo un progetto sostenibile come quello di tale tipologia di vinificazione si fa solo del bene all’ambiente. E auspica, pertanto, che tali ibridi resistenti con potenziale viticolo, enologico e commerciale altissimo, guadagnino “dignità e stima” meritate.

A seguire gli imprenditori vitivinicoli Silvestro Cracco di Terre di Cerealto in Valdagno (Vi), Thomas Niedermayr di Tenuta Hof Gandberg in Alto Adige e Renato Conchione di Terre di Ger in Friuli Venezia Giulia hanno raccontato l’esperienza dei loro territori e spiegato le ragioni della scelta delle viti resistenti per produrre i propri vini.

Il dibattito conclusivo ha coinvolto i presenti stimolando vari contributi, aneddoti e possibili strategie.

Uno sfizioso buffet è stato offerto nel chiostro del Museo con pietanze abbinate a calici di 8 interpretazioni da vitigni PIWI.

Da un vino bianco dal carattere marcato ed elegante come T.N. Bronner 04 2016 di Tenuta Hof Gandberg al Solaris Principe di Mel 2018 dell’omonima cantina, dallo Spumante Solaris Derù di Tenuta Crodarossa a Limine 2017 di Terre di Ger e a due chicche proposte da Tenuta Lieselhof, come Vino del Passo Solaris e Julian Bronner.

Altro vino dal carattere spiccato e dalla piacevole beva il Cerealto 2017 di Terre di Cerealto e, per finire, un rosso importante come El Masut 2016 di Terre di Ger.