Graziana Grassini, l’enologa tra “Scienza ed Emozione”

È considerata una delle personalità più influenti del panorama enologico internazionale, capace di unire bravura, sensibilità, stile e quella determinazione tipicamente toscana capace di renderla una voce altamente autorevole nel mondo del vino

Graziana Grassini, consulente enologo di prestigiose aziende vinicole italiane come Tenuta San Guido, si racconta a La Gazzetta del Gusto.

A tu per tu con Graziana Grassini

Importanti collaborazioni in Italia, eppure il tuo nome resta legato ad una realtà rinomata nel mondo. Come ci si sente a far parte del team tecnico di Sassicaia?
«È un onore per me essere parte del team di produzione del Sassicaia. È un incarico molto importante e stimolante, ma, se da un lato è indubbiamente gratificante, dall’altro è molto impegnativo e di grande responsabilità. Dal Sassicaia non si può non aspettarsi sempre il massimo, perciò lavorare per la sua produzione significa tendere costantemente alla perfezione – a volte anche non riuscendo a chiudere occhio la notte!»

Perché è così speciale questo vino?
«L’unicità del Sassicaia è frutto, prima di ogni intervento umano, del connubio tra vitigni e territorio: questo vino ha queste caratteristiche di eccellenza per nascita, se così vogliamo dire».

Un percorso di studi volto alla conoscenza del mondo del vino. Cosa serve oggi per essere un buon enologo?
«Per parafrasare Jane Austen, serve il binomio Scienza e Emozione. Per ottenere buoni risultati è necessario fare ricorso ad un bagaglio di conoscenze tecnico-scientifiche di tutto rispetto, ma per innalzarsi verso l’eccellenza la Ragione soltanto non può bastare, serve anche il Sentimento: solo lo scienziato capace di emozionarsi e farsi guidare anche dalle sensazioni sarà capace di impiegare la propria conoscenza per disegnare il percorso verso livelli superiori alla media».

Scienza, vitigni e territorio. Cosa pensi di questi legami?
«Sono i tre pilastri dell’enologia: senza anche uno soltanto di essi il risultato non può che essere deludente, quale che sia l’impegno profuso dall’enologo. Tuttavia, questo trinomio indissolubile da solo non è sufficiente per fare di un vino un buon vino. Ad essi è necessario aggiungere l’elemento emotivo, la sensibilità dell’enologo che percepisce, “sente”, l’anima del vino, dialoga con essa fino a tirarne fuori le potenzialità più eccelse».

Fondamentale gli insegnamenti di Giacomo Tachis. Quali i consigli di cui fai tesoro ogni giorno?
«Tachis per me è stato un indiscusso Maestro e un grande amico. Maestro di vita prima che Maestro in enologia. Aveva una cultura ed una sensibilità enormi: parlava di arte, filosofia e letteratura con la stessa dimestichezza con cui percepiva e svelava i segreti del vino. Non ci si stancava mai di ascoltarlo, il suo stesso modo di parlare era affascinante, anche se, devo dirlo, collegato a un carattere forte e spigoloso. Se non lo avessi conosciuto, con ogni probabilità oggi non sarei quella che sono, non tanto sul piano professionale, questo no, ma sul piano umano di sicuro».

Un ricordo di lui a te caro?
«Giacomo una volta mi disse: “Vedi, Graziana, un grande vino è quello che, bevendone un sorso e chiudendo gli occhi, ti fa vedere l’immenso”. Ecco, per me in questa unica frase riuscì a riassumere tutta la sua filosofia e la sua profonda sapienza e mi piace ricordarlo così, nella sua poltrona ad ascoltare la sua amata musica classica circondato dai suoi preziosissimi libri».

In Italia abbiamo regioni viticole molto diverse, in termini di produzioni, numero di DOC e fatturato. Sarà sempre così? Qualche regione potrà riservarci delle sorprese?
«Mi piace guardare al mercato come ad una realtà in continua evoluzione, quindi sono certa che la domanda futura seguirà percorsi diversificati che, senz’alcun dubbio, potranno andare a coinvolgere anche regioni nelle quali attualmente il settore del vino non è ancora in primo piano. Penso, ad esempio, al Molise e alla Calabria, due regioni con vitigni autoctoni e con un buon potenziale ma attualmente ancora poco valorizzati. Molto dipenderà da quanto sono disposti i produttori e gli enti di valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti ad investire in promozione e marketing.
C’è poi da riflettere su un altro aspetto in grado di influenzare l’andamento del mercato futuro: il cambiamento climatico. Basta pensare che anche le regioni settentrionali, naturalmente vocate da sempre alla produzione di grandi bianchi, con l’evoluzione climatica degli ultimi anni, accompagnata da investimenti oculati, stanno dando alla luce dei rossi di un certo prestigio».

Non solo cantine. Mi parli un po’ del tuo impegno per ONAV?
«Sono nel Comitato Scientifico di ONAV dal 2019 e, in questo periodo di distanziamento forzato, sto tenendo docenze e webinar. Mi piace pensare al fatto che ho iniziato il mio percorso nel vino con ONAV nel lontano 1983 e adesso con queste docenze ho l’opportunità di restituire il mio bagaglio di conoscenze acquisito nel mio lungo percorso professionale».

A tu per tu con Graziana Grassini: come cambierà il mercato del vino

Cosa ne pensi degli studi che si stanno facendo sui vitigni reliquia?
«Ritengo che siano una delle chiavi di volta dello sviluppo futuro del mercato. Si tratta spesso di vitigni in grado di generare vini preziosi, dalla personalità spiccata ed intensi profumi. Anche in questi casi, tuttavia, la loro diffusione dipenderà anzitutto dalla promozione che ne sarà data in termini di comunicazione e marketing da parte, in primis, dei produttori stessi. Un valido esempio di vitigno reliquia con un ottimo potenziale è la Recantina del Montello, che ho avuto l’opportunità di conoscere da Giusti Wine: date le peculiarità compositive delle uve, abbiamo intrapreso un percorso finalizzato alla valorizzazione di questo vitigno che promette di riservarci ottime soddisfazioni».

A scegliere un vino e a decretarne il successo, sono i consumatori. Dobbiamo guardare di più a loro, dunque, quando si crea un vino?
«Il successo di un vino è decretato sempre e comunque dal gusto del consumatore. Sarebbe un sogno molto ambizioso per l’enologo poter lavorare nella sua torre dorata, creando un vino che soddisfi esclusivamente i suoi gusti. Il mercato del vino, oggi più che mai, muove ingenti somme di capitali per cui né il produttore, né tanto meno l’enologo possono prescindere da uno studio attento e approfondito delle correnti di mercato. Ma l’enologo gioca comunque un ruolo chiave: prendendo le mosse dalle analisi di mercato può impiegare le sue conoscenze e la sua sensibilità per creare un prodotto che possa catturare la curiosità e l’attenzione, orientando, in tal senso sì, le scelte dei consumatori».

Ringraziamo Graziana Grassini per la piacevolissima chiacchierata e vi ricordiamo il per contatti o eventuali richieste di informazioni: www.grazianagrassini.it.